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Restituzione nel termine: onere della prova e ricorso

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che chiedeva la restituzione nel termine per impugnare una sentenza di condanna emessa in sua contumacia nel 2007. La decisione si fonda sulla mancata allegazione, da parte del ricorrente, di elementi precisi riguardo al momento esatto in cui avrebbe avuto effettiva conoscenza del provvedimento. La Suprema Corte ha ribadito che, per la restituzione nel termine, non è sufficiente una generica affermazione di ignoranza, ma è necessario fornire prove circostanziate che permettano al giudice di verificare la tempestività dell’istanza.

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Pubblicato il 17 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Restituzione nel Termine: L’Onere della Prova Spetta all’Imputato

L’istituto della restituzione nel termine rappresenta un’ancora di salvezza per chi, senza colpa, non ha avuto conoscenza di un provvedimento giudiziario e ha quindi perso la possibilità di impugnarlo. Tuttavia, una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 34575/2024) ha ribadito un principio fondamentale: non basta affermare di non sapere, bisogna provarlo con precisione. La Corte ha chiarito che l’onere di documentare e circostanziare la richiesta spetta interamente all’istante, il quale deve indicare il momento esatto in cui è venuto a conoscenza della sentenza per permettere al giudice di valutarne la tempestività.

I Fatti del Caso: Condanna Remota e Istanza Tardiva

La vicenda trae origine da una condanna emessa nel lontano 2007 dal Tribunale di Udine. L’imputato, giudicato in contumacia, veniva condannato a una pena detentiva e a una multa per reati contro il patrimonio. La sentenza era divenuta irrevocabile nello stesso anno.

Trascorsi quasi diciassette anni, nel gennaio 2024, il difensore dell’uomo presentava un’istanza alla Corte di Appello di Trieste per ottenere la restituzione nel termine per impugnare quella vecchia sentenza. La difesa sosteneva che il suo assistito fosse venuto a conoscenza della condanna del 2007 solo nel settembre 2023, in occasione di un altro procedimento penale nel quale una richiesta di patteggiamento era stata rigettata proprio a causa di quel precedente ostativo.

La Corte di Appello, tuttavia, dichiarava l’istanza inammissibile, ritenendo che l’imputato non avesse fornito alcun elemento preciso per dimostrare la veridicità di tale affermazione e, di conseguenza, il rispetto del termine di decadenza previsto dall’art. 175 del codice di procedura penale.

La Questione Giuridica sulla Restituzione nel Termine

Il cuore della questione sottoposta alla Corte di Cassazione era stabilire quali fossero gli oneri probatori a carico di chi chiede la restituzione nel termine. È sufficiente una semplice allegazione di aver appreso tardivamente dell’esistenza di una condanna, o è necessario fornire al giudice elementi concreti e verificabili?

Il ricorrente sosteneva che dovesse essere il giudice a verificare d’ufficio, tramite gli atti processuali, se l’imputato avesse avuto o meno effettiva conoscenza del procedimento. La Suprema Corte, però, ha fornito una lettura diversa, allineata con il suo consolidato orientamento.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, confermando la decisione dei giudici di merito. Innanzitutto, ha precisato che per le sentenze emesse in contumacia prima della riforma del 2014, l’istituto applicabile rimane la restituzione nel termine di cui all’art. 175 c.p.p., e non il più recente rimedio della rescissione del giudicato (art. 625-ter c.p.p.).

Il punto cruciale della motivazione risiede nell’onere della prova. La Cassazione ha ribadito che, sebbene la notifica rituale non crei una presunzione assoluta di conoscenza, spetta all’istante allegare e dimostrare la mancata conoscenza effettiva del provvedimento e le ragioni che l’hanno determinata.

In questo onere è implicitamente compreso quello di indicare il cosiddetto dies a quo, ovvero il giorno esatto a partire dal quale si è avuta conoscenza della sentenza. Solo fornendo questa data è possibile per il giudice verificare se l’istanza sia stata presentata tempestivamente.

Nel caso specifico, l’imputato si era limitato a un’affermazione generica, sostenendo di aver appreso della condanna durante un altro procedimento, senza però indicare né il numero di quel fascicolo né l’autorità giudiziaria procedente. Questa vaghezza ha impedito alla Corte di Appello qualsiasi verifica, rendendo la richiesta palesemente infondata e, quindi, inammissibile.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

La pronuncia in esame rafforza un principio cardine della procedura penale: chi intende avvalersi di un rimedio processuale deve farlo in modo diligente e circostanziato. Per ottenere la restituzione nel termine, non è ammissibile una semplice e generica dichiarazione di ignoranza. È indispensabile fornire al giudice tutti gli elementi necessari per una valutazione concreta, a partire dall’indicazione precisa del momento in cui si è venuti a conoscenza dell’atto da impugnare.

Questa decisione serve da monito: la richiesta di restituzione non può essere un tentativo esplorativo, ma deve fondarsi su allegazioni specifiche e, ove possibile, documentate. In assenza di tali requisiti, la richiesta è destinata a essere dichiarata inammissibile, con condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Chi ha l’onere di provare quando è avvenuta la conoscenza di una sentenza per chiedere la restituzione nel termine?
L’onere di allegare la mancata conoscenza e le ragioni che l’hanno determinata, inclusa l’indicazione del momento esatto in cui si è venuti a conoscenza del provvedimento (il cosiddetto dies a quo), grava interamente sull’istante, ovvero su chi presenta la richiesta.

È sufficiente dichiarare di aver saputo di una vecchia condanna solo di recente per ottenere la restituzione nel termine?
No, non è sufficiente. Secondo la Corte di Cassazione, una generica affermazione di conoscenza tardiva è palesemente infondata. L’istanza deve essere circostanziata, indicando con precisione il momento della conoscenza e fornendo al giudice elementi concreti per la verifica della tempestività.

Quale istituto si applica alle sentenze emesse in contumacia prima della riforma del 2014?
Alle sentenze contumaciali emesse e definite prima dell’entrata in vigore della legge n. 67 del 2014, che ha introdotto il procedimento in assenza, continua ad applicarsi l’istituto della restituzione nel termine previsto dall’art. 175 del codice di procedura penale, e non il rimedio della rescissione del giudicato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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