Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 24713 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 24713 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 06/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato a Catania il 23/03/1955, avverso l ‘ordina nza del 15/07/2024 della Corte di appello di Catania; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni rassegnate dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, dott. NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 15 luglio 2024, la Corte di appello di Catania dichiarava inammissibile, perché tardivo, l’appello proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenza del 4 maggio 2023, con la quale il Tribunale di Catania aveva condannato l’imputato alla pena di anni 3 e mesi 5 di reclusione, in quanto ritenuto colpevole del reato di cui all’art. 7, commi e 2, della legge n. 26 del 2019, commesso in Catania in epoca compresa tra l’ ottobre 2019 e il 7 ottobre 2020.
Avverso l’ordinanza della Corte di appello etnea, COGNOME tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando un unico motivo, con cui la difesa deduce l ‘errone a applicazione del l’ art. 175 cod. proc. pen., evidenziando che l’imputato ha avuto reale conoscenza del procedimento penale definito con la sentenza di primo grado solo il 17 maggio 2024, tramite la notifica a mezzo pec del provvedimento di esecuzione di pene concorrenti emesso dalla Procura della Repubblica di Catania, essend o egli detenuto a Terni a far data dall’8 giugno 2022 . Durante la predetta detenzione, COGNOME è rimasto all’oscuro della celebrazione del processo a suo carico, non avendo ricevuto né notifiche in carcere, né ordini di traduzione, né comunicazioni dal difensore d’ufficio nominato dal Tribunale. Con tali circostanze, esposte nell’atto di appello e nella contestale richiesta di
restituzione nel termine, la Corte territoriale avrebbe omesso di confrontarsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato e riproduttivo di una questione già adeguatamente affrontata dalla Corte territoriale.
In via preliminare, occorre premettere che , con una prima ordinanza dell’11 luglio 2024, la Corte di appello ha rigettato l’istanza di restituzione nel termine presentata il 27 maggio 2024 nell’interesse di NOME COGNOME non avendo l’imputato dato prova di non avere avuto conoscenza del processo senza colpa.
È stato in tal senso sottolineato che , all’inizio del procedimento, COGNOME , nel verbale di identificazione del 3 maggio 2021, aveva eletto domicilio presso la sua residenza di Acicatena, alla INDIRIZZO dove era stata tentata la notifica del decreto di citazione per il giudizio di primo grado, poi perfezionatasi tramite compiuta giacenza, trovandosi l’imputato, al tempo della notifica, avvenuta l’8 marzo 2022, in regime di libertà, essendo sopravvenuta la sua detenzione in carcere solo in data 8 giugno 2022, per cui sarebbe stato onere di COGNOME messo regolarmente a conoscenza del processo, informare l’Autorità giudiziaria, in vista della prima udienza del 20 ottobre 2022 e di quelle successive, della sua condizione di restrizione presso la Casa circondariale di Terni, anche tramite il difensore.
Conseguentemente, con una seconda ordinanza del 15 luglio 2024, la Corte di appello ha dichiarato tardivo l’appello proposto dall’imputato il 27 maggio 2024, contestualmente all’istanza di restituzione nel termine, rilevando che il termine per impugnare la sentenza di primo grado era spirato il 19 giugno 2023.
Tanto premesso, ritiene il Collegio che l’impostazione d ella Corte territoriale sia immune da censure.
2.1. Deve innanzitutto rilevarsi che l’ istanza di restituzione nel termine proposta dal ricorrente è regolata dall ‘ art. 175, comma 2, cod. proc. pen., introdotto dall ‘ art. 11, comma 1, lett. b), n. 1, del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, in quanto la sentenza da impugnare è stata emessa dal Tribunale il 4 maggio 2023. L ‘ art. 89, comma 3,del d.lgs. n. 150 del 2022, infatti, espressamente prevede, al comma terzo, che «le disposizioni degli articoli 157ter , comma 3, 581, commi 1ter e 1quater , e 585, comma 1bis , del codice di procedura penale si applicano per le sole impugnazioni proposte avverso sentenze pronunciate in data successiva a quella di entrata in vigore del presente decreto. Negli stessi casi si applicano anche le disposizioni dell ‘ articolo 175 del codice di procedura penale, come modificato dal presente decreto». Dunque, la disposizione transitoria di cui all ‘ art. 89, comma 3, del d.lgs. n. 150 del 2022, si applica a partire dal 31 dicembre 2022, secondo quanto previsto dall ‘ art. 99bis del decreto legge 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, nella legge 30 dicembre 2002, n. 199.
Ora, come già precisato da questa Corte (cfr. Sez. 6, n. 1283 del 20/11/2024, dep. 2025, Rv. 287420), la restituzione nel termine per proporre impugnazione, ai sensi dell’art. 175, comma 2.1, cod. proc. pen, introdotto dall’art. 11, comma 1, lett. b), n. 1, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, deve essere accordata nei casi di assenza dichiarata legittimamente, quando non fondata su elementi di certezza, ma ritenuta provata dal giudice, ovvero derivante da sottrazione volontaria, allorché l’imputato provi di non aver avuto conoscenza della pendenza del giudizio e di non aver potuto proporre impugnazione senza sua colpa. Le due condizioni di ammissibilità, in coerenza con il complessivo sistema dei rimedi normativamente previsto, hanno lo scopo di precludere l ‘ utilizzo di tale strumento processuale all ‘ imputato che, pur formalmente assente, ha successivamente avuto conoscenza della pendenza del processo in tempo utile per intervenire, avvalendosi dei rimedi interni alla fase, e, soprattutto, per proporre impugnazione nei termini ordinari.
Attraverso la nuova disciplina della restituzione nel termine e della rescissione del giudicato, il legislatore delegato ha pertanto adottato uno schema binario, in base al quale la restituzione nel termine per impugnare è esperibile nei soli casi di assenza dichiarata legittimamente allorché l ‘ imputato provi di non aver avuto conoscenza della pendenza del giudizio e di non aver potuto proporre impugnazione senza sua colpa; l ‘ istituto della rescissione del giudicato è, invece,
applicabile ai soli casi di erronea dichiarazione di assenza in mancanza dei presupposti previsti dall ‘ art. 420 bis cod. proc. pen.
2.2. Orbene, così delineato il perimetro applicativo dell’istituto invocato dal ricorrente, deve osservarsi che la Corte territoriale ha operato una valutazione non irrazionale dei dati processuali disponibili, valorizzando, al di là della regolarità formale della notifica dell’atto di vocatio in iudicium , il fatto che COGNOME ha avuto diretta conoscenza del procedimento penale e del tenore dell’imputazione elevata a suo carico, circoscritta dal punto di vista spazio-temporale, eleggendo domicilio presso la sua residenza nel verbale di identificazione della Guardia di Finanza di Acireale del 3 maggio 2021, in cui ha indicato anche il suo recapito telefonico. Pertinente risulta anche il richiamo dei giudici di appello alla circostanza che l’imputato fosse libero al momento della notifica del decreto che dispone il giudizio, essendo la detenzione sopravvenuta solo alcuni mesi dopo, senza che COGNOME (al quale peraltro era stato designato un difensore d’ufficio nel richiamato verbale di identificazione) si sia mai interessato delle sorti del procedimento instaurato a suo carico, integrando tale complessiva condotta un profilo di colpa ritenuto, in maniera non irragionevole, ostativo all’accoglimento dell’istanza difensiva .
Di qui la manifesta infondatezza delle obiezioni sollevate nell’odierna impugnazione, che non si confrontano adeguatamente con le argomentazioni non illogiche della Corte territoriale. Ne consegue che il ricorso proposto nell’interesse di Patanè deve essere dichiarato pertanto inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ex art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto conto, infine, della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza ‘versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità’, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 06.03.2025