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Restituzione nel termine: no se l’imputato è latitante

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che chiedeva la restituzione nel termine per impugnare una sentenza di condanna. L’imputato, dopo aver ricevuto le notifiche del processo ed aver nominato un difensore di fiducia, si era reso volontariamente latitante. La Corte ha stabilito che la scelta deliberata di sottrarsi alla giustizia costituisce una condotta colpevole che impedisce di ottenere il beneficio della restituzione nel termine, poiché la mancata conoscenza della sentenza finale deriva direttamente dalla sua volontà.

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Pubblicato il 30 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Restituzione nel Termine: La Fuga Volontaria Blocca l’Impugnazione

Il diritto di impugnare una sentenza è un pilastro del nostro sistema giudiziario, ma cosa accade se l’imputato sceglie deliberatamente di sottrarsi al processo? Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato il tema della restituzione nel termine, negandola a un imputato che, pur essendo a conoscenza del procedimento a suo carico, si era reso volontariamente latitante. Questa decisione ribadisce un principio fondamentale: non si può beneficiare di un rimedio processuale se la necessità di invocarlo deriva da una propria condotta colpevole.

I Fatti del Caso

La vicenda riguarda un uomo che, dopo essere stato arrestato e aver nominato un avvocato di fiducia, aveva ricevuto personalmente la notifica del decreto di giudizio immediato e della fissazione del giudizio abbreviato da lui richiesto. Nonostante la piena conoscenza della pendenza del processo, l’imputato si rendeva irreperibile, tanto da essere dichiarato latitante.

A seguito di questa scelta, il suo difensore di fiducia rinunciava al mandato. All’imputato veniva quindi nominato un difensore d’ufficio, che lo assisteva nel corso del giudizio, conclusosi con una sentenza di condanna. Successivamente, l’imputato presentava un’istanza per ottenere la restituzione nel termine per poter impugnare la sentenza, sostenendo di non averne avuto effettiva conoscenza. La Corte di Appello rigettava la richiesta, e il caso approdava dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione dei giudici di merito. I giudici hanno chiarito che la condotta dell’imputato escludeva categoricamente la possibilità di accogliere la sua istanza. La scelta di rendersi latitante è stata considerata un atto deliberato e colpevole di sottrazione al processo, incompatibile con la richiesta di essere rimesso nei termini per esercitare un diritto che lui stesso aveva compromesso.

Le Motivazioni: Restituzione nel termine e colpa dell’imputato

Il cuore della motivazione della Corte risiede nell’analisi dell’articolo 175 del codice di procedura penale. Questa norma prevede la restituzione nel termine per l’imputato giudicato in assenza a due condizioni cumulative:

1. La prova di non aver avuto effettiva conoscenza della pendenza del processo.
2. La prova di non aver potuto proporre impugnazione nei termini previsti senza sua colpa.

Nel caso specifico, la prima condizione era palesemente insussistente. L’imputato non solo era stato arrestato, ma aveva ricevuto personalmente le notifiche degli atti fondamentali del processo e aveva persino richiesto un rito alternativo. Era, quindi, pienamente consapevole del procedimento a suo carico.

Anche la seconda condizione non era soddisfatta. La Corte ha sottolineato che l’impossibilità di impugnare la sentenza non derivava da un caso fortuito o da forza maggiore, ma era la diretta conseguenza della sua scelta di rendersi latitante. Sottraendosi volontariamente alla giustizia, l’imputato si è posto deliberatamente in una condizione di ignoranza riguardo agli sviluppi processuali, inclusa l’emissione della sentenza. La rinuncia del suo avvocato di fiducia e la nomina di un difensore d’ufficio sono state considerate eventi procedurali direttamente collegati alla sua condotta. Di conseguenza, l’imputato è stato ritenuto legittimamente rappresentato dal difensore d’ufficio, anche ai fini dell’impugnazione. La sua colpa nel non aver potuto impugnare la sentenza è quindi palese e inequivocabile.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa pronuncia rafforza un principio cardine del diritto processuale: nessuno può trarre vantaggio dalla propria condotta illecita o sleale. La scelta di diventare latitante non può essere utilizzata come scudo per recuperare in un secondo momento i termini processuali decorsi. La sentenza chiarisce che la conoscenza del processo, una volta acquisita, impone all’imputato un onere di diligenza nel seguirne gli sviluppi. Scegliere deliberatamente di sottrarsi a questo onere significa accettarne le conseguenze, compresa la perdita del diritto di impugnare la sentenza nei termini ordinari. La tutela del diritto di difesa non può spingersi fino a premiare comportamenti che mirano a paralizzare o eludere il corso della giustizia.

Un imputato che si rende volontariamente latitante ha diritto alla restituzione nel termine per impugnare la sentenza?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’imputato che si sottrae deliberatamente al processo, pur avendone piena conoscenza, non può ottenere la restituzione nel termine, poiché la sua impossibilità di impugnare la sentenza è dovuta a una sua scelta colpevole.

La nomina di un difensore d’ufficio dopo la rinuncia di quello di fiducia cambia la situazione per la restituzione nel termine?
No. La sentenza chiarisce che la rinuncia del difensore di fiducia e la successiva nomina di un difensore d’ufficio sono conseguenze dirette della scelta dell’imputato di rendersi latitante. Pertanto, questi eventi non costituiscono una valida giustificazione per la mancata impugnazione.

Quali sono le condizioni per ottenere la restituzione nel termine secondo l’art. 175 c.p.p. per un imputato giudicato in assenza?
L’imputato deve fornire la prova di due condizioni congiunte: di non aver avuto effettiva conoscenza della pendenza del processo e di non aver potuto proporre impugnazione nei termini senza sua colpa. Nel caso analizzato, l’imputato aveva piena conoscenza del processo e la sua impossibilità di impugnare era dovuta a sua colpa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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