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Restituzione nel termine: la tardività è fatale

Un soggetto ha richiesto la restituzione nel termine per impugnare una sentenza che, pur dichiarando l’estinzione del reato per oblazione, aveva disposto la confisca di un bene. La Corte di Cassazione ha dichiarato l’istanza inammissibile perché presentata oltre il termine perentorio di dieci giorni dalla data in cui l’interessato ha avuto effettiva conoscenza del provvedimento, sottolineando l’importanza del rispetto dei tempi processuali.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Restituzione nel Termine: Il Rischio della Tardività

La restituzione nel termine è un istituto fondamentale della procedura penale, un’ancora di salvezza per chi, a causa di un evento imprevedibile o di forza maggiore, non ha potuto esercitare un proprio diritto entro i tempi stabiliti dalla legge. Tuttavia, l’accesso a questo strumento è subordinato a regole precise, la cui violazione può essere fatale. Un’ordinanza della Corte di Cassazione ci ricorda quanto sia cruciale il rispetto del termine di dieci giorni per la presentazione dell’istanza, una volta venuti a conoscenza del provvedimento da impugnare.

Il Caso in Esame

La vicenda trae origine da una sentenza emessa dal Giudice per le indagini preliminari. Con tale provvedimento, si dichiarava l’improcedibilità per estinzione del reato (una contravvenzione in materia di armi) a seguito del pagamento dell’oblazione da parte dell’imputato. La sentenza, però, disponeva anche la confisca di una carabina sequestrata.

L’imputato sosteneva di non aver mai ricevuto notifica di questa sentenza, emessa de plano (cioè senza udienza) dopo il pagamento. Venuto a conoscenza del provvedimento solo in un secondo momento, presentava un’istanza di restituzione nel termine per poter impugnare la parte della sentenza relativa alla confisca del bene.

Secondo la sua difesa, la mancata notifica costituiva una causa di forza maggiore che gli aveva impedito di agire tempestivamente. L’istanza, originariamente presentata al GIP, veniva trasmessa per competenza alla Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte Suprema ha dichiarato l’istanza inammissibile per tardività. Gli Ermellini hanno ritenuto che, anche accogliendo la prospettazione del ricorrente, la richiesta fosse stata presentata ben oltre il termine perentorio stabilito dalla legge.

Le Motivazioni della Decisione sulla restituzione nel termine

Il cuore della decisione risiede nell’applicazione rigorosa dell’art. 175, comma 1, del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce che l’istanza di restituzione nel termine deve essere proposta entro dieci giorni dal momento in cui è cessato il fatto che ha impedito l’azione (il caso fortuito o la forza maggiore).

Nel caso specifico, la Corte ha osservato che:

1. Il Momento della Conoscenza Effettiva: La giurisprudenza è costante nell’affermare che il termine per la richiesta decorre non da una notifica formale, ma dal momento in cui l’interessato ha avuto effettiva conoscenza del provvedimento che intende impugnare. È onere del richiedente allegare tale momento, mentre spetta al giudice verificarne la veridicità.

2. Il Calcolo del Termine: Lo stesso ricorrente aveva dichiarato di aver appreso dell’esistenza e del contenuto della sentenza in data 17 aprile 2024, tramite i suoi difensori che avevano visionato il fascicolo presso la cancelleria del Tribunale. Di conseguenza, il termine di dieci giorni per presentare l’istanza iniziava a decorrere da quella data.

3. La Tardività dell’Istanza: L’istanza è stata depositata solo il 17 maggio 2024, un mese dopo la data di effettiva conoscenza. Questo ritardo ha reso la richiesta irrimediabilmente tardiva e, quindi, inammissibile, senza che la Corte potesse entrare nel merito delle ragioni addotte.

Un aspetto interessante riguarda le spese processuali. La Corte, richiamando un orientamento consolidato, ha deciso di non condannare il ricorrente al pagamento delle spese, poiché l’istanza di restituzione nel termine non costituisce un vero e proprio giudizio di impugnazione, rendendo inapplicabile la relativa norma sanzionatoria.

Le Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio cardine della procedura penale: la certezza dei rapporti giuridici passa anche attraverso il rispetto inderogabile dei termini processuali. La restituzione nel termine è uno strumento eccezionale, non una via per sanare negligenze o ritardi. Il momento in cui si acquisisce conoscenza effettiva di un provvedimento giudiziario è il punto di partenza da cui scattano oneri e decadenze. La decisione sottolinea l’importanza per le parti e i loro difensori di agire con la massima tempestività non appena vengono a conoscenza di un atto per loro pregiudizievole, poiché il superamento del breve termine di dieci giorni preclude ogni possibilità di recupero.

Entro quanto tempo si deve presentare l’istanza di restituzione nel termine?
L’istanza deve essere presentata nel termine perentorio di dieci giorni, che decorre dal giorno in cui è cessato il fatto costituente caso fortuito o forza maggiore.

Da quando decorre il termine di dieci giorni se non si è ricevuta la notifica formale della sentenza?
Il termine decorre dal momento in cui si ha avuto effettiva conoscenza del provvedimento. Nel caso specifico, la conoscenza è stata provata dalla data in cui i difensori hanno avuto accesso agli atti presso la cancelleria del tribunale.

Se la richiesta di restituzione nel termine è dichiarata inammissibile, si devono pagare le spese processuali?
Secondo l’orientamento citato in questa ordinanza, no. La Corte ha stabilito che la richiesta di restituzione nel termine non è un giudizio di impugnazione, pertanto non si applica la norma che prevede la condanna alle spese in caso di inammissibilità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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