Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 12842 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 12842 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 01/04/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME
NOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato in India il 14/07/1992, avverso l’ordinanza del 22/01/2025 del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Vicenza. Letti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME formulava istanza ai sensi dell’art. 175, comma 2, cod. proc. pen., chiedendo di essere restituito nel termine per proporre opposizione al decreto penale di condanna n. 618 emesso nei suoi confronti il 6 giugno 2024 dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Vicenza, dichiarato esecutivo il 30 luglio 2024.
Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Vicenza, con ordinanza del 22 gennaio 2025, rigettava l’istanza, rilevando che «sussiste in capo al richiedente un concreto onere di fornire idonee allegazioni allo scopo di dimostrare di non aver conosciuto il provvedimento di condanna», e che, nel caso di specie, «il Singh si limita a sostenere di non aver ricevuto l’atto, ma non allega alcun elemento allo scopo di evidenziare che egli non aveva potuto, incolpevolmente, avere conoscenza dell’avvenuto deposito del plico presso l’ufficio postale; piø in particolare, non si assumono elementi perturbativi della procedura di notifica, ad esempio l’assenza di una cassetta delle lettere, l’allontanamento dell’imputato per lungo tempo dalla residenza, o ancora la perdita dell’avviso di deposito», evidenziando, infine, che il COGNOME risultava essere tuttora residente nello stesso luogo in cui il decreto penale di condanna gli era stato notificato.
Avverso l’ordinanza in oggetto hanno proposto tempestivo ricorso i difensori di fiducia del Singh, Avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME del foro di Brescia, deducendo «violazione di legge e vizio di motivazione del provvedimento impugnato conseguente alla nullità della notifica».
Rilevano che «manca nel caso di specie per l’imputato la conoscenza effettiva e non generica dell’atto processuale», rappresentando che «la formulazione dell’art. 175 comma 2 c.p.p., avendo previsto una sorta di presunzione iuris tantum di mancata conoscenza da parte dell’imputato della pendenza del procedimento, ha posto a carico del giudice l’onere di reperire in atti l’esistenza di una eventuale prova positiva da cui possa desumersi l’effettiva conoscenza del provvedimento di condanna, con la conseguenza che la mera regolarità formale della notifica, eseguita per compiuta giacenza, non può essere considerata dimostrativa della conoscenza del giudizio o rivelatrice della volontà del destinatario di non opporre il decreto penale di condanna»: nel caso di specie, il giudice non ha attivato i propri poteri istruttori onde verificare che il condannato abbia avuto effettiva conoscenza dell’atto, sicchØ, in mancanza di una simile prova, ed in presenza di una notifica effettuata per compiuta giacenza sul presupposto della temporanea assenza del COGNOME dal proprio domicilio, il ricorrente avrebbe dovuto essere restituito nei termini per impugnare il decreto penale di condanna.
Il Sostituto Procuratore generale ha chiesto rigettarsi il ricorso, ritenendo che, in presenza di una notifica rituale, era onere dell’istante provare di non avere avuto reale conoscenza del provvedimento senza sua colpa: evidenzia, in particolare, che «la ricezione di qualsiasi atto giudiziario richiede, in linea di principio, secondo l’id quod plerumque accidit, un’attivazione da parte di chi lo riceve, mentre nella specie il ricorrente rimaneva inerte pur se aveva ricevuto due comunicazioni (la seconda con raccomandata) che lo informavano dell’invio dell’atto giudiziario e della mancata consegna per sua temporanea assenza, con conseguente giacenza dell’atto presso l’ufficio postale ed invito a recarvisi per ritirarlo. Non risultano, da parte del ricorrente, giustificazioni circa il mancato ritiro dell’atto, per cui si verte in una situazione di negligenza in capo a quest’ultimo, ravvisabile appunto nell’inerzia, a lui addebitabile, indice di volontaria rinuncia a proporre opposizione. Non Ł invero meritevole di ottenere la restituzione in termini colui che, attraverso una volontaria scelta di non prendere conoscenza di un atto giudiziario a lui spedito, si sottrae volontariamente alla conoscenza del relativo procedimento ed in tal modo, colposamente, anche alle conseguenze di tale mancata conoscenza, la quale Ł equiparata alla volontaria rinuncia a formulare opposizione».
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł inammissibile a cagione della manifesta infondatezza del motivo che lo sostiene.
L’art. 175, comma 2, cod. proc. pen., nella formulazione risultante dalle modifiche introdotte dall’art. 11, comma 6, legge 28 aprile 2014, n. 67, prescrive che «L’imputato condannato con decreto penale, che non ha avuto tempestivamente effettiva conoscenza del provvedimento, Ł restituito, a sua richiesta, nel termine per proporre opposizione, salvo che vi abbia volontariamente rinunciato»: la ratio di questa particolare disciplina, diversa da quella piø rigorosa prevista in via generale dal primo comma del medesimo art. 175 cod. proc. pen. (che consente la restituzione in un termine stabilito a pena di decadenza solo quando la parte non l’abbia potuto rispettare per caso fortuito o per forza maggiore), si spiega con la considerazione che, nel caso del decreto penale, la condanna non Ł preceduta da un processo, nØ dalla effettiva instaurazione di un contraddittorio per la prova che abbia consentito al condannato di allestire una difesa.
Va rilevato che, prima della novella del 2014, il testo della disposizione in oggetto, risultante dalle modifiche introdotte dal d.l. 21 febbraio 2005, n. 17, convertito, con modificazioni, dalla legge
22 aprile 2005, n. 60, prevedeva che «l’imputato Ł restituito, a sua richiesta, nel termine per proporre opposizione, salvo che lo stesso abbia avuto effettiva conoscenza del procedimento A tal fine l’autorità giudiziaria compie ogni necessaria verifica»: dunque, una prospettiva differente rispetto a quella attuale (non piø ‘il condannato Ł restituito nel termine, salvo che abbia avuto effettiva conoscenza del procedimento’, ma ‘il condannato che non ha avuto effettiva conoscenza del procedimento Ł restituito nel termine’), alla quale, tuttavia, non paiono doversi riconnettere rilevanti conseguenze quanto alla dimensione operativa dell’istituto.
Ed invero, nella vigenza del pregresso testo della disposizione questa Corte ha in piø occasioni delineato a carico del soggetto interessato ad ottenere la rimessione in termini l’onere di allegazione di circostanze rilevanti ad hoc, suscettibili di verifica da parte dell’autorità giudiziaria (Sez. 2, n. 9776 del 22/11/2012, dep. 2013, El Badaoui, Rv. 254826 – 01); l’obbligo in capo al giudice di verificare l’effettività della conoscenza dell’atto e la consapevole rinuncia dell’interessato, si era detto, «sussiste non già indiscriminatamente, ma solo in quanto emergano in atti o siano dedotte situazioni tali da far ragionevolmente dubitare che, nonostante la piena ritualità della notifica, non sia stata conseguita l’effettiva conoscenza da parte del destinatario» (così, in motivazione, Sez. 5, n. 25406 del 15/02/2013, COGNOME, Rv. 256316 – 01), sicchØ il prescritto compimento da parte dell’autorità giudiziaria di «ogni necessaria verifica» presupponeva l’indicazione da parte dell’interessato delle ragioni della mancata conoscenza del provvedimento regolarmente notificato, «senza che ciò comporti l’attribuzione al richiedente dell’onere di provare le circostanze poste a fondamento della domanda» (Sez. 1, n. 2934 del 09/12/2008, dep. 2009, COGNOME, Rv. 242627 – 01), in virtø del generale principio in base al quale «chi avanza una istanza ha l’onere di documentarla e di circostanziarla, segnalando all’organo destinatario della stessa, quantomeno, la ipotesi da verificare» (così, in motivazione, Sez. 5, n. 7604 del 01/02/2011, Badara, Rv. 249515 – 01).
Anche all’indomani della interpolazione della disposizione in commento la giurisprudenza di legittimità ha continuato a pretendere, da colui che richieda la restituzione nel termine per impugnare un decreto penale di condanna ritualmente notificatogli, un onere di allegazione delle ragioni sottese alla mancata conoscenza del provvedimento.
L’orientamento si ricollega al principio generale in forza del quale nell’ordinamento processuale penale, pur non essendo previsto un onere probatorio a carico dell’imputato modellato sui principi propri del processo civile, Ł comunque prospettabile «un onere di allegazione, in virtø del quale l’imputato Ł tenuto a fornire all’ufficio le indicazioni e gli elementi necessari all’accertamento di fatti e circostanze ignoti che siano idonei, ove riscontrati, a volgere il giudizio in suo favore, fra i quali possono annoverarsi le cause di giustificazione, il caso fortuito, la forza maggiore, il costringimento fisico e l’errore di fatto» (Sez. 2, n. 20171 del 07/02/2013, Weng, Rv. 255916 – 01), principio, questo, che la giurisprudenza di legittimità ha applicato, ad esempio, in tema di scriminanti (Sez. 1, n. 12619 del 24/01/2019, COGNOME, Rv. 276173 – 02) e di circostanze attenuanti (Sez. 6, n. 13328 del 17/02/2015, COGNOME, Rv. 263075 – 01).
Secondo l’oramai consolidato orientamento di questa Corte, dunque, solo ove l’istante abbia adempiuto al proprio onere di allegazione delle ragioni sottese alla mancata conoscenza del provvedimento regolarmente notificato, il giudice, qualora non sia raggiunta la prova positiva, anche indiziaria, della tempestiva conoscenza dello stesso, Ł tenuto a disporre la restituzione nel termine per l’opposizione: in termini, da ultimo, Sez. 4, n. 6900 del 02/02/2021, Serio, Rv. 280936 – 01, ultima di una lunga serie di massime conformi, tra le quali si richiamano Sez. 5, n. 139 del 14/10/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 265678 – 01 (che ha dichiarato inammissibile il ricorso avverso l’ordinanza di rigetto della richiesta di restituzione in termini, rilevando che «il ricorrente non ha adempiuto all’onere di fornire idonee allegazioni circa le ragioni sottese alla mancata conoscenza del provvedimento regolarmente notificato non ha dedotto circostanze specifiche che avrebbero
impedito al medesimo di conseguire la conoscenza effettiva del provvedimento, restando così precluso l’accertamento da parte del giudice: il ricorso, pertanto, Ł carente di specificità»), Sez. 3, n. 23322 del 10/03/2016, COGNOME, Rv. 267223 – 01 (che ha dichiarato inammissibile il ricorso avverso l’ordinanza di rigetto della richiesta di restituzione in termini, rilevando che «l’interessato, a fronte della notificazione del decreto di condanna a mani del padre, capace e convivente , non ha dedotto per nulla circostanze specifiche, diverse da quelle ancora una volta attinenti alla pretesa nullità della notifica, che avrebbero impedito al medesimo di conseguire la conoscenza effettiva del provvedimento, restando così precluso ogni accertamento sul punto da parte del giudice») e Sez. 4, n. 3882 del 04/10/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 271944 – 01 (che, in un caso in cui il decreto penale di condanna era stato, come nel caso di specie, notificato per compiuta giacenza, ha rigettato il ricorso avverso l’ordinanza di rigetto della richiesta di restituzione in termini, rilevando che «l’imputato si Ł limitato a sostenere di non avere avuto effettiva conoscenza del decreto per propria negligenza, senza tuttavia adempiere al minimo onere di allegazione, di cui si Ł detto, sulle ragioni che gli abbiano in effetti impedito di acquisire conoscenza dell’atto»).
E’, dunque, necessario che l’istante adempia all’onere di allegazione gravante a suo carico, poichØ, in presenza della rituale notifica dell’atto, la mancata effettiva conoscenza del procedimento non può essere presunta: ove così fosse, si dovrebbe sostenere che in ogni caso in cui la notifica del decreto penale di condanna si Ł perfezionata per compiuta giacenza sussista, sempre e comunque, l’indiscriminato diritto dell’interessato che non si sia curato di ritirare l’atto di essere rimesso in termini per impugnarlo; al contrario, la restituzione nel termine presuppone che emergano dagli atti ovvero che siano dedotte dalle parti interessate situazioni tali da far ragionevolmente dubitare che, nonostante la ritualità della notifica, circostanze non ascrivibili alla negligenza dell’interessato abbiano precluso l’effettiva conoscenza dell’atto, essendo, dunque, necessario che l’interessato articoli un ‘principio di prova’, deducendo una o piø circostanze dalle quali si possa inferire ragionevolmente il fumus della richiesta di restituzione nel termine.
Calando questi generali e consolidati principi al caso di specie, si rileva che la motivazione con la quale il provvedimento impugnato ha disatteso la richiesta del condannato si colloca nel solco della giurisprudenza sopra citata: il giudice per le indagini preliminari ha preso atto della mancata allegazione di concrete e riscontrabili ragioni che abbiano impedito al COGNOME di venire a conoscenza del decreto penale di condanna, ritualmente notificatogli presso quello che ancora oggi risulta essere il suo domicilio, sicchØ, in assenza di opportune allegazioni, deve ritenersi che la mancata effettiva conoscenza dell’atto sia ascrivibile esclusivamente alla colpevole negligenza dell’odierno ricorrente.
Non sussistendo, a differenza di quanto erroneamente ipotizzato dal ricorrente, alcun onere da parte del giudice «di reperire in atti l’esistenza di una eventuale prova positiva da cui possa desumersi l’effettiva conoscenza del provvedimento di condanna», l’istanza Ł stata correttamente ed inevitabilmente rigettata, in ossequio al principio di diritto che può essere così formulato: «In tema di restituzione nel termine per proporre opposizione a decreto penale di condanna, ove l’istante non adempia all’onere di allegare le ragioni della mancata effettiva conoscenza del provvedimento ritualmente notificatogli, l’autorità giudiziaria può legittimamente rigettare l’istanza senza compiere alcuna verifica in proposito».
Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente di sostenere, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., le spese del procedimento.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000 e
considerato che non v’Ł ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza «versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», si dispone che il ricorrente versi, in favore della Cassa delle ammende, la somma, determinata in via equitativa, di € 3.000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 01/04/2025.
Il Presidente NOME COGNOME