Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 30359 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 30359 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/07/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
Sent. n. sez. 2306/2025
– Relatore –
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
sul ricorso proposto da:
avverso l’ordinanza in data 18/03/2025 del Tribunale di Pescara
Lette le conclusioni rassegnate dal Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
Con l’ordinanza in epigrafe, emessa il 18 marzo 2025, il Tribunale di Pescara, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha dichiarato inammissibile l’istanza proposta nell’interesse di NOME COGNOME avente ad oggetto, in via principale, la declaratoria di nullità recte di non esecutività – della sentenza di condanna pronunciata dallo stesso Tribunale in data 21.09.2016, irrevocabile il 17.06.2022, e del connesso ordine di esecuzione di cui al mandato di arresto europeo emesso dal Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello dell’Aquila n. 01/2023, per essere stato dichiarato COGNOME, all’esito del giudizio di primo grado, ‘contumace, assente’ e, nel corso del giudizio di secondo grado, ‘latitante’, e, in via subordinata, la restituzione nei termini, ex art. 175 cod. proc. pen., fin dall’udienza preliminare, onde consentirgli di valutare la scelta di riti alternativi o, comunque, di proporre impugnazione avverso la susseguente sentenza.
Il giudice dell’esecuzione, preso atto della tesi svolta dalla difesa, ha obiettato che, secondo l’attuale disciplina, le nullità incorse nel giudizio di cognizione, specialmente quelle afferenti alla citazione dell’imputato, possono essere fatte valere, una volta formatosi il giudicato di condanna, con lo strumento della rescissione del giudicato, rimedio esperibile anche quando il giudice abbia erroneamente disposto la prosecuzione del giudizio di cognizione, invece che disporne la sospensione.
Avverso il provvedimento Ł stato proposto ricorso nell’interesse di COGNOME dal suo difensore di fiducia che ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza, con ogni conseguenza di legge, sulla scorta di due motivi.
2.1. Con il primo motivo, si denuncia la violazione dell’art. 175 cod. proc. pen.
Ribadito che COGNOME attinto dal succitato mandato di arresto europeo, aveva avanzato istanza, ai sensi dell’art. 670, commi 1 e 3,cod. proc. pen., in riferimento all’art. 175 cod.
proc. pen., in relazione alla sentenza emessa il 2.05.2022 dalla Corte di appello dell’Aquila, confermativa, per la sua posizione, della sentenza del Tribunale di Pescara del 21.09.2016, la difesa censura il provvedimento impugnato per non aver tenuto conto del fatto che il procedimento aveva avuto origine nel 2011, con la conseguente applicazione allo stesso della disciplina relativa all’istituto della contumacia.
In tal senso, si segnala che in quel processo COGNOME era stato dichiarato contumace e che la sentenza di condanna con cui esso era stato definito era stata emessa nella persistenza della sua contumacia, sentenza confermata in secondo grado, con la particolarità che la decisione emessa in sede di appello aveva qualificato latitante il medesimo imputato, senza alcun cenno alla dichiarazione di assenza.
Alla stregua di questi elementi di fatto, il ricorrente desume che al processo oggetto di esame, considerata la portata della legge 28 aprile 2014, n. 67, si applica l’art. 175 cod. proc. pen. nel testo previgente, sicchØ il Tribunale ha errato quando, senza operare il vaglio degli atti, con particolare riferimento alla verifica dell’eventuale dichiarazione di assenza successiva alla dichiarazione di contumacia, ha affermato che per la deduzione delle questioni afferenti al processo in questione dovesse proporsi l’azione di rescissione del giudicato, così ponendo l’interessato di fronte al rischio di restare senza mezzo effettivo di tutela, ove la competente Corte di appello avesse ritenuto improponibile la rescissione del giudicato, ma applicabile la disciplina previgente, inerente all’introduzione, ex art. 175 cod. proc. pen., della domanda volta a porre rimedio all’incolpevole mancata conoscenza del procedimento.
2.2. Con il secondo motivo vengono prospettate la violazione degli artt. 175, 629bis e 568 cod. proc. pen. e il corrispondente vizio della motivazione.
La difesa osserva che, a fronte della proposizione da parte sua anche dell’istanza di restituzione nel termine per impugnare sorretta dalle ragioni suesposte, il Tribunale, a tutto concedere, avrebbe dovuto qualificare questa domanda quale istanza di rescissione del corrispondente giudicato.
NØ, secondo il ricorrente, potrebbe rilevare in senso ostativo l’obiezione secondo cui la domanda di rescissione del giudicata va proposta, ai sensi dell’art. 629bis , comma 2, cod. proc. pen., personalmente dal condannato o da un difensore munito di procura speciale, in quanto l’istanza, nel caso in esame, era stata proposta, appunto, dal difensore munito di procura speciale, sicchØ essa avrebbe potuto senz’altro essere qualificata come richiesta di rescissione del giudicato.
Il Procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso considerando, sulla base dell’assodata differenziazione fra rescissione del giudicato e restituzione nel termine per impugnare in relazione alla distinta sfera di applicazione della disciplina processuale succedutasi, che il ricorrente, in primo luogo, non ha documentato i dati fattuali in base a cui si possa individuare la disciplina processuale correttamente applicabile al caso in esame e che, in secondo luogo, l’istanza di restituzione nel termine per impugnare proposta dall’imputato dichiarato assente non può essere riqualificata come domanda di rescissione del giudicato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1 La Corte ritiene che l’impugnazione, per quanto concerne la prima doglianza, sia per quanto di ragione fondata, con la conseguente necessità di annullare l’ordinanza impugnata, assorbito il tema trattato con il secondo motivo.
Deve rilevarsi, anzitutto, che – a fronte della piø articolata prospettazione avanzata
innanzi al giudice dell’esecuzione (coerentemente adito come tale, ai sensi dell’art. 670, commi 1 e 3, cod. proc. pen. nello stesso contesto) – COGNOME con il ricorso proposto in questa sede, ha formulato doglianze esclusivamente in ordine alla mancata delibazione nel merito dell’istanza di restituzione nel termine per impugnare, prospettazione che, sempre con il ricorso oggetto dell’attuale esame, ha indirizzato primariamente all’impugnazione della sentenza di appello, dopo che, secondo la prospettazione difensiva, non contrastata in modo chiaro ed esplicito dalle argomentazioni contenute nel provvedimento impugnato, l’imputato era stato dichiarato contumace nel corso del giudizio di primo grado e la corrispondente sentenza era stata impugnata dal suo difensore di ufficio, con dichiarazione della sua latitanza nel grado di appello.
3. Chiarito il – circoscritto – ambito devoluto con l’atto di impugnazione, si osserva che, come ha rilevato anche l’Autorità requirente (che ha, tuttavia, fatto carico al ricorrente di non aver fornito compiuto ragguaglio degli atti del procedimento, pur trattandosi, però, di dirimere una questione essenzialmente processuale), deve muoversi dal presupposto secondo il quale ai rapporti definiti nella vigenza dell’istituto della contumacia si applica l’art. 175 cod. proc. pen. nel testo previgente rispetto a quello modificato in corrispondenza dell’introduzione del procedimento in absentia .
¨ stato, invero, tempestivamente e autorevolmente chiarito che l’istituto della rescissione del giudicato (di cui, in quel tempo, all’art. 625ter cod. proc. pen.) si applica soltanto ai procedimenti nei quali Ł stata dichiarata l’assenza dell’imputato a norma dell’art. 420bis cod. proc. pen., come modificato dalla legge 28 aprile 2014, n. 67, mentre ai procedimenti contumaciali, definiti secondo la normativa antecedente alla entrata in vigore della legge indicata, continua ad applicarsi la disciplina della restituzione nel termine per proporre impugnazione dettata dall’art. 175, comma 2, cod. proc. pen. nel testo previgente (Sez. U, n. 36848 del 17/07/2014, COGNOME, Rv. 259992 – 01; fra le successive, Sez. 5, n. 10433 del 31/01/2019, COGNOME, Rv. 277240 – 01).
La domanda di restituzione nel termine per impugnare – ove afferente a procedimento regolato dalla disciplina antecedente a quella introdotta dalla legge n. 67 del 2014 (secondo le scansioni fissate dalle norme transitorie dettate dall’art. 15bis legge cit.) – avrebbe dovuto essere esaminata, pertanto, alla stregua della disciplina previgente.
NØ soccorre alla – invero, non argomentata – soluzione di inammissibilità data dal giudice dell’esecuzione al (residuo) tema oggetto di ricorso il richiamo, implicito, al principio di diritto poi enunciato sempre dalle Sezioni Unite, ma con espresso riferimento all’ambito inerente al processo in absentia .
In tal senso il Collegio non omette di tener conto del principio, autorevolmente affermato e qui condiviso, secondo cui le nullità assolute e insanabili derivanti, in giudizio celebrato in assenza, dall’omessa citazione dell’imputato e/o del suo difensore, non sono deducibili mediante incidente di esecuzione, ai sensi dell’art. 670 cod. proc. pen., in ragione dell’intervenuto passaggio in giudicato della sentenza, salva restando la possibilità di far valere, attraverso la richiesta di rescissione del giudicato ai sensi dell’art. 629bis cod. proc. pen., l’incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo che si assuma derivata dalle nullità stesse (Sez. U, n. 15498 del 26/11/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280931 – 01).
La motivazione di questa decisione ha, infatti, precisato (al paragrafo 8.6), in esplicito accordo con la citata, pregressa elaborazione di legittimità, che la disposizione dell’art. 175, comma 2, cod. proc. pen. nel testo previgente conserva un residuo spazio applicativo in relazione ai procedimenti contumaciali trattati e definiti nei gradi di merito prima dell’entrata
in vigore della legge n. 67 del 2014, in tal senso confermandosi che la nuova disciplina sul procedimento in assenza – in particolare il rimedio della rescissione del giudicato – si rivolge espressamente a regolare gli effetti di atti processuali posteriori alla sua entrata in vigore, con la conseguenza che a regolare gli effetti degli atti processuali precedenti non possono che provvedere le disposizioni vigenti al momento della loro verificazione.
Chiarito quanto precede, Ł conseguente osservare che il giudice dell’esecuzione ha reso una motivazione carente, in quanto apoditticamente liquidatoria, nel valutare (non l’istanza tesa alla declaratoria di inefficacia per carenza di esecutività della sentenza contumaciale, bensì) l’istanza, subordinata, di restituzione del termine per impugnare, ex art. 175 cod. proc. pen. nel testo operante per tale rapporto processuale.
L’esame dell’ordinanza impugnata evidenzia che quest’ultima domanda non Ł stata, nella sostanza, presa in considerazione, dopo che COGNOME assistito da difensore di ufficio era stato qualificato ‘già contumace assente’ nell’epigrafe della sentenza di primo grado e ‘latitante’ nell’epigrafe della sentenza di appello.
Il processo di cognizione a cui l’istanza era riferita Ł risultato afferente, per l’epoca di incardinazione e per la declaratoria di contumacia espressa, a vicenda in relazione alla quale era doveroso verificare se la disciplina applicabile fosse – o meno – quella antecedente alla legge n. 67 del 2014, considerando anche la disciplina transitoria di cui all’art. 15bis cit.
Del resto, nell’istanza, COGNOME aveva dedotto di essere stato ininterrottamente detenuto all’estero, in Albania, dal 2008 al 2016, e successivamente in Svezia, dal 2020 al 2025, e di avere incolpevolmente ignorato l’incardinarsi del procedimento e poi del processo a suo carico, senza avere avuto contatti di sorta con il difensore, sempre nominato di ufficio: trattandosi di prospettazione che rendeva prima facie non implausibile l’attrazione del procedimento di cognizione esaminato nella disciplina del processo contumaciale ed essendo rilevante accertare se l’iniziale condizione di contumace di Tefaj fosse evoluta in quella di assente (nell’accezione antecedente all’istituto introdotta con la legge n. 67 del 2014), il giudice dell’esecuzione, adito anche con la domanda di cui all’art. 175 cod. proc. pen. (ai sensi dell’art. 670, comma 3, cod. proc. pen.), avrebbe dovuto affrontare con compiutezza il tema, previa l’effettuazione delle necessarie verifiche degli atti.
NØ l’avvenuta dichiarazione di latitanza dell’imputato, assistito da un difensore d’ufficio, costituiva, di per sØ e impregiudicata ogni necessaria verifica di merito, un elemento idoneo a escludere la mancata incolpevole conoscenza del procedimento (Sez. 1, n. 17338 del 21/01/2021, COGNOME, Rv. 281218 – 01; Sez. 6, n. 19219 del 02/03/2017, Cobo, Rv. 270029 01)
Non essendo stati verificati i passaggi indicati, la motivazione inerente alla domanda di restituzione nel termine Ł risultata inevitabilmente carente.
Non Ł superfluo, d’altro canto, ricordare che, sull’argomento della restituzione nel termine per proporre impugnazione, la previgente formulazione dell’art. 175, comma 2, cod. proc. pen. (come introdotta dall’art. 1 d.l. 21 febbraio 2005, n. 17, convertito dalla legge 22 aprile 2005, n. 60), avendo previsto una sorta di presunzione iuris tantum di mancata conoscenza da parte dell’imputato della pendenza del procedimento, ha posto a carico del giudice l’onere di reperire in atti l’esistenza di una eventuale prova positiva da cui possa desumersi la effettiva conoscenza del provvedimento di condanna (Sez. 2, n. 21393 del 15/04/2015, N., Rv. 264219 – 01, la quale ne ha tratto la conseguenza, fra l’altro, che la mera regolarità formale della notificazione, quando sia eseguita, ai sensi dell’art. 161 cod. proc. pen., presso il difensore di ufficio nominato all’imputato, non può essere considerata
dimostrativa della conoscenza del giudizio o rivelatrice della volontà del destinatario di non impugnare la sentenza contumaciale o di non opporre il decreto penale di condanna; ciò, a meno che non emerga che il difensore di ufficio abbia instaurato, nell’ambito del rapporto professionale, un contatto effettivo con l’assistito e lo abbia comunque rintracciato, e senza trascurare la specificazione che la suddetta norma non inficia la presunzione di conoscenza derivante dalla rituale notifica dell’atto introduttivo del giudizio, limitandosi invece a escluderne la valenza assoluta e imponendo al giudice di verificare l’effettività di tale conoscenza, nonchØ la consapevole rinuncia della parte a partecipare al processo o a impugnare il provvedimento, fermo restando che grava sull’istante l’onere di allegare la mancata conoscenza e le ragioni che l’hanno determinata, così prospettando l’ipotesi che il giudice Ł chiamato a verificare: Sez. 5, n. 416 del 03/12/2019, dep. 2020, Toro, Rv. 278551 01).
5. In definitiva, siccome la motivazione con cui l’ordinanza impugnata ha respinto la richiesta del ricorrente di restituzione nel termine per impugnare la sentenza senza fornire un percepibile e, in ogni caso, effettivamente adeguato supporto argomentativo alla conclusione raggiunta, anzitutto sul punto della disciplina di cui all’art. 175 cod. proc. pen. in concreto applicabile al caso di specie e – successivamente, ove l’esito della prima verifica lo imponesse – sulla dimostrazione della conoscenza effettiva da parte dell’imputato del procedimento e della sentenza di cui si tratta, l’ordinanza impugnata, in accoglimento dei primo motivo, assorbito il secondo, deve essere annullata, con rinvio al Tribunale di Pescara che rinnoverà il giudizio sul punto, tenendo conto dei principi testØ enucleati, al fine della pronuncia sull’istanza ex art. 175 cod. proc. pen. e delle statuizioni alla stessa, se del caso, conseguenti.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata, relativamente alla richiesta di restituzione nel termine per impugnare, con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Pescara.
Così Ł deciso, 03/07/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME