Restituzione nel Termine: L’Onere della Prova Spetta all’Imputato
L’istituto della restituzione nel termine rappresenta un’ancora di salvezza per chi, senza colpa, non ha avuto conoscenza di un provvedimento giudiziario e ha quindi perso la possibilità di impugnarlo. Tuttavia, una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 34575/2024) ha ribadito un principio fondamentale: non basta affermare di non sapere, bisogna provarlo con precisione. La Corte ha chiarito che l’onere di documentare e circostanziare la richiesta spetta interamente all’istante, il quale deve indicare il momento esatto in cui è venuto a conoscenza della sentenza per permettere al giudice di valutarne la tempestività.
I Fatti del Caso: Condanna Remota e Istanza Tardiva
La vicenda trae origine da una condanna emessa nel lontano 2007 dal Tribunale di Udine. L’imputato, giudicato in contumacia, veniva condannato a una pena detentiva e a una multa per reati contro il patrimonio. La sentenza era divenuta irrevocabile nello stesso anno.
Trascorsi quasi diciassette anni, nel gennaio 2024, il difensore dell’uomo presentava un’istanza alla Corte di Appello di Trieste per ottenere la restituzione nel termine per impugnare quella vecchia sentenza. La difesa sosteneva che il suo assistito fosse venuto a conoscenza della condanna del 2007 solo nel settembre 2023, in occasione di un altro procedimento penale nel quale una richiesta di patteggiamento era stata rigettata proprio a causa di quel precedente ostativo.
La Corte di Appello, tuttavia, dichiarava l’istanza inammissibile, ritenendo che l’imputato non avesse fornito alcun elemento preciso per dimostrare la veridicità di tale affermazione e, di conseguenza, il rispetto del termine di decadenza previsto dall’art. 175 del codice di procedura penale.
La Questione Giuridica sulla Restituzione nel Termine
Il cuore della questione sottoposta alla Corte di Cassazione era stabilire quali fossero gli oneri probatori a carico di chi chiede la restituzione nel termine. È sufficiente una semplice allegazione di aver appreso tardivamente dell’esistenza di una condanna, o è necessario fornire al giudice elementi concreti e verificabili?
Il ricorrente sosteneva che dovesse essere il giudice a verificare d’ufficio, tramite gli atti processuali, se l’imputato avesse avuto o meno effettiva conoscenza del procedimento. La Suprema Corte, però, ha fornito una lettura diversa, allineata con il suo consolidato orientamento.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, confermando la decisione dei giudici di merito. Innanzitutto, ha precisato che per le sentenze emesse in contumacia prima della riforma del 2014, l’istituto applicabile rimane la restituzione nel termine di cui all’art. 175 c.p.p., e non il più recente rimedio della rescissione del giudicato (art. 625-ter c.p.p.).
Il punto cruciale della motivazione risiede nell’onere della prova. La Cassazione ha ribadito che, sebbene la notifica rituale non crei una presunzione assoluta di conoscenza, spetta all’istante allegare e dimostrare la mancata conoscenza effettiva del provvedimento e le ragioni che l’hanno determinata.
In questo onere è implicitamente compreso quello di indicare il cosiddetto dies a quo, ovvero il giorno esatto a partire dal quale si è avuta conoscenza della sentenza. Solo fornendo questa data è possibile per il giudice verificare se l’istanza sia stata presentata tempestivamente.
Nel caso specifico, l’imputato si era limitato a un’affermazione generica, sostenendo di aver appreso della condanna durante un altro procedimento, senza però indicare né il numero di quel fascicolo né l’autorità giudiziaria procedente. Questa vaghezza ha impedito alla Corte di Appello qualsiasi verifica, rendendo la richiesta palesemente infondata e, quindi, inammissibile.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza
La pronuncia in esame rafforza un principio cardine della procedura penale: chi intende avvalersi di un rimedio processuale deve farlo in modo diligente e circostanziato. Per ottenere la restituzione nel termine, non è ammissibile una semplice e generica dichiarazione di ignoranza. È indispensabile fornire al giudice tutti gli elementi necessari per una valutazione concreta, a partire dall’indicazione precisa del momento in cui si è venuti a conoscenza dell’atto da impugnare.
Questa decisione serve da monito: la richiesta di restituzione non può essere un tentativo esplorativo, ma deve fondarsi su allegazioni specifiche e, ove possibile, documentate. In assenza di tali requisiti, la richiesta è destinata a essere dichiarata inammissibile, con condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Chi ha l’onere di provare quando è avvenuta la conoscenza di una sentenza per chiedere la restituzione nel termine?
L’onere di allegare la mancata conoscenza e le ragioni che l’hanno determinata, inclusa l’indicazione del momento esatto in cui si è venuti a conoscenza del provvedimento (il cosiddetto
dies a quo), grava interamente sull’istante, ovvero su chi presenta la richiesta.
È sufficiente dichiarare di aver saputo di una vecchia condanna solo di recente per ottenere la restituzione nel termine?
No, non è sufficiente. Secondo la Corte di Cassazione, una generica affermazione di conoscenza tardiva è palesemente infondata. L’istanza deve essere circostanziata, indicando con precisione il momento della conoscenza e fornendo al giudice elementi concreti per la verifica della tempestività.
Quale istituto si applica alle sentenze emesse in contumacia prima della riforma del 2014?
Alle sentenze contumaciali emesse e definite prima dell’entrata in vigore della legge n. 67 del 2014, che ha introdotto il procedimento in assenza, continua ad applicarsi l’istituto della restituzione nel termine previsto dall’art. 175 del codice di procedura penale, e non il rimedio della rescissione del giudicato.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 34575 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 34575 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/06/2024
udita relazione del consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni con le quali il AVV_NOTAIO Procuratore Generale NOME COGNOME ha chi dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 17/1/2024, la Corte di appello di Trieste, quale giudice dell’esecuzio ha dichiarato inammissibile l’istanza di restituzione nel termine ad impugnare, proposta difensore di NOME COGNOME in relazione alla sentenza del Tribunale di Udine del 21/9/20 irrevocabile il 14/12/2007, con la quale l’odierno ricorrente era stato condannat contumacia, alla pena di anni uno, mesi uno di reclusione ed euro 400,00 di multa per i reati cui agli artt. 470, 649, 56, 640 c.p.
Il giudice di appello ha motivato la decisione ritenendo che COGNOME non avesse indicato element precisi dai quali desumere il rispetto del termine di decadenziale cui all’art. 175 c.p.p. che la deduzione difensiva secondo cui egli sarebbe venuto a conoscenza del procedimento del 2007, solo il 23 settembre 2023, in occasione del rigetto del patteggiamento a pena sospesa, era palesemente infondata risultando il ricorrente attinto da altra condanna ostativa risa
al 2019.
Avverso detta ordinanza è stato proposto ricorso per cassazione per il seguente motivo unico: -violazione di legge (art. 606 lett.b) cod. proc. pen.).
Ad avviso del difensore la Corte territoriale ha errato nel ritenere che la richiesta di rest nel termine per impugnare fosse inammissibile perché non corredata, ai fini della valutazio della tempestività, da alcuna allegazione in merito al momento nel quale il COGNOME fosse venuto conoscenza della sentenza del Tribunale di Udine oggetto della richiesta, in quanto sarebb onere del giudice della rescissione (o della restituzione in termini) verificare da processuali se l’imputato ha avuto conoscenza del procedimento.
In tal senso il ricorrente ribadisce di avere avuto conoscenza del procedimento del 2007, so nel 2023 in occasione di altro procedimento nell’ambito del quale, formulata la richiest patteggiamento a pena sospesa, la stessa veniva rigettata a causa di un precedente penale ostativo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è proposto per motivo manifestamente infondato e va dichiarato inammissibile. In via preliminare deve rilevarsi che la richiesta di restituzione nel termine ad impugn stata formulata con riguardo ad una sentenza contumaciale emessa il 21 settembre 2007, rispetto alla quale trova applicazione l’istituto di cui all’art. 175 c.p.p. il quale, come da Sez. Unite Lovric (sent. n. 15498 del 26/11/2020, Rv. 280931) “conserva un residuo spazio applicativo in relazione ai procedimenti contumaciali trattati e definiti nei gradi di meri dell’entrata in vigore della legge n, 67 del 2014, poiché la nuova disciplina sul procediment assenza, e in particolare il rimedio della rescissione del giudicato di cui all’art. 625proc. pen., si rivolge espressamente a regolare gli effetti di atti processuali posteriori entrata in vigore, con la conseguenza che a regolare gli effetti degli atti processuali prece non possono che provvedere le disposizioni vigenti al momento della loro verificazione (Sez U., Burba, cit.; Sez. 5, n. 10433 del 31/01/2019, Donati, Rv. 277240)”.
Deve ribadirsi che l’istituto della restituzione in termini di cui all’art. 175 c.p.p., n presunzione di conoscenza derivante dalla rituale notifica dell’atto introduttivo del giu limitandosi invece ad escluderne la valenza assoluta ed imponendo al giudice di verifica l’effettività di tale conoscenza nonché la consapevole rinuncia della parte a partecipar processo o ad impugnare il provvedimento, fermo restando che grava sull’istante l’onere d allegare la mancata conoscenza e le ragioni che l’hanno determinata, così da prospettare l’ipotesi che il giudice è chiamato a verificare (Sez. 5, n. 416 del 03/12/2019, Rv. 278 Sez. 5, n. 7604 del 01/02/2011, Rv. 249515).
In tale onere non può che essere implicito quello, quantomeno, di indicare il dies a quo con riferimento al momento in cui il provvedimento che si intende impugnare è divenuto not all’interessato. È pur vero che il giudice investito della richiesta ha l’obbligo di compi necessaria verifica in relazione all’effettiva conoscenza del provvedimento, ma ciò non tog
che chi avanza una istanza ha l’onere di documentarla e di circostanziarla, segnaland all’Organo destinatario della stessa, quantomeno la ipotesi da verificare.
Tanto premesso, nel caso di specie il ricorrente, pur avendo eccepito la tempestiv dell’istanza intesa ad ottenere la restituzione nel termine per impugnare la sente contumaciale, non ha allegato il momento esatto di effettiva conoscenza della sentenza limitandosi a sostenere di averne avuto conoscenza in occasione della richiesta di applicazio pena avanzata in altro procedimento del quale, come rilevato dalla Corte di appello, non indicato nemmeno il numero o l’Autorità giudiziaria procedente ai fini della verifica tempestività.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processual della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Roma, 26 giugno 2024
Il consigliere estensore
NOME COGNOME
Il presidente
NOME COGNOME