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Restituzione nel termine: quando la richiesta è tardiva

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un condannato che chiedeva la restituzione nel termine per impugnare due sentenze definitive. La Corte ha stabilito che la richiesta era tardiva, poiché il termine per presentarla decorreva dal momento della conoscenza effettiva delle sentenze, avvenuta quasi due anni prima della presentazione dell’istanza a seguito di un provvedimento di cumulo pene, e non da una successiva notifica di un atto di rettifica.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Restituzione nel termine: quando la conoscenza effettiva fa scattare il cronometro

Nel processo penale, il rispetto dei termini è un principio fondamentale. Tuttavia, la legge prevede lo strumento della restituzione nel termine per tutelare chi, senza colpa, non ha potuto esercitare un proprio diritto entro i tempi stabiliti. Una recente sentenza della Corte di Cassazione chiarisce un aspetto cruciale di questo istituto: il momento esatto da cui il termine per presentare la richiesta inizia a decorrere. Analizziamo come la conoscenza effettiva di una sentenza, e non notifiche successive, determini l’inammissibilità di un’istanza tardiva.

I Fatti del Caso

Un cittadino, condannato con due sentenze divenute definitive oltre dieci anni prima, presentava un’istanza alla Corte di Appello. Con essa chiedeva la rescissione del giudicato e la restituzione nel termine per poter impugnare le suddette condanne. Sosteneva di non aver mai avuto conoscenza dei processi, celebrati in sua assenza mentre risiedeva all’estero (in Romania), e di non essere mai stato raggiunto dalle relative notifiche.

La Corte di Appello dichiarava l’istanza inammissibile. Il ricorrente, non rassegnandosi, si rivolgeva alla Corte di Cassazione, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione, insistendo sulla sua incolpevole ignoranza.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, definendolo “manifestamente infondato” e “del tutto stravagante”. La decisione si basa su una ricostruzione fattuale precisa: il ricorrente aveva avuto piena e ufficiale conoscenza delle sentenze in questione quasi due anni prima di presentare la sua istanza. Questa conoscenza era avvenuta al suo arrivo in Italia dopo un’estradizione, quando la polizia di frontiera gli aveva notificato un provvedimento di cumulo delle pene che includeva esplicitamente le due sentenze oggetto del ricorso.

La Corte ha ritenuto che la richiesta di restituzione nel termine, presentata solo a dicembre 2023, fosse irrimediabilmente tardiva rispetto alla conoscenza effettiva, maturata già a gennaio 2022.

Le Motivazioni: la centralità della conoscenza effettiva per la restituzione nel termine

Il cuore della motivazione della Cassazione risiede nell’individuazione del corretto dies a quo, ovvero il giorno da cui far decorrere il termine perentorio per chiedere la restituzione. La Corte ha stabilito che tale momento coincide con la “conoscenza effettiva” delle sentenze da parte dell’interessato. Nel caso di specie, tale conoscenza si era consolidata il 13 gennaio 2022, giorno della notifica del cumulo pene.

I giudici hanno sottolineato come l’appellante avesse persino presentato, nel febbraio 2022, un’istanza simile per altre sentenze contenute nello stesso provvedimento di cumulo, omettendo però di menzionare quelle ora in discussione. Questo comportamento dimostrava ulteriormente la sua piena consapevolezza. La successiva notifica di una “rettifica” del cumulo, invocata dal ricorrente come nuovo dies a quo, è stata ritenuta irrilevante, poiché non poteva riaprire termini già scaduti.

Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio cardine della procedura penale: la restituzione nel termine è un rimedio eccezionale, ancorato a presupposti rigorosi. Il termine per richiederla non può essere manipolato o posticipato sulla base di notifiche successive che non alterano la sostanza della conoscenza già acquisita. La conoscenza effettiva e documentata di un provvedimento giudiziario è l’unico momento che fa scattare il conto alla rovescia per l’esercizio dei propri diritti. Ignorare questo principio, presentando istanze tardive, comporta non solo l’inammissibilità del ricorso ma anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Da quale momento decorre il termine per presentare un’istanza di restituzione nel termine per impugnare una sentenza?
Il termine decorre dal momento in cui l’interessato ha avuto conoscenza effettiva della sentenza, non da eventuali notifiche successive di atti correlati o di rettifica.

Una notifica successiva di un atto di rettifica può riaprire i termini per l’impugnazione?
No, la Corte ha specificato che la notifica di una mera rettifica di un precedente provvedimento (dal quale si era già avuta conoscenza delle sentenze) non costituisce un valido dies a quo per riaprire i termini già scaduti.

Cosa succede se un ricorso per restituzione nel termine viene presentato tardivamente?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Di conseguenza, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e, se non vi sono ragioni per ritenere che abbia agito senza colpa, anche al versamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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