Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 7329 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 7329 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 14/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME, nato in Romania il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 22/06/2023 del TRIBUNALE DI ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Ritenuto in fatto
Con ordinanza del 22 giugno 2023 il Tribunale di Roma, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha respinto l’istanza del condannato NOME di dichiarazione di nullità del titolo esecutivo ex art. 670 cod. proc. pen. e restituzione nel termine ex art. 175 cod. proc. pen. per impugnare la sentenza del Tribunale di Roma del 29 marzo 2017, irrevocabile il 26 settembre 2017, con cui il ricorrente è stato condannato alla pena di 9 anni di reclusione per il reato degli artt. 56, 575, 577 cod. pen.
In particolare, il giudice dell’esecuzione ha rilevato che l’istanza di restituzione nel termine doveva essere respinta sia perché proposta a giudice incompetente, dovendo essere incardinata davanti al giudice dell’impugnazione, sia perché tardiva, dovendo essere proposta entro il termine di 10 giorni da quello in cui è intervenuta la conoscenza della sentenza che si chiede di impugnare; l’istanza di
dichiarazione di nullità del titolo esecutivo doveva, invece, essere respinta perché le nullità relative alla partecipazione dell’imputato e del difensore al procedimento non possono essere dedotte con lo strumento invocato.
Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso il condannato, per il tramite del difensore, con i seguénti motivi.
Con il primo motivo deduce violazione di legge, con riferimento alla parte di motivazione con cui è stata rigettata l’istanza di restituzione nel termine per essere stata proposta a giudice incompetente, rilevando che l’art. 670, comma 3, cod. proc. pen. dispone che quando, come nel caso in esame, sono presentate congiuntamente l’istanza di rimessione in termini e quella sul titolo esecutivo, il giudice di quest’ultimo diventa anche il giudice della restituzione nel termine.
Con il secondo motivo deduce violazione di legge, con riferimento alla parte di motivazione con cui è stata rigettata l’istanza di restituzione nel termine per essere stata proposta tardivamente, rilevando che ai sensi dell’art. 175, comma 2-bis, cod. proc. pen. il termine entro cui presentare l’istanza è di 30 giorni decorrenti dalla conoscenza del provvedimento da impugnare, termine da ritenere rispettato perché nel caso in esame esso doveva essere fatto decorrere dalla data del provvedimento della Corte d’appello che aveva respinto l’istanza di rescissione del giudicato.
Con requisitoria scritta il Procuratore Generale, NOME COGNOME, ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è infondato.
L’ordinanza impugnata sviluppa un percorso motivazionale che passa attraverso due itinerari in prima analisi alternativi – l’incompetenza del giudice adito e la tardività -, però con il secondo che, nella sostanza, ha finito per superare il primo.
Invero, al di là del, poi superato, riferimento all’eventuale incompetenza, il giudice dell’esecuzione, ha divisato di essere legittimato a emettere il provvedimento reiettivo, nel contesto della complessiva prospettazione svolta dall’istante, e si è concretamente determinato a verificare, quale giudice nei fatti competente, se sussistessero le condizioni dell’azione finalizzata alla restituzione del termine per impugnare ai sensi dell’art. 175 cod. proc. pen., in relazione al disposto dell’art. 670 cod. proc. pen.
Quindi, essendo stato, nella complessiva struttura del provvedimento impugnato, superato dal Tribunale l’ostacolo pregiudiziale della sussistenza della sua competenza, deriva che è stata la seconda ratio decidendi, quella basata sulla tardività dell’istanza, a determinare la reiezione della medesima.
Posto ciò, la doglianza con cui la difesa ha contestato tale tardività, corrispondente al secondo motivo, si rivela infondata.
Il ricorrente, infatti, ritiene che sia applicabile al caso in esame il termine di 30 giorni di cui all’art. 175, comma 2-bis, cod. proc. pen., che disciplina la procedura di restituzione nel termine dell’imputato assente di cui al comma 2.1. della stessa norma, introdotto dal d.lgs. 30 ottobre 2002, n. 150.
La procedura di restituzione nel termine dell’imputato assente, però, non è invocabile nel caso in esame, perché per espressa previsione dell’art. 89, comma 3, d.lgs. n. 150 del 2022, essa può essere utilizzata soltanto per la impugnazione di sentenze emesse dopo l’entrata in vigore della norma (“le disposizioni degli articoli 157-ter, comma 3, 581, commi 1-ter e 1-quater, e 585, comma 1-bis, del codice di procedura penale si applicano per le sole impugnazioni proposte avverso sentenze pronunciate in data successiva a quella di entrata in vigore del presente decreto. Negli stessi casi si applicano anche le disposizioni dell’articolo 175 del codice di procedura penale, come modificato dal presente decreto”; sull’interpretazione del nuovo testo dell’art. 175 cod. proc. pen. v. anche Sez. 2, n. 20899 del 24/02/2023, Delfino, Rv. 284704), tra le quali non è annovera bile la sentenza del Tribunale di Roma del 29 marzo 2017, oggetto dell’istanza respinta. nel caso in esame, dal giudice dell’esecuzione.
Ne consegue che correttamente il giudice dell’esecuzione ha applicato all’istanza del ricorrente il testo previgente dell’art. 175 cod. proc. pen., che disciplinava soltanto due procedure di restituzione nel termine, quella ordinaria di cui al comma 1 (termine non osservato per caso fortuito o forza maggiore), e quella speciale del comma 2 (termine per l’opposizione al decreto penale di cui il condannato non ha avuto effettiva conoscenza), prevedendo per la prima un termine breve di 10 giorni (decorrente dalla cessazione del fatto impeditivo) e per la seconda un termine lungo di 30 giorni (decorrente dalla effettiva conoscenza del decreto penale).
All’istanza in esame poteva al più applicarsi soltanto la disposizione del comma 1, interpretando l’istanza come deduzione del mancato rispetto di un termine per una situazione di forza maggiore; ne consegue che il termine per il deposito dell’istanza era di 10 giorni, come correttamente rilevato dal giudice dell’esecuzione.
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E tale termine, come si desume anche dalla struttura del motivo delibato (che ha reclamato l’applicazione del diverso termine di 30 giorni), è risultato decorso senza la tempestiva attivazione del rimedio restitutorio.
L’unico motivo volto a contrastare la ragione determinante della decisione è, pertanto, infondato.
Ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., alla decisione di rigetto consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 14 dicembre 2023 Il consigliere estensore COGNOMEIl pr siden e