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Restituzione nel termine: quando è inammissibile?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che chiedeva la restituzione nel termine per appellare una sentenza. La richiesta è stata presentata oltre il termine perentorio di trenta giorni dalla data in cui l’imputato aveva avuto effettiva conoscenza della sentenza, rendendo l’istanza irrimediabilmente tardiva. La Corte ha chiarito che la definitività del provvedimento non esime dal rispetto dei termini per attivare questo rimedio straordinario.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Restituzione nel Termine: Il Rischio dell’Inammissibilità per Tardività

Nel processo penale, i termini sono perentori e il loro mancato rispetto può avere conseguenze definitive. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. n. 46342/2024) offre un chiaro esempio su un istituto fondamentale: la restituzione nel termine. Questo strumento permette di rimediare a una scadenza processuale mancata, ma la sua applicazione è soggetta a regole altrettanto rigide. Vediamo perché un’istanza, presentata oltre il limite di 30 giorni, è stata dichiarata inammissibile, nonostante le argomentazioni della difesa.

Il Fatto: Una Richiesta Tardiva

Il caso ha origine da una sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Messina. L’imputato, venuto a conoscenza della sentenza tramite notifica a mani proprie in data 11 aprile 2023, non proponeva appello nei termini di legge. Successivamente, in data 26 luglio 2023, ovvero oltre tre mesi dopo, il suo difensore presentava un’istanza di restituzione nel termine per poter impugnare la sentenza.

La Corte d’appello rigettava l’istanza, rilevando che l’imputato aveva avuto piena conoscenza del provvedimento fin dalla notifica. Contro questa decisione, il difensore proponeva ricorso per Cassazione, basando la sua difesa su un dettaglio peculiare: sulla copia della sentenza notificata era già apposto un timbro che ne attestava la definitività, rendendola, a suo dire, non più impugnabile con i mezzi ordinari.

La Decisione della Corte: La Regola dei 30 Giorni per la restituzione nel termine

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione della Corte d’appello. Il punto centrale della decisione non riguarda la possibilità o meno di impugnare una sentenza già definitiva, ma la tempistica con cui è stato attivato il rimedio specifico della restituzione nel termine.

Secondo l’art. 175, comma 2-bis, del codice di procedura penale, la richiesta di restituzione deve essere presentata entro il termine perentorio di trenta giorni. Tale termine decorre dal momento in cui l’interessato ha avuto effettiva conoscenza del provvedimento. Nel caso di specie, la conoscenza è avvenuta l’11 aprile 2023, mentre l’istanza è stata depositata solo il 26 luglio 2023, ben oltre il limite consentito.

Le Motivazioni della Cassazione

I giudici di legittimità hanno smontato l’argomentazione difensiva con un ragionamento logico-giuridico stringente. La Corte ha osservato che la definitività della sentenza, attestata dal timbro della cancelleria, non precludeva l’utilizzo dello strumento della restituzione nel termine. Anzi, questo rimedio ha natura straordinaria e serve proprio a incidere su provvedimenti divenuti definitivi a causa della mancata conoscenza dell’atto da parte dell’imputato.

Il fatto che la sentenza fosse già passata in giudicato non esimeva la parte dal dovere di agire tempestivamente per chiedere la restituzione. Il termine di trenta giorni è una garanzia di certezza dei rapporti giuridici e di stabilità del sistema processuale. La sua inosservanza provoca la decadenza dal diritto di chiedere il rimedio, rendendo l’istanza, appunto, inammissibile. La Corte sottolinea come questo rimedio, potendo incidere sul giudicato, sia soggetto a “cadenze temporali rigide” che non ammettono deroghe.

Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: la tempestività è un requisito essenziale per l’ammissibilità dell’istanza di restituzione nel termine. L’effettiva conoscenza del provvedimento da impugnare fa scattare un termine perentorio di 30 giorni, entro il quale l’imputato deve attivarsi. Qualsiasi ritardo, anche se giustificato da argomentazioni sulla presunta non impugnabilità dell’atto, rende l’istanza irricevibile. Questa decisione serve da monito sulla necessità di agire con la massima celerità una volta venuti a conoscenza di un provvedimento sfavorevole, per non precludersi la possibilità di far valere le proprie ragioni in un successivo grado di giudizio.

Qual è il termine per chiedere la restituzione nel termine per impugnare una sentenza penale?
La richiesta deve essere presentata, a pena di decadenza, entro il termine di trenta giorni che decorre dal giorno in cui l’interessato ha avuto effettiva conoscenza del provvedimento.

Se una sentenza ha già il timbro di ‘definitività’, è ancora possibile chiedere la restituzione nel termine per impugnarla?
Sì. La restituzione nel termine è un rimedio straordinario che serve proprio a incidere su provvedimenti divenuti definitivi. La presenza del timbro non impedisce di presentare l’istanza, a condizione che ciò avvenga entro il termine di 30 giorni dalla conoscenza dell’atto.

Cosa succede se l’istanza di restituzione nel termine viene presentata oltre i trenta giorni?
L’istanza viene dichiarata inammissibile per tardività. Il mancato rispetto del termine perentorio di trenta giorni comporta la decadenza dal diritto di avvalersi di questo rimedio, e la sentenza resta definitiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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