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Restituzione nel termine: l’onere di allegazione

Un imputato ha richiesto la restituzione nel termine per opporsi a un decreto penale di condanna, sostenendo di non averlo mai conosciuto a causa di una notifica per compiuta giacenza. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo un principio fondamentale: per ottenere la restituzione nel termine, non basta affermare genericamente di non aver avuto conoscenza dell’atto. L’imputato ha un preciso onere di allegazione, ovvero deve indicare fatti e circostanze specifiche che gli hanno impedito, senza sua colpa, di venire a conoscenza del provvedimento. In assenza di tali allegazioni, la mancata conoscenza è considerata frutto di negligenza, e la richiesta viene respinta.

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Pubblicato il 19 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Restituzione nel Termine: La Cassazione Chiarisce l’Onere di Allegazione

La restituzione nel termine è un istituto cruciale nel diritto processuale penale, che permette a un imputato di recuperare la possibilità di esercitare un diritto, come l’impugnazione, quando i termini sono scaduti per cause a lui non imputabili. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 12842/2025, torna su questo tema delicato, in particolare in relazione al decreto penale di condanna notificato per compiuta giacenza, chiarendo i doveri dell’imputato che richiede tale beneficio.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un imputato condannato con un decreto penale di condanna emesso dal Tribunale di Vicenza. L’imputato, venuto a conoscenza del provvedimento solo dopo che era diventato esecutivo, presentava un’istanza di restituzione nel termine per poter proporre opposizione. A suo dire, non aveva mai avuto effettiva conoscenza del decreto, poiché la notifica si era perfezionata per “compiuta giacenza” presso l’ufficio postale.

Il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) rigettava l’istanza. La motivazione del rigetto era netta: l’imputato si era limitato a sostenere di non aver ricevuto l’atto, senza però fornire alcun elemento concreto a supporto. Non aveva allegato circostanze specifiche che avrebbero potuto giustificare la mancata conoscenza, come l’assenza di una cassetta delle lettere, un allontanamento prolungato dalla residenza o la perdita dell’avviso di deposito. Per il GIP, l’imputato ha un “concreto onere di fornire idonee allegazioni” per dimostrare di non aver conosciuto incolpevolmente il provvedimento. Di fronte a questa decisione, i difensori dell’imputato ricorrevano in Cassazione.

La Decisione della Corte e la restituzione nel termine

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione del GIP e consolidando un orientamento giurisprudenziale ormai stabile. Il punto centrale della decisione ruota attorno all’interpretazione dell’art. 175, comma 2, del codice di procedura penale.

L’Onere di Allegazione dell’Imputato per la restituzione nel termine

Secondo la Suprema Corte, sebbene la legge presuma la mancata conoscenza in capo all’imputato condannato con decreto penale, ciò non lo esonera da un fondamentale onere di allegazione. Non è sufficiente una semplice e generica dichiarazione di non aver conosciuto l’atto. L’imputato che chiede di essere rimesso in termini deve indicare al giudice le ragioni specifiche, concrete e riscontrabili che gli hanno impedito di venire a conoscenza del provvedimento ritualmente notificatogli. In altre parole, deve fornire un “principio di prova”, deducendo una o più circostanze dalle quali si possa ragionevolmente desumere la fondatezza della sua richiesta.

La Differenza tra Onere di Allegazione e Onere della Prova

È importante distinguere l’onere di allegazione dall’onere della prova. La Corte non sta imponendo all’imputato di provare la sua “innocenza” rispetto alla mancata conoscenza. Piuttosto, gli chiede di fornire gli elementi di fatto sui quali il giudice potrà poi svolgere le necessarie verifiche. Se l’imputato adempie a questo onere, e all’esito delle verifiche del giudice non emerge una prova certa della sua effettiva e tempestiva conoscenza dell’atto, allora la restituzione nel termine deve essere concessa. Ma se, come nel caso di specie, l’imputato rimane passivo e non offre alcuna spiegazione plausibile, la sua inerzia viene interpretata come negligenza colpevole.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha motivato la sua decisione richiamando una lunga serie di precedenti conformi. Il principio generale è che, pur in assenza di un onere probatorio modellato su quello civilistico, nel processo penale esiste un onere di allegazione. L’imputato deve fornire all’ufficio giudiziario le indicazioni necessarie per l’accertamento di fatti a lui favorevoli. Sostenere che, in presenza di una notifica rituale per compiuta giacenza, l’imputato abbia sempre e comunque diritto alla restituzione nel termine, svuoterebbe di significato l’istituto e premierebbe la negligenza. La mancata conoscenza dell’atto, in assenza di allegazioni specifiche che dimostrino il contrario, è quindi ascrivibile esclusivamente alla condotta colpevole del ricorrente, che non si è attivato per ritirare l’atto giudiziario depositato presso l’ufficio postale.

Le Conclusioni

La sentenza n. 12842/2025 ribadisce con forza un principio di responsabilità processuale. La restituzione nel termine non è un automatismo, ma un rimedio eccezionale per chi, senza colpa, si è trovato impossibilitato a esercitare i propri diritti. La semplice notifica per compiuta giacenza non è, di per sé, una circostanza sufficiente per ottenere il beneficio. L’imputato ha il dovere di collaborare, allegando fatti specifici che giustifichino la sua richiesta. In mancanza, la sua inerzia è equiparata a una volontaria rinuncia a difendersi, con la conseguenza che l’istanza verrà correttamente e inevitabilmente rigettata.

È sufficiente dichiarare di non aver ricevuto un atto notificato per compiuta giacenza per ottenere la restituzione nel termine?
No, non è sufficiente. La Corte afferma che l’interessato deve adempiere a un “onere di allegazione”, indicando ragioni concrete e riscontrabili che gli abbiano impedito di venire a conoscenza dell’atto, come ad esempio l’assenza dalla residenza per un lungo periodo o la mancanza della cassetta postale.

In caso di richiesta di restituzione nel termine, chi ha l’onere di provare la mancata conoscenza del provvedimento?
L’imputato non ha un onere della prova in senso stretto, ma ha un “onere di allegazione”. Deve fornire al giudice elementi specifici (un “principio di prova”) su cui basare la richiesta. Se l’imputato adempie a questo onere, spetta al giudice verificare i fatti, e se non si raggiunge la prova positiva della conoscenza effettiva, deve concedere la restituzione.

Cosa succede se l’imputato non fornisce alcuna giustificazione specifica per la mancata conoscenza dell’atto?
Se l’imputato si limita a sostenere di non aver ricevuto l’atto senza allegare alcuna circostanza specifica, la sua inerzia viene considerata una negligenza colpevole. Di conseguenza, l’istanza di restituzione nel termine viene legittimamente rigettata, poiché la mancata conoscenza è attribuibile alla sua stessa condotta omissiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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