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Restituzione nel termine: negata se c’è errore

Un imputato, condannato in appello, ha richiesto la restituzione nel termine per presentare ricorso in Cassazione, sostenendo di aver appreso della sentenza solo dopo essere stato arrestato all’estero. La Corte di Cassazione ha dichiarato la richiesta inammissibile. La motivazione risiede nel fatto che la mancata conoscenza del procedimento è dipesa da un errore dello stesso imputato, il quale, pur essendosi trasferito, non ha comunicato il nuovo domicilio all’autorità giudiziaria. Tale negligenza non può essere considerata un ‘caso fortuito’ che giustifichi la concessione della restituzione nel termine.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Restituzione nel termine: quando l’errore personale preclude il rimedio

L’istituto della restituzione nel termine rappresenta una garanzia fondamentale nel processo penale, permettendo all’imputato di esercitare un diritto, come quello di impugnare una sentenza, anche dopo la scadenza dei termini. Tuttavia, la sua concessione è subordinata a condizioni rigorose, come dimostra una recente ordinanza della Corte di Cassazione. Il provvedimento chiarisce che la mancata conoscenza di un atto processuale, se dovuta a una negligenza dell’interessato, non può integrare gli estremi del caso fortuito o della forza maggiore.

I fatti del caso: la richiesta di restituzione nel termine

Il caso esaminato riguarda un cittadino condannato dalla Corte di Appello di Torino per un reato legato agli stupefacenti. La sentenza era divenuta definitiva senza che l’imputato presentasse ricorso per cassazione. Successivamente, l’uomo veniva arrestato in Svezia in esecuzione di un mandato di arresto europeo finalizzato alla consegna all’Italia per scontare la pena.

Solo in quel momento egli affermava di essere venuto a conoscenza della sentenza di appello. Presentava quindi un’istanza di restituzione nel termine per poter impugnare la condanna, sostenendo che il suo precedente avvocato di fiducia aveva rinunciato al mandato senza informarlo e che non era stato avvisato dello svolgimento del processo d’appello, celebrato in sua assenza. L’imputato specificava di essersi trasferito in Svezia, comunicando il nuovo indirizzo solo agli uffici di questura e al suo ex difensore, ma non all’autorità giudiziaria.

La decisione della Cassazione sulla restituzione nel termine

La Corte di Cassazione ha dichiarato la richiesta inammissibile, condannando il richiedente al pagamento delle spese processuali. La decisione si fonda su un principio consolidato: la restituzione nel termine non può essere concessa se l’impedimento a esercitare il proprio diritto deriva da una condotta colposa o negligente dello stesso imputato.

L’errore dell’imputato e l’esclusione del caso fortuito

Il fulcro della decisione risiede nell’onere, gravante sull’imputato, di comunicare ogni mutamento del domicilio dichiarato all’autorità giudiziaria. Nel caso di specie, la Corte di Appello aveva correttamente tentato la notifica presso il domicilio dichiarato in Italia e, non andata a buon fine, aveva proceduto con la notifica al difensore d’ufficio, come previsto dall’art. 161, comma 4, del codice di procedura penale. L’errore di non aver comunicato il trasferimento all’ufficio giudiziario è stato considerato un atto personale, direttamente ascrivibile all’imputato, che esclude quindi l’ipotesi di un caso fortuito.

Le motivazioni

La Suprema Corte ha ribadito la distinzione tra caso fortuito e forza maggiore. Il caso fortuito è caratterizzato dall’imprevedibilità, mentre la forza maggiore dall’irresistibilità. Entrambi condividono il connotato dell’inevitabilità del fatto. Nel caso in esame, l’evento (la mancata conoscenza della sentenza) non era né imprevedibile né inevitabile. Sarebbe stato sufficiente che l’imputato adempisse al suo preciso dovere di comunicazione per evitare la situazione venutasi a creare. La sua omissione, pertanto, interrompe il nesso che potrebbe giustificare l’applicazione dell’art. 175 c.p.p., rendendo la sua richiesta priva di fondamento giuridico.

Le conclusioni

Questa ordinanza rafforza un principio cardine della procedura penale: i diritti processuali devono essere esercitati con diligenza. La restituzione nel termine è un rimedio eccezionale, non uno strumento per sanare le conseguenze della propria negligenza. L’imputato ha il dovere di essere reperibile e di collaborare attivamente affinché il processo si svolga correttamente. Trasferirsi all’estero senza informare l’autorità giudiziaria competente è una scelta che comporta il rischio di non venire a conoscenza di atti importanti, un rischio che, come chiarito dalla Cassazione, ricade interamente sull’interessato.

Quando si può chiedere la restituzione nel termine per impugnare una sentenza?
La restituzione nel termine può essere chiesta quando si prova di non aver potuto rispettare il termine perentorio a causa di un ‘caso fortuito’ (un evento imprevedibile) o di ‘forza maggiore’ (una forza irresistibile), non attribuibili a propria colpa.

Perché la mancata comunicazione del cambio di domicilio impedisce la restituzione nel termine?
Perché la comunicazione del proprio domicilio all’autorità giudiziaria è un onere personale dell’imputato. L’omissione di tale comunicazione è considerata un errore a lui ascrivibile e non un evento imprevedibile o inevitabile. Di conseguenza, non integra i presupposti del caso fortuito o della forza maggiore necessari per ottenere la restituzione.

Qual è la differenza tra ‘caso fortuito’ e ‘forza maggiore’ secondo la Corte?
Secondo la Corte, il ‘caso fortuito’ è caratterizzato dalla sua ‘imprevedibilità’, mentre la ‘forza maggiore’ si distingue per la sua ‘irresistibilità’. Entrambe le figure hanno in comune l’elemento della ‘inevitabilità’ del fatto, che non è stato riscontrato nel caso di specie.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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