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Restituzione nel termine: no se l’appello è tardivo

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che chiedeva la restituzione nel termine per presentare appello. Il difensore aveva addotto come impedimento un periodo di isolamento per Covid, ma l’appello era stato depositato ben oltre la scadenza dei dieci giorni successivi alla cessazione dell’isolamento. La Corte ha confermato che la richiesta di restituzione nel termine è infondata se non si agisce tempestivamente una volta rimosso l’ostacolo, condannando il ricorrente al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Restituzione nel Termine: Quando l’Isolamento Covid non Giustifica il Ritardo

L’istituto della restituzione nel termine rappresenta un fondamentale presidio di garanzia nel processo penale, consentendo di rimediare alla scadenza di un termine perentorio quando la parte dimostri di non averlo potuto osservare per caso fortuito o forza maggiore. Tuttavia, una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini di questa tutela, sottolineando come l’impedimento, una volta cessato, faccia immediatamente decorrere un nuovo, e stringente, termine per agire.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato, condannato per un reato previsto dalla legge sugli stupefacenti (art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990). L’imputato, tramite il suo difensore, aveva richiesto la restituzione nel termine per proporre appello avverso la sentenza di condanna. La ragione addotta era un impedimento oggettivo del legale: un periodo di isolamento domiciliare imposto dall’autorità sanitaria a causa di un caso di Covid-19 riscontrato nella classe della figlia.

La Corte d’Appello aveva respinto l’istanza, evidenziando una discrasia temporale cruciale. Dalla documentazione prodotta, risultava che il periodo di isolamento del difensore era terminato il 14 aprile 2021. Di conseguenza, il termine di dieci giorni previsto dall’articolo 175 del codice di procedura penale per presentare l’appello e la contestuale istanza sarebbe scaduto il 16 aprile 2021. L’atto, invece, era stato depositato solo il 3 maggio 2021, senza che venissero provati ulteriori impedimenti.

La Decisione della Corte e la rigidità sulla restituzione nel termine

La Corte di Cassazione ha confermato la decisione dei giudici di merito, dichiarando il ricorso manifestamente infondato e, quindi, inammissibile. Gli Ermellini hanno ribadito che il ragionamento della Corte territoriale era ineccepibile. Il punto centrale non è l’esistenza dell’impedimento in sé, ma la condotta della parte una volta che tale impedimento è venuto meno.

La cessazione della causa di forza maggiore – in questo caso la fine dell’isolamento – fa scattare immediatamente il conto alla rovescia per il nuovo termine concesso dalla legge. Depositare l’atto quasi venti giorni dopo la scadenza del termine ultimo, senza giustificare questo ulteriore ritardo, rende la richiesta di restituzione nel termine priva di fondamento.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte si basa su una lettura rigorosa dell’art. 175 c.p.p. L’istituto non è concepito per concedere un tempo indeterminato, ma solo per neutralizzare il periodo in cui la parte era oggettivamente impossibilitata ad agire. Una volta riacquistata la piena capacità di esercitare i propri diritti processuali, la parte deve attivarsi con la massima sollecitudine.

Nel caso specifico, la Corte ha sottolineato come il difensore non avesse fornito alcuna prova di “ulteriori obblighi di isolamento” che potessero giustificare il ritardo accumulato tra il 16 aprile e il 3 maggio. In assenza di tale prova, il ritardo è stato considerato colpevole, escludendo così la possibilità di applicare il beneficio richiesto. La decisione si allinea al principio, richiamato anche dalla Corte Costituzionale, secondo cui l’inadempimento colpevole di un termine processuale non può essere sanato.

Le Conclusioni

L’ordinanza in commento offre un’importante lezione pratica: la restituzione nel termine è un rimedio eccezionale che richiede non solo la prova dell’impedimento, ma anche la dimostrazione di aver agito con prontezza non appena l’ostacolo è stato rimosso. L’emergenza sanitaria da Covid-19 ha creato numerosi impedimenti, ma la giurisprudenza ha costantemente richiesto un nesso causale diretto e una successiva diligenza processuale. La conseguenza di un ricorso inammissibile, come in questo caso, non è solo la definitività della condanna, ma anche l’obbligo, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria, qui quantificata in 3.000 euro, a favore della Cassa delle ammende.

Per ottenere la restituzione nel termine è sufficiente dimostrare di aver avuto un impedimento?
No, non è sufficiente. Oltre a provare l’impedimento (come un isolamento forzato), è necessario dimostrare di aver agito tempestivamente una volta che l’impedimento è cessato. La legge concede un termine di dieci giorni da quel momento per compiere l’atto.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Se il ricorso è dichiarato inammissibile per una causa attribuibile alla colpa del ricorrente, quest’ultimo viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle ammende. In questo caso, l’importo è stato fissato in 3.000 euro.

Qual era il termine per presentare l’appello dopo la fine dell’isolamento?
Il termine previsto dall’art. 175 del codice di procedura penale è di dieci giorni, decorrenti dal momento in cui è cessato il fatto costituente caso fortuito o forza maggiore. Essendo l’isolamento terminato il 14/04/2021, l’appello doveva essere presentato entro il 16/04/2021.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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