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Restituzione nel termine: onere della prova linguistica

La Corte di Cassazione ha rigettato l’istanza di un cittadino straniero che chiedeva la restituzione nel termine per impugnare una sentenza di condanna. L’imputato sosteneva di non conoscere la lingua italiana e di essere stato all’estero, ma non ha fornito alcuna prova a sostegno delle sue affermazioni. La Corte ha stabilito che la mera cittadinanza straniera o l’assenza dal territorio non sono sufficienti per ottenere la restituzione nel termine, ribadendo che l’onere di allegare e provare le circostanze che hanno impedito la conoscenza del procedimento ricade interamente sull’istante.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Restituzione nel Termine: La Sola Cittadinanza Straniera Non Basta

Nel processo penale, il rispetto dei termini è un principio fondamentale. Tuttavia, la legge prevede uno strumento eccezionale per chi, senza sua colpa, non è riuscito a rispettare una scadenza: la restituzione nel termine. Questo istituto, disciplinato dall’art. 175 del codice di procedura penale, consente di riaprire i termini per compiere un atto, come proporre un’impugnazione. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 34705/2025, chiarisce quali sono i rigorosi oneri probatori a carico di chi invoca tale rimedio, specialmente quando la richiesta si fonda sulla mancata conoscenza della lingua italiana.

I Fatti del Caso: Una Condanna e un’Istanza Tardiva

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un cittadino straniero condannato in primo e secondo grado per un reato legato agli stupefacenti. La sentenza della Corte d’Appello di Cagliari, emessa nel 2017, era diventata esecutiva nel 2023. Solo a seguito della notifica dell’ordine di esecuzione della pena, l’interessato, tramite il suo difensore, presentava un’istanza di restituzione nel termine per poter proporre ricorso per cassazione avverso la condanna.

A fondamento della sua richiesta, l’imputato adduceva tre principali motivi:
1. Di non aver mai avuto conoscenza del processo di secondo grado perché si trovava all’estero.
2. Di non conoscere la lingua italiana e che l’ordine di esecuzione, primo atto di cui sarebbe venuto a conoscenza, non gli era stato tradotto.
3. Di non aver mai avuto contatti con il difensore d’ufficio che gli era stato assegnato.

La Decisione della Corte di Cassazione sulla restituzione nel termine

La Corte di Cassazione ha rigettato l’istanza, dichiarandola inammissibile. I giudici hanno ritenuto che le argomentazioni presentate fossero generiche e del tutto prive di supporto probatorio, non soddisfacendo i requisiti stringenti previsti dalla legge per la concessione della restituzione nel termine.

Le Motivazioni: l’Onere della Prova sulla Conoscenza della Lingua

La Corte ha smontato punto per punto le argomentazioni difensive, delineando con chiarezza i principi che regolano la materia.

Mancanza di Allegazioni Specifiche

Il fulcro della decisione risiede nella totale assenza di prove. La Corte ha sottolineato che l’istanza si basava su una “asserzione indimostrata della mancata conoscenza della lingua italiana”. Non è sufficiente affermare di essere un cittadino straniero o di essersi trovato all’estero per un certo periodo. L’istante avrebbe dovuto fornire elementi concreti a sostegno della sua tesi, ad esempio allegando circostanze specifiche sul periodo di permanenza in Italia da cui desumere l’impossibilità di comprendere la lingua. In assenza di un “minimo onere di allegazione”, la richiesta diventa una mera affermazione di parte, inidonea a fondare una decisione favorevole.

“Non Comparso” non è “Assente”

Un altro aspetto rilevante è la distinzione tra l’imputato “non comparso” e quello processato in “assenza”. La Corte evidenzia che l’imputato risultava semplicemente “non comparso”, senza aver mai manifestato la necessità di un interprete durante le fasi precedenti del processo. Questo dettaglio indebolisce ulteriormente la tesi della totale ignoranza della lingua. Inoltre, la mancata traduzione dell’ordine di esecuzione, secondo i giudici, avrebbe potuto al massimo comportare la nullità di quell’atto specifico, ma non giustificava la riapertura dei termini per impugnare una sentenza emessa anni prima.

I Requisiti della Restitutio in Integrum

Infine, la Cassazione ha ribadito che la restituzione nel termine è un rimedio eccezionale, concesso solo in presenza di un “caso fortuito” o di una “forza maggiore”. L’imputato deve dimostrare che un evento imprevedibile e insormontabile gli ha impedito di avere conoscenza effettiva del provvedimento da impugnare. Nel caso di specie, l’istante non ha allegato “alcunché che possa sostenere il caso fortuito o la forza maggiore o l’effettiva mancata conoscenza”, rendendo impossibile per il giudice qualsiasi valutazione in merito.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa pronuncia rafforza un principio cardine del nostro sistema processuale: chi invoca un diritto o un beneficio ha l’onere di provare i fatti che ne costituiscono il fondamento. La restituzione nel termine non è un’ancora di salvezza per rimediare a negligenze o a una disattenzione verso il procedimento. La condizione di cittadino straniero, di per sé, non crea alcuna presunzione di ignoranza della lingua italiana né di mancata conoscenza del processo. Per ottenere la riapertura dei termini, è indispensabile fornire al giudice elementi di prova concreti, specifici e dettagliati che dimostrino in modo inequivocabile l’esistenza di un impedimento assoluto e incolpevole.

È sufficiente essere un cittadino straniero per ottenere la restituzione nel termine per impugnare una sentenza?
No. Secondo la sentenza, la mera cittadinanza straniera o l’affermazione di trovarsi all’estero non sono sufficienti. È necessario fornire elementi concreti e prove che dimostrino l’effettiva impossibilità di comprendere la lingua italiana e di avere avuto conoscenza del procedimento.

Cosa deve dimostrare chi chiede la restituzione nel termine per mancata conoscenza del processo?
Chi chiede la restituzione nel termine deve dimostrare l’esistenza di un “caso fortuito” o di una “forza maggiore” che gli ha impedito di avere tempestiva conoscenza dell’atto da impugnare. L’onere della prova è a carico dell’istante, che deve fornire allegazioni specifiche e, se possibile, prove documentali a sostegno della sua richiesta.

La mancata traduzione di un atto notificato garantisce automaticamente la riapertura dei termini per l’impugnazione della sentenza?
No. La Corte ha chiarito che la mancata traduzione di un atto, come l’ordine di esecuzione, potrebbe al massimo comportare la nullità di quell’atto specifico, ma non giustifica di per sé la restituzione nel termine per impugnare la sentenza di condanna, che è un provvedimento precedente e distinto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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