Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 13815 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 13815 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CURATELA FALLIMENTO RAGIONE_SOCIALE
avverso l’ordinanza del 09/10/2023 del TRIBUNALE di NAPOLI NORD udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Procuratore generale, NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
L’ordinanza impugnata è stata pronunziata dal Tribunale di Napoli Nord all’udienza dibattimentale del 9 ottobre 2023, nel processo a carico di NOME per il reato di bancarotta fraudolenta per il fallimento RAGIONE_SOCIALE“.
Con detto provvedimento, il Collegio di primo grado ha respinto la richies di restituzione nel termine ex art. 175, comma 1, cod. proc. pen., avanzata dalla curatela del fallimento predetto ai fini della costituzione di parte civile.
Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione la curatel della “RAGIONE_SOCIALE“, con il ministero del difensore nominato AVV_NOTAIO.
2.1. Il primo motivo di ricorso lamenta inosservanza dell’art. 175, comma 1, ultima parte, cod. proc. pen. e vizio di motivazione quanto all’individuazione del termine di decadenza per la presentazione dell’istanza di rimessione in termini. In sostanza – si sostiene nel ricorso – il Collegio di primo grado avrebbe errato nell’individuare quale dies a quo del termine decadenziale il 17 ottobre 2022, quale momento in cui la curatela aveva certamente conoscenza del procedimento a carico della COGNOME per aver presentato richiesta di autorizzazione al Giudice Delegato per la costituzione di parte civile all’imminente prima udienza dibattimentale.
L’errore risiederebbe nel fatto che il dies a quo non è quello della conoscenza della sola esistenza del procedimento, ma quello della compiuta conoscenza di tutti i suoi atti – nella specie: avviso dell’udienza preliminare, verbali di udienza, atti delle indagini preliminari e verbali di assunzione di prove – data la nuova esigenza di adeguare l’atto di costituzione di parte civile in vista della possibile evoluzione ex art. 573, comma 1-bis cod. proc. pen.
Il Tribunale, inoltre non avrebbe tenuto conto che il curatore aveva la necessità di ottenere l’autorizzazione del Giudice delegato, autorizzazione nella specie deliberata solo il 28 dicembre 2022 e solo grazie alla quale fu possibile interloquire con il Tribunale e ottenere, dopo la richiesta di presentazione dell’istanza di rimessione in termini, il completo accesso agli atti de procedimento.
2.2. Il secondo motivo di ricorso deduce inosservanza degli artt. 419, commi 1 e 7, 429, comma 4 in relazione agli artt. 178 e 180 cod. proc. pen. perché il Tribunale di Napoli Nord, nel rigettare la richiesta di rimessione in termini, non ha considerato che vi era stata omessa notifica alla persona offesa, il che avrebbe determinato una nullità a regime intermedio del decreto di rinvio a giudizio e della stessa udienza preliminare.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è, nel suo complesso, infondato e va, pertanto, respinto.
Il primo motivo di ricorso è infondato.
1.1. Trattandosi di questione processuale, questa Corte ha accesso agli atti del procedimento inviati dal Giudice a quo e può decidere anche con argomentazioni diverse da quelle adottate dal Tribunale.
Una siffatta impostazione del giudizio di questa Corte trova legittimazione nella giurisprudenza di legittimità – che il Collegio condivide secondo cui «qualora sia sottoposta al vaglio del giudice di legittimità la correttezza di una
decisione in rito, la Corte stessa è giudice dei presupposti della decisione, sulla quale esercita il proprio controllo, quale che sia il ragionamento esibito per giustificarla» (Sez. 5, n. 17979 del 05/03/2013, COGNOME e NOME, Rv. 255515; in termini, Sez. 5, n. 15124 del 19/03/2002, COGNOME NOME ed NOME, Rv. 221322). Per addivenire a questo risultato, alla Corte di cassazione è riconosciuto il ruolo di Giudice «anche del fatto», che, per risolvere la questione in rito, può e deve accedere all’esame dei relativi atti processuali, viceversa precluso quando si tratti di vizio di motivazione ex art. 606.1 lett. e), cod. proc. pen. (Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001, COGNOME, Rv. 220092; Sez. 3, n. 24979 del 22/12/2017, dep. 2018, F e NOME, Rv. 273525; Sez. 1, n. 8521 del 09/01/2013, COGNOME, Rv. 255304).
Ne consegue – come anticipato – che questa Corte, in presenza di una censura di carattere processuale, può e deve prescindere dalla motivazione addotta dal Giudice a quo a sostegno della scelta avversata dal ricorrente e, anche accedendo agli atti, deve valutare la correttezza in diritto della decisione adottata, quand’anche non correttamente giustificata.
Proprio in ragione di questa prerogativa del Giudice di legittimità è bene chiarire preliminarmente che non è stato possibile esaminare l’istanza di rimessione in termini, giacché essa non è contenuta nel fascicolo, né acclusa al ricorso, in quanto l’allegato 3 che avrebbe dovuto corrispondervi reca l’istanza di autorizzazione alla costituzione di parte civile rivolta al Giudice delegato e la sola – PEC di trasmissione al Tribunale dell’istanza ex art. 175 cod. proc. pen.
1.2. Ebbene, alla luce degli atti disponibili, il Collegio reputa che il Tribuna abbia errato quando ha individuato il dies a quo rilevante ai sensi dell’art. 175, comma 1, cod. proc. pen. in quello in cui la curatela aveva avuto conoscenza del procedimento (quindi il 17 ottobre 2022, quando aveva presentato istanza di autorizzazione al Giudice Delegato), giacché il testo della norma citata individua, come momento rilevante per il computo dei dieci giorni, quello in cui «è cessato il fatto costituente caso fortuito o forza maggiore». E, nel caso di specie, è indiscutibile che, in assenza dell’autorizzazione del Giudice delegato e fino a quando quest’ultimo non si fosse pronunziato, la curatela non avrebbe potuto autonomamente prendere l’iniziativa di costituirsi parte civile. Tanto premesso, poiché detta autorizzazione è intervenuta – come documentato dagli allegati al ricorso il 28 dicembre 2022, è da quest’ultima data che vanno computati i dieci giorni entro i quali la richiesta di rimessione in termini andava presentata.
Ne consegue che, pur essendo necessario correggere la motivazione del Tribunale, la richiesta ex art. 175 cod. proc. pen., presentata via pec 1’8 giugno 2023, è comunque tardiva siccome trasmessa oltre i dieci giorni dall’eliminazione dell’ostacolo che costituiva una causa di forza maggiore impeditiva della
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costituzione di parte civile e, di conseguenza, dell’istanza di rimessione in termini che ne costituiva il presupposto, data la fase avanzata del procedimento in cui l’intervento della curatela si inseriva.
1.3. Non vale, a smentire detta conclusione, la circostanza agitata dalla parte ricorrente, secondo cui il termine di decadenza di cui all’art. 175, comma 1, cod. proc. pen. andrebbe calcolato a partire da quello di compiuta conoscenza degli atti.
In primo luogo, è la stessa istanza di autorizzazione rivolta al Giudice delegato il 17 ottobre 2022 che testimonia che, prima di presentarla, il curatore aveva comunque ottenuto copia di atti rilevanti, quantomeno con riferimento al rinvio a giudizio dell’imputata.
In secondo luogo, la necessità eventuale della parte istante di completare il corredo documentale per formulare le proprie valutazioni non può comprimere l’esigenza di certezza dei rapporti processuali sottesa alla norma invocata, che, NOMEmenti, vedrebbe posta nel nulla la perentorietà del termine ivi previsto e si presterebbe ad interpretazioni disancorate da dati obiettivi e collegate al dato aleatorio del tempo necessario a ciascuno per documentarsi e per vagliare l’opportunità di svolgere l’attività processuale cui l’istanza di rimessione i termini è propedeutica.
Peraltro è la stessa parte ricorrente che afferma che le interlocuzioni con il Tribunale e l’accesso agli atti furono possibili dopo la presentazione dell’istanza di rimessione in termini, il che, da una parte, pare smentire la deduzione della parte ricorrente secondo cui la richiesta ex art. 175 cod. proc. pen. non potesse essere presentata senza avere un corredo documentale completo e che il ritardo nella sua presentazione fosse dovuto alla necessità di previo esame di tutti gli atti; e, dall’altra, alimenta le perplessità circa le ragioni per cui l’istan ex art. 175 cod. proc. pen. con la conseguente dedotta possibilità di accedere agli atti che vi si sarebbe imprescindibilmente ricollegata – non fosse stata presentata nei dieci giorni dall’autorizzazione del Giudice delegato.
Il secondo motivo di ricorso GLYPH che eccepisce la nullità a regime intermedio del decreto di rinvio a giudizio e dell’udienza preliminare per omessa notifica alla persona offesa – è inammissibile per due concorrenti ragioni.
2.1. Dal materiale a disposizione può innanzitutto evincersi (cfr. pag. 5 del verbale, laddove il difensore insiste nella richiesta di restituzione nel termine che il petitum rivolto al Tribunale era la rinnessione in termini ai sensi dell’art. 175 cod. proc. pen. per la costituzione di parte civile e che, su questa istanza, si è pronunziato il Collegio di merito. Ne consegue che dolersi oggi della mancata notifica del decreto che dispone il giudizio o degli atti prodromici all’udienza
preliminare significa introdurre un tema diverso – concernente la nullità degli atti che avevano preceduto l’inizio del dibattimento – rispetto a quello posto al Tribunale, che mirava non già ad agitare il vizio processuale per far valere la nullità, ma solo a segnalare come, a cagione del deficit di contraddittorio con la persona offesa, a quest’ultima dovesse essere concessa la possibilità di inserirsi nel processo in corso oltre i termini di legge.
2.2. La seconda ragione che conduce a ritenere inammissibile la doglianza in esame è data dalla mancanza di uno strumento impugnatorio praticabile in questa fase.
Quand’anche volesse prescindersi dalla diversità del tema della nullità rispetto a quello della rimessione in termini, infatti, quello che oggi la ricorren contesta è il mancato rilievo, da parte del Tribunale, della nullità generatasi nella fase dell’udienza preliminare ovvero la mancata integrazione del contraddittorio effettuata dal Tribunale in sede di verifica della regolare costituzione delle parti scelte processuali che, ai sensi dell’art. 586 cod. proc. pen., non essendo NOMEmenti previsto, possono essere oggetto di impugnazione solo in uno alla sentenza che conclude il grado in cui tali scelte sono state assunte. Si sottrae a questa regola generale il provvedimento impugnato in quanto la specifica disciplina prevista per il procedimento di cui all’art. 175 codice di rito prevede l possibilità, ai sensi del comma 6, di proporre immediatamente ricorso per cassazione contro il provvedimento reiettivo dell’istanza.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna della parte civile ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 12/03/2024.