Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 14206 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 14206 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 13/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME nato a SARZANA il 03/01/1954
avverso la sentenza del 23/01/2024 del TRIBUNALE DI LA SPEZIA Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette la requisitoria del Sostituto Procuratore generale NOME
RITENUTO IN FATTO
L’Avv. NOME COGNOME nell’interesse di NOME COGNOME ha depositato, in via telematica, presso questa Corte, il 23 dicembre 2024, una “richiesta di restituzione nel termine per proporre impugnazione ex art. 175 cod. proc. pen.”, così argomentando:
il COGNOME, tramite il medesimo difensore, aveva proposto appello avverso la sentenza del Giudice di pace di La Spezia, del 12 ottobre 2022, con la quale era stato condannato alla pena di euro 1.000 per il delitto di cui all’art. 582 cod. pen.;
l’appellante era domiciliato in Sarzana, INDIRIZZO ed era stato giudicato, in appello (ma anche in prime cure), in assenza, ai sensi dell’art. 420 bis cod. proc. pen.;
all’esito del giudizio di appello, il Tribunale di La Spezia, con sentenza del 23 gennaio 2024, depositata nella medesima data, confermava la sentenza di prime cure;
l’imputato, però, non aveva ricevuto il decreto di citazione relativo all’udienza celebrata il 23 gennaio 2024 davanti al Tribunale, posto che, del medesimo, si era tentata la notifica ad un indirizzo errato, in Sarzana, INDIRIZZOe non INDIRIZZO, presso il quale era risultato “sconosciuto”;
la notifica della medesima udienza era stata inoltrata per pec al difensore Avv. COGNOME ma non vi era conferma, agli atti, che la stessa fosse stata effettivamente ricevuta;
all’udienza davanti al Tribunale non erano comparsi né l’imputato né il difensore.
Tutto ciò premesso, si precisava che l’imputato, ed il suo difensore, erano venuti a conoscenza della pronuncia della sentenza del Tribunale solo a seguito della richiesta avanzata alla cancelleria del giudice d’appello il 10 dicembre 2024.
Il Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte, nella persona del sostituto NOME COGNOME inviava requisitoria scritta con la quale chiedeva dichiararsi inammissibile la richiesta posto che la mancata notifica del decreto di citazione in appello all’imputato avrebbe dovuto essere censurata con il diverso mezzo della rescissione del giudicato, previsto dall’art. 629 bis cod. proc. pen., e che non era consentito, per giurisprudenza di legittimità costante, convertire, ai sensi dell’art. 568 cod. proc. pen., nell’impugnazione straordinaria dell’art. 629 bis cod. proc. pen., l’istanza proposta ai sensi dell’art. 175 del codice di rito, visto che quest’ultima non costituisce un mezzo di impugnazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
La richiesta di restituzione nel termine per impugnare la sentenza del Tribunale di La Spezia, proposta nell’interesse di NOME COGNOME è inammissibile.
Vanno innanzitutto fatte alcune precisazioni, alla luce degli atti acquisiti (sia quelli allegati alla richiesta del difensore, sia quelli inviati su sollecitazione dell’ufficio dell’esa preliminare dei ricorsi di questa Sezione, per meglio lumeggiare la vicenda processuale e tenuto conto del fatto che, quando sia dedotta una questione processuale, questa Corte è giudice anche del fatto e che, per risolvere la relativa questione, può accedere all’esame diretto degli atti processuali: Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv. 220092 01).
Deve quindi osservarsi che:
non risponde al vero che l’imputato sia stato giudicato in assenza nel processo davanti al Giudice di pace, posto che lo stesso era risultato presente all’udienza dell’Il luglio 2018;
peraltro, in relazione al processo di prime cure, non si contesta che l’imputato ed il suo difensore fossero stati regolarmente citati, così che l’istanza di restituzione nel termine (non del tutto chiara nella sua formulazione sul punto) deve intendersi rivolta all’impugnazione della sola sentenza d’appello;
se è vero che la notifica del decreto di citazione d’appello all’imputato risulta errata, perché tentata ad indirizzo diverso da quello del suo domicilio, è altrettanto vero che la notifica del medesimo decreto al difensore, Avv. COGNOME si era regolarmente perfezionata con l’invio di copia dello stesso alla pec del legale, come emerge dall’attestazione dell’8 agosto 2023, che reca la inequivoca dicitura “avvenuta accettazione” del destinatario.
Ciò premesso, deve inoltre osservarsi come, nel caso di specie, dal momento in cui la sentenza che si intende impugnare è stata emessa il 23 gennaio 2024, debbano applicarsi le norme – l’art. 175 (ma anche l’art. 629 bis) cod. proc. pen. – così come risultano ad esito delle modifiche apportate dal d.lgs. n. 150/2022.
Si è infatti affermato che, in tema di restituzione nel termine per proporre impugnazione, la disposizione di cui all’art. 175, comma 2.1, cod. proc. pen., come modificato dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, si applica alle sole impugnazioni proposte avverso sentenze pronunciate in data successiva a quella di entrata in vigore di detto decreto (Sez. 2, n. 20899 del 24/02/2023, Delfino, Rv. 284704 – 01).
Ora l’art. 175 del codice di rito, invocato dalla difesa dell’istante, così recita, per quanto qui di rilievo:
comma 1 (non modificato dalla cd. riforma Cartabia):
“Il pubblico ministero, le parti private e i difensori sono restituiti nel termine stabili a pena di decadenza, se provano di non averlo potuto osservare per caso fortuito o per forza maggiore. La richiesta per la restituzione nel termine è presentata, a pena di decadenza, entro dieci giorni da quello nel quale è cessato il fatto costituente caso fortuito o forza maggiore”;
comma 2.1. (inserito dall’art. 11, comma 1, lett. b, n. 1, D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, a decorrere dal 30 dicembre 2022, ai sensi di quanto disposto dall’art. 99-bis, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 150/2022, aggiunto dall’art. 6, comma 1, D.L. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 dicembre 2022, n. 199),
“L’imputato giudicato in assenza è restituito, a sua richiesta, nel termine per proporre impugnazione, salvo che vi abbia volontariamente rinunciato, se, nei casi previsti dall’articolo 420-bis, commi 2 e 3, fornisce la prova di non aver avuto effettiva
conoscenza della pendenza del processo e di non aver potuto proporre impugnazione nei termini senza sua colpa”.
Ed è proprio questo secondo comma che la difesa del COGNOME reclama a fondamento della propria richiesta. Del resto, nella ricordata vicenda processuale l’impugnazione della sentenza del Tribunale non era stata certo vanificata da alcuna circostanza che possa configurare il “caso fortuito” o la “forza maggiore” che legittimano l’applicazione del primo comma dell’art. 175.
2.1. E, tuttavia, già dalla mera interpretazione letterale della norma (dall’espressione: “nei casi previsti dall’articolo 420-bis, commi 2 e 3”), si deduce che la restituzione in termine possa essere invocata solo nel caso in cui, correttamente applicato l’art. 420 bis, comma 2 e 3, cod. proc. pen., emerga che, ciò nonostante, l’interessato non sia venuto ad effettiva conoscenza della pendenza del processo (o di una delle sue fasi).
Come, del resto, questa Corte ha già avuto modo di affermare:
la restituzione nel termine per proporre impugnazione, ai sensi dell’art. 175, comma 2.1, cod. proc. pen, introdotto dall’art. 11, comma 1, lett. b), n. 1, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, deve essere accordata nei casi di assenza dichiarata legittimamente – quando non fondata su elementi di certezza, ma ritenuta provata dal giudice, ovvero derivante da sottrazione volontaria – allorché l’imputato provi di non aver avuto conoscenza della pendenza del giudizio e di non aver potuto proporre impugnazione senza sua colpa (Sez. 6, n. 1283 del 20/11/2024, dep. 2025, Bamba, Rv. 287420 – 01).
Nell’odierno caso di specie è, invece, evidente come si versi nel diverso caso in cui si assume che errata fosse stata la declaratoria di assenza dell’imputato nel giudizio di appello, posto che si era tentata la notifica del decreto di citazione in un domicilio diverso da quello declinato dal medesimo.
Se ne deduce che diverso avrebbe dovuto essere il rimedio da attivare e precisamente quello della rescissione del giudicato, previsto dall’art. 629 bis cod. proc. pen., che (introdotto dalla legge 23 giugno 2017, n. 103 e modificato dall’art. 37, comma 1, D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150), così recita:
“Art. 629-bis. Rescissione del giudicato.
Fuori dei casi disciplinati dall’articolo 628-bis (che disciplina il rimedio per l’esecuzione delle decisioni della Corte EDU), il condannato o la persona sottoposta a misura di sicurezza con sentenza passata in giudicato nei cui confronti si sia proceduto in assenza può ottenere la rescissione del giudicato qualora provi che sia stato dichiarato assente in mancanza dei presupposti previsti dall’articolo 420-bis, e che non abbia potuto proporre impugnazione della sentenza nei termini senza sua colpa, salvo risulti che abbia
avuto effettiva conoscenza della pendenza del processo prima della pronuncia della sentenza.”.
Così che già dalla lettera della norma si comprende come proprio la rescissione del giudicato sia il rimedio previsto nel caso in cui, come nella presente fattispecie, si lamenti che l’assenza” dell’imputato nel processo sia stata dichiarata in violazione dell’art. 420 bis del codice di rito (“qualora provi che sia stato dichiarato assente in mancanza dei presupposti previsti dall’articolo 420-bis”).
In tal senso si sono espresse anche le Sezioni Unite di questa Corte nella recente sentenza 11447/2025 Lacatus, che, dopo aver affermato quanto ai profili intertemporali che la successione di norme in materia di rescissione è regolata dall’art. 89, comma 1, d.lgs. n. 150 del 2022 (in forza del quale in caso di istanza riguardante un procedimento, nel quale l’assenza è stata dichiarata in base alle norme previgenti e che debba considerarsi pendente, nel senso precedentemente indicato, deve in ogni caso applicarsi la disciplina in materia di rescissione immediatamente anteriore alla riforma, cioè quella introdotta dalla legge n. 103 del 2017), ha sottolineato, in ordine alla applicabilità dei due rimedi restitutori del novellato istituto di cui all’art. 629 bis cod. proc. pen. e de “ripristinato istituto della restituzione in termini”, come il primo sia applicabile solo ne caso in cui il soggetto condannato provi che sia stato dichiarato assente in mancanza dei presupposti di cui all’art. 420-bis cod. proc. pen. e che non abbia potuto proporre impugnazione nei termini senza sua colpa. «In base all’art. 175, comma 2.1., cod. proc. pen. è invece prevista la restituzione in termini per proporre impugnazione da parte dell’imputato giudicato in assenza, nei casi di cui all’art. 420-bis, commi 2 e 3, cod. proc. pen.: il rimedio presuppone la prova della mancata conoscenza effettiva della pendenza del processo e dell’omessa proposizione dell’impugnazione non dovuta a colpa. Li. In sintesi, la rescissione opera, come incisivamente sottolineato dalla Corte costituzionale (sent. n. 192 del 2023), nei casi di assenza mal dichiarata, mentre la restituzione in termini si correla ad una dichiarazione di assenza normativamente consentita, a fronte della quale l’imputato provi la mancata conoscenza in ragione di situazioni specificamente deducibili. In definitiva deve ritenersi che l’istituto della rescissione sia stato introdott per assicurare un rimedio restitutorio più efficace della mera restituzione in termini, alla luce di un’esigenza comune, che finisce per renderli complementari, anche se la restituzione in termini non è annoverabile tra i mezzi di impugnazione e non è dunque ammissibile la conversione di un rimedio nell’altro (Sez. U, COGNOME, cit., che richiama Sez. U, COGNOME, cit.). Tale complementarietà sembra trovare riscontro, alla luce della più recente riforma, anche nel comune riferimento, ai fini dell’attivazione del rimedio e della decorrenza del relativo termine, alla conoscenza della sentenza» (pagg. 11 e 12 della sentenza SU COGNOME; si vedano nello stesso senso Sez. 5 n. 26447 del 24/04/2024, n.m. e Sez. 5 n. 13314 del 13/02/2024, n.m.). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
3.1. Alla luce di tali principi e alla stregua di quanto risulta dagli atti, nella specie rimedio da attivare era quello della rescissione in quanto, secondo la prospettazione difensiva, nel giudizio di appello il ricorrente è stato dichiarato assente in mancanza dei presupposti normativi.
Né questa Corte può convertire la richiesta presentata ai sensi dell’art. 175 nel rimedio indicato, posto che l’art. 568, comma 5, cod. proc. pen. che prevede l’indicata conversione riguarda i soli “mezzi di impugnazione” (“5. L’impugnazione è ammissibile indipendentemente dalla qualificazione a essa data dalla parte che l’ha proposta. Se l’impugnazione è proposta a un giudice incompetente, questi trasmette gli atti al giudice competente.”), mentre l’istanza avanzata ai sensi dell’art. 175 cod. proc. pen. non può definirsi tale.
Nello stesso senso, del resto, questa Corte si è già più volte espressa:
l’istanza di restituzione nel termine proposta dall’imputato dichiarato assente ai sensi dell’art. 420-bis cod. proc. pen. non può essere riqualificata nella richiesta di rescissione del giudicato ex art. 629-bis cod. proc. pen., perché il principio di conservazione di cui all’art. 568, comma 5, cod. proc. pen., è applicabile ai soli rimedi qualificati come impugnazioni dal codice di rito, tra i quali non rientra la restituzione nel termine (Sez. 3, n. 33647 del 08/07/2022, COGNOME, Rv. 283474 – 01; Sez. 4, n. 863 del 03/12/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282566 – 01).
3.2. Vero è che, sul punto della conversione dell’istanza ex art. 175 cod. proc. pen. nel rimedio della rescissione disciplinato dall’art. 629 bis cod. proc. pen. vi è anche una pronuncia favorevole (Sez. 6, n. 2209 del 19/11/2020, dep. 2021, H., Rv. 280346 – 01), che questo collegio non condivide; tuttavia, anche se si dovesse seguire tale secondo orientamento dovrebbe prendersi atto del fatto che, nel caso di specie, difetterebbe il presupposto sostanziale del rimedio medesimo dal momento che la mancata impugnazione della sentenza del Tribunale non può considerarsi incolpevole posto che la fase di appello era stata regolarmente comunicata al difensore di fiducia del prevenuto, difensore che pertanto aveva avuto la piena possibilità di comparirvi e di notiziare il prevenuto degli sviluppi e della pronuncia di quella sentenza, così come il prevenuto stesso, se si fosse fatto carico di contattare il suo professionista di fiducia (mai rinunciante), come l’ordinaria diligenza avrebbe imposto, non sarebbe venuto a conoscenza della fase di appello (iniziata con l’impugnazione dal medesimo proposta) e della relativa sentenza solo nel momento in cui ora asserisce di esserne venuto a conoscenza.
L’istanza avanzata ai sensi dell’art. 175 cod. proc. pen. va pertanto dichiarata inammissibile e, come tale (non essendo, come già osservato, un mezzo di impugnazione), non comporta la condanna al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile la richiesta.
Così deciso, in Roma il 13 marzo 2025.