Restituzione nel Termine: Guida alla Competenza del Giudice secondo la Cassazione
L’istituto della restituzione nel termine rappresenta un’ancora di salvezza nel processo penale, consentendo di rimediare a scadenze perentorie mancate per cause non imputabili alla parte. Tuttavia, per avvalersene correttamente, è cruciale adire il giudice competente. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 28017/2024) fa luce proprio su questo aspetto, chiarendo in modo inequivocabile a chi spetta decidere su un’istanza di questo tipo quando è presentata dopo l’emissione della sentenza.
I Fatti del Processo
Il caso trae origine dalla richiesta di un imputato di essere rimesso nei termini per proporre impugnazione avverso una sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Pisa. La domanda era stata presentata alla Corte di Appello di Firenze, la quale l’aveva respinta con un’ordinanza.
Contro questa decisione, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, sollevando un’unica, ma fondamentale, questione di diritto: la violazione delle norme sulla competenza funzionale. Secondo la difesa, la competenza a decidere sulla richiesta di restituzione nel termine non spettava alla Corte di Appello, ma al Tribunale di Pisa, ovvero il giudice che aveva emesso la sentenza di primo grado.
La Questione sulla Competenza per la Restituzione nel Termine
Il cuore della controversia risiedeva nell’interpretazione dell’articolo 175 del codice di procedura penale. La norma disciplina la restituzione nel termine, ma la sua applicazione pratica può generare dubbi su quale sia l’autorità giudiziaria competente a pronunciarsi, specialmente quando la richiesta viene avanzata dopo la conclusione di un grado di giudizio.
Il ricorrente sosteneva che il giudice naturale per valutare l’impedimento a impugnare fosse lo stesso che aveva emesso la decisione da gravare. La Corte di Cassazione è stata quindi chiamata a risolvere questo dilemma procedurale, confermando un principio consolidato ma evidentemente ancora oggetto di incertezze.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza, fornendo una motivazione chiara e lineare. Gli Ermellini hanno ribadito che, ai sensi dell’art. 175 c.p.p., quando la richiesta di restituzione nel termine per proporre impugnazione viene presentata dopo l’emissione della sentenza, la competenza è attribuita per legge al giudice «che sarebbe competente sulla impugnazione».
In altre parole, non si deve guardare al giudice che ha emesso il provvedimento, ma a quello che avrebbe dovuto riceverlo se l’impugnazione fosse stata tempestiva. Nel caso di specie, poiché si intendeva impugnare una sentenza del Tribunale di Pisa, il giudice competente per il gravame era, senza alcun dubbio, la Corte di Appello di Firenze. Di conseguenza, la Corte di Appello era anche l’organo corretto per decidere sulla richiesta di rimessione in termini.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza
La decisione ha importanti implicazioni pratiche. In primo luogo, stabilisce un criterio chiaro per gli operatori del diritto, eliminando ambiguità sulla competenza. In secondo luogo, evidenzia le conseguenze di un ricorso infondato. La dichiarazione di inammissibilità ha comportato non solo la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una sanzione pecuniaria di tremila euro a favore della cassa delle ammende. Questo, come specificato dalla Corte, avviene quando non vi sono elementi per escludere la colpa del ricorrente nel determinare la causa di inammissibilità. La sentenza serve quindi da monito sull’importanza di incardinare correttamente le istanze processuali per non incorrere in sanzioni e per garantire l’effettività della tutela giurisdizionale.
A chi spetta decidere sulla richiesta di restituzione nel termine per proporre un’impugnazione, se presentata dopo la sentenza?
La competenza è attribuita per legge al giudice che sarebbe competente a decidere sull’impugnazione stessa. Ad esempio, per un’impugnazione contro una sentenza di Tribunale, il giudice competente è la Corte d’Appello.
Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto manifestamente infondato perché la tesi del ricorrente sulla competenza del giudice di primo grado era in palese contrasto con quanto stabilito dall’art. 175 del codice di procedura penale, che individua la competenza nel giudice dell’impugnazione.
Quali sono le conseguenze per il ricorrente quando un ricorso viene dichiarato inammissibile per sua colpa?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende, il cui importo viene determinato dal giudice in base alle circostanze (nel caso di specie, tremila euro).
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 28017 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 28017 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 26/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME NOME DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 11/10/2022 della CORTE APPELLO di FIRENZE
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME; lette/se9.tite le conclusioni del PG GLYPH CARD-WL:3 ret t . -e ..t.; COGNOMEcouo
IN FATTO E IN DIRITTO
Con ordinanza resa in data 11 ottobre 2022 la Corte di Appello di Firenze h respinto la domanda di restituzione nel termine per proporre impugnazione (relativa alla sentenza emessa dal Tribunale di Pisa in data 12 dicembre 201 introdotta da NOME.
Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione – nelle forme d legge – NOME
2.1 II ricorrente deduce violazione di legge in punto di competenza funzionale. afferma che ad essere competente era il Tribunale di Pisa.
Il ricorso va dichiarato inammissibile per la manifesta infondatezza dei moti addotti.
Ed invero, pacificamente, la domanda di restituzione nel termine per proporr impugnazione – di cui all’art. 175 cod.proc.pen. – ove presentata (come nel ca in esame) dopo la emissione della sentenza , è attribuita per legge alla competenza del giudice «che sarebbe competente sulla impugnazione» . Nel caso in esame si tratta, appunto, della Corte di Appello di Firenze.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condan del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi at ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, versamento a favore della cassa delle ammende di una sanzione pecuniaria che pare congruo determinare in euro tremila, ai sensi dell’ art. 616 cod. proc. pe
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spe processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in data 26 marzo 2024