Restituzione nel Termine: Limiti e Inammissibilità per la Parte Offesa
L’istituto della restituzione nel termine rappresenta una garanzia fondamentale nel nostro ordinamento processuale, consentendo di rimediare a decadenze incolpevoli. Tuttavia, il suo ambito di applicazione è rigorosamente definito dalla legge. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sui confini di questo strumento, in particolare quando a richiederlo è la parte offesa in un contesto processuale complesso e ormai definito.
Il Contesto Processuale
Il caso trae origine da un procedimento penale archiviato. La parte offesa aveva inizialmente proposto un’istanza di ricusazione nei confronti di un Giudice per le indagini preliminari. Tale istanza era stata dichiarata inammissibile dalla Corte di appello per difetto di legittimazione, essendo l’istante, appunto, solo la parte offesa del procedimento. Contro questa decisione, l’interessato aveva proposto ricorso per cassazione, ma anche questo era stato dichiarato inammissibile dalla Suprema Corte con una precedente sentenza.
L’Istanza di Restituzione nel Termine e le Sue Motivazioni
Non arrendendosi, la parte offesa ha presentato un’ulteriore istanza, questa volta chiedendo la restituzione nel termine per impugnare la sentenza della Cassazione che aveva rigettato il suo precedente ricorso. La motivazione addotta era la mancata ricezione del parere del Procuratore Generale presso la Corte, circostanza che, a suo dire, gli avrebbe impedito di esercitare pienamente il proprio diritto di difesa presentando una nota di replica.
Le Motivazioni della Cassazione: Un Rimedio Usato Impropriamente
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in commento, ha dichiarato la nuova istanza palesemente inammissibile. Le motivazioni della decisione sono nette e tracciano un confine invalicabile per l’uso di questo strumento processuale.
Innanzitutto, i giudici hanno chiarito che la richiesta era completamente estranea alla tipologia di casi per cui l’articolo 175 del codice di procedura penale prevede la restituzione nel termine. Questo istituto è pensato per decadenze dovute a caso fortuito o forza maggiore, non per sanare presunte irregolarità procedurali in un giudizio già concluso.
In secondo luogo, la Corte ha smascherato la vera natura dell’istanza: un tentativo di estendere l’applicazione del ricorso straordinario, disciplinato dall’articolo 625-bis del codice di procedura penale. Questo rimedio, tuttavia, è eccezionale e riservato esclusivamente alle persone condannate per correggere errori di fatto, non è accessibile alla parte offesa, specialmente in un procedimento già archiviato.
Infine, è stato ribadito che l’istante, in qualità di presunta parte offesa di un procedimento ormai chiuso, non possiede la legittimazione per attivare simili rimedi. La sua posizione non è equiparabile a quella di una parte processuale pienamente legittimata a proporre ogni tipo di impugnazione.
Le Conclusioni: Rigore Formale a Tutela del Sistema
La decisione della Suprema Corte riafferma un principio cruciale: gli strumenti processuali non possono essere utilizzati in modo distorto o per finalità diverse da quelle per cui sono stati concepiti. La restituzione nel termine non è una “scorciatoia” per riaprire procedimenti definiti o per aggirare i limiti soggettivi e oggettivi di altri mezzi di impugnazione. La conseguenza per l’istante è stata non solo la declaratoria di inammissibilità, ma anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro a favore della cassa delle ammende, a sottolineare la temerarietà della sua iniziativa.
Può la parte offesa di un procedimento penale archiviato chiedere la restituzione nel termine per impugnare una decisione della Cassazione?
No. Secondo l’ordinanza analizzata, tale istanza è inammissibile perché il rimedio della restituzione nel termine non è applicabile in questi contesti e non può essere usato per estendere l’ambito di altri ricorsi, come quello straordinario.
Qual è la ragione principale per cui la Corte ha dichiarato inammissibile l’istanza?
La Corte ha ritenuto che l’istanza fosse un tentativo di utilizzare la restituzione nel termine in modo improprio, come un “ricorso straordinario mascherato”, estendendone l’applicazione a soggetti non legittimati (la parte offesa anziché il condannato) e per finalità non previste dalla legge.
Quali sono le conseguenze per chi presenta un’istanza di questo tipo ritenuta inammissibile?
L’istante viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in tremila euro, come sanzione per aver proposto un ricorso inammissibile.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 315 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 6 Num. 315 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/11/2024
ORDINANZA
sull’istanza proposta da:
COGNOME NOME COGNOME n. Genova 14/03/1956 per la restituzione nel termine per impugnare la sentenza della Corte di
cassazione, Seconda Sezione penale n. 23901 del 12/04/2024
letti gli atti e l’istanza;
udita la relazione del consigliere NOME COGNOME
rilevato
che l’istante chiede di essere restituito nel termine per impugnare la decisione della Seconda Sezione penale di cui in epigrafe, che ne ha dichiarato inammissibile il ricorso avverso un’ordinanza della Corte di appello di Genova che aveva a sua volta ritenuto inammissibile l’istanza di ricusazione proposta avverso
un G.i.p. del Tribunale di Genova, rilevando il suo difetto di legittimazione in quanto mera parte offesa del procedimento;
che, in particolare, sostiene di non avere mai ricevuto il parere del Procuratore Generale presso la Corte di cassazione nel procedimento trattato ai sensi dell’art. 127 cod. proc. pen., non avendo così potuto svolgere al meglio la propria difesa mediante deposito di nota di replica;
che, a prescindere dalle regioni indicate a fondamento, la presente istanza di restituzione nel termine – del tutto avulsa dalla tipologia dei casi indicati nell’ar 175, comma 1, cod. proc. pen. – maschera in realtà un inammissibile tentativo di estendere l’ambito di applicazione del ricorso straordinario di cui all’art. 625-bis cod. proc. pen. a soggetti diversi dalle persone condannate, dal momento che COGNOME resta in ogni caso la (pretesa) parte offesa di un procedimento ormai archiviato;
che l’istanza deve essere, pertanto, dichiarata inammissibile ai sensi dell’art. 625, comma 4, cod. proc. pen. e l’istante condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che si reputa equo determinare nella misura di euro tremila
P. Q. M.
Dichiara inammissibile l’istanza e condanna l’istante al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso, 6 novembre 2024
Il Presidente