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Restituzione nel termine: quando la richiesta è tardiva

Un individuo, condannato nel 2022, ha richiesto una restituzione nel termine per proporre appello, sostenendo di aver avuto conoscenza tardiva della sentenza. Il giudice dell’esecuzione ha respinto la richiesta considerandola una mera ripetizione di una precedente istanza già rigettata, oltre che tardiva. La Corte di Cassazione ha confermato l’inammissibilità del ricorso, sottolineando come non sia consentito riproporre le medesime questioni già decise. La Corte ha inoltre precisato che, anche in presenza di un errore materiale nella motivazione del provvedimento impugnato, la decisione resta valida se il suo esito finale è giuridicamente corretto.

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Pubblicato il 3 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Restituzione nel termine: Quando è Troppo Tardi per Impugnare?

La restituzione nel termine è un istituto fondamentale del nostro ordinamento processuale penale, concepito come un rimedio eccezionale per chi, senza colpa, si sia trovato nell’impossibilità di rispettare una scadenza perentoria, come quella per impugnare una sentenza. Una recente pronuncia della Corte di Cassazione ci offre l’occasione per approfondire i limiti e i presupposti di applicabilità di questo strumento, chiarendo in quali casi una richiesta di questo tipo debba essere dichiarata inammissibile.

Il Caso: La Richiesta di Restituzione nel Termine dopo la Condanna

La vicenda trae origine dalla condanna di un imputato da parte del Tribunale. L’interessato, sostenendo di essere venuto a conoscenza della sentenza di condanna solo molto tempo dopo la sua emissione, presentava un’istanza al giudice dell’esecuzione. Con tale richiesta, domandava di essere rimesso in termini per poter proporre appello o, in subordine, di accedere a riti alternativi o benefici come la sospensione condizionale della pena.

La Decisione del Giudice dell’Esecuzione

Il Tribunale, in funzione di giudice dell’esecuzione, dichiarava inammissibile l’istanza per una duplice ragione. In primo luogo, evidenziava che la richiesta era una mera e pedissequa reiterazione di una precedente istanza, già esaminata e respinta. In secondo luogo, il giudice sottolineava come la richiesta fosse comunque tardiva. Infatti, il difensore dell’imputato era presente al momento della lettura del dispositivo della sentenza e la motivazione era stata depositata entro i termini di legge. In questi casi, la legge non prevede ulteriori notifiche all’imputato, e il termine per impugnare decorre regolarmente. Pertanto, la pretesa di far decorrere i termini dal momento della presunta ‘effettiva conoscenza’ era infondata.

La Decisione della Cassazione: Inammissibilità per Reiterazione e Tardività

Investita della questione, la Corte di Cassazione ha confermato la decisione del giudice dell’esecuzione, dichiarando il ricorso inammissibile. I giudici di legittimità hanno ribadito un principio cardine del sistema processuale: non è consentito riproporre le medesime doglianze già esaminate e rigettate in un precedente procedimento. L’istanza presentata era, di fatto, identica a quella precedente, rendendola di per sé inammissibile.

La Correzione della Motivazione e la validità della restituzione nel termine

Un aspetto di particolare interesse tecnico-giuridico riguarda un errore riscontrato dalla Cassazione nella motivazione dell’ordinanza impugnata, relativo alla data in cui la sentenza di condanna era passata in giudicato. Nonostante questo errore, la Corte non ha annullato il provvedimento. Ha invece applicato il principio della ‘correzione della motivazione’, previsto dall’art. 619 del codice di procedura penale. Tale norma consente alla Cassazione di correggere gli errori di diritto nella motivazione, lasciando intatto il dispositivo (cioè la decisione finale), quando quest’ultimo sia comunque giuridicamente corretto. L’errore del giudice dell’esecuzione è stato ritenuto ininfluente ai fini della decisione finale di inammissibilità, che poggiava su basi solide e corrette.

Le motivazioni della Sentenza sulla restituzione nel termine

Le motivazioni della Corte Suprema si fondano su due pilastri. Il primo è il divieto di ‘bis in idem’ processuale: una questione già decisa non può essere riproposta indefinitamente. La presentazione di istanze identiche e ripetitive costituisce un abuso del processo e deve essere sanzionata con l’inammissibilità. Il secondo pilastro riguarda i presupposti per la restituzione nel termine. La Corte ha implicitamente confermato che la presenza del difensore alla lettura del dispositivo e il successivo deposito della motivazione nei termini di legge sono sufficienti a far decorrere il termine per l’impugnazione, senza che sia necessaria un’ulteriore notifica all’imputato. La ‘non conoscenza’ addotta dal ricorrente non era quindi scusabile né poteva giustificare la concessione del beneficio richiesto, a maggior ragione se l’istanza è stata presentata ben oltre i termini previsti.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa sentenza ribadisce l’importanza del rispetto dei termini processuali e dei canali di impugnazione ordinari. La restituzione nel termine rimane un rimedio eccezionale, da attivare tempestivamente e solo in presenza di una reale e incolpevole impossibilità ad agire. La decisione serve anche da monito contro la presentazione di istanze meramente dilatorie o ripetitive, che non solo non trovano accoglimento, ma comportano anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. Infine, viene valorizzata l’efficienza del sistema giudiziario attraverso l’istituto della correzione della motivazione, che evita annullamenti per vizi formali quando la sostanza della decisione è corretta.

È possibile presentare più volte la stessa richiesta di restituzione nel termine?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che la mera reiterazione di un’istanza, di contenuto analogo ad altra già vagliata e disattesa, deve essere dichiarata inammissibile.

Da quando decorre il termine per impugnare una sentenza se il difensore è presente alla lettura del dispositivo?
Se il difensore dell’imputato è presente alla lettura del dispositivo e la motivazione della sentenza viene depositata entro i termini previsti dalla legge (nel caso di specie, 45 giorni), il termine per proporre impugnazione decorre da quel momento, senza che sia necessaria alcuna ulteriore notifica all’imputato.

Un errore nella motivazione di un provvedimento ne causa sempre l’annullamento in Cassazione?
No. Ai sensi dell’art. 619 c.p.p., se la Corte di Cassazione rileva un errore di diritto nella motivazione ma ritiene che la decisione finale (il dispositivo) sia giuridicamente corretta, può correggere la motivazione senza annullare il provvedimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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