Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 28124 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 28124 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/04/2024
SENTENZA
sull’istanza di restituzione nel termine ai sensi dell’art. 175, comma 2, cod. proc pen. proposta da:
COGNOME NOME, nato in Albania il DATA_NASCITA alias NOME, nato in Lituania in data DATA_NASCITA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità dell’istanza.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza della Corte di appello di Bologna in data 11 novembre 2016, emessa in riforma della sentenza del Tribunale di Forlì in data 26 ottobre 2011, NOME COGNOME, alias NOME COGNOME, era stato condannato alla pena di 1 anno e 4 mesi di reclusione in relazione ai reati di cui agli artt. 495, primo comma, cod. pen., 497-bis, secondo comma, 482 e 477 cod. pen., commessi in data 12/09/2009.
In data 25 marzo 2023, a mezzo del difensore di fiducia, AVV_NOTAIO, egli aveva presentato al Tribunale di Forlì, quale giudice dell’esecuzione,
richiesta volta a ottenere declaratoria di mancata esecuzione della sentenza ovvero di restituzione nel termine per impugnare ai sensi dell’art. 175, comma 2, cod. proc. pen. Nel frangente, l’istante aveva esposto che:
la condanna era stata pronunciata mentre COGNOME era contumace, sicché egli non ne aveva avuto notizia, tanto da non avere proposto impugnazione;
COGNOME non aveva avuto notizia nemmeno del decreto di irreperibilità emesso il 7 luglio 2020 dal Procuratore generale presso la Corte di appello di Bologna;
egli era venuto a conoscenza della definitività della sentenza soltanto in data 10 marzo 2023 quando gli era stato notificato il provvedimento di revoca del decreto di sospensione di ordine di esecuzione per la carcerazione n. 217/20 della Procura generale della Repubblica presso la Corte di appello di Bologna in data 10 febbraio 2021 e di ripristino dell’ordine medesimo emesso ai sensi dell’art. 656, comma 8, cod. proc. pen. a seguito della mancata presentazione della istanza di misura alternativa ai sensi del comma 5 dello stesso articolo;
nel corso delle ricerche effettuate per eseguire l’ordine di carcerazione non vi era stato alcun contatto con l’allora difensore, AVV_NOTAIO, il quale era stato contattato in data 3 giugno 2020 dalla Polizia Locale, cui aveva riferito di non aver più avuto contatti con COGNOME, «da circa tre anni», senza essere in grado di riferire altri elementi utili al rintraccio dello stesso;
COGNOME/ COGNOME non aveva mai avuto intenzione di rinunciare a comparire al’ processo in cui era imputato, né tanto meno di rinunciare a proporre impugnazione avverso la sentenza di condanna;
essendo stato dichiarato contumace, doveva trovare applicazione la disciplina della restituzione nel termine per proporre impugnazione ex art. 175, comma 2, cod. proc. pen. nel testo introdotto dall’art. 1, comma 1, lett b), d.l. n. 17 del 2005, convertito in legge n. 60 del 2005, a mente del quale «se è stata pronunciata sentenza contumaciale o decreto di condanna, l’imputato è restituito, a sua richiesta, nel termine per proporre impugnazione o opposizione, salvo che lo stesso abbia avuto effettiva conoscenza del procedimento o del provvedimento e abbia ‘volontariamente rinunciato a comparire ovvero a proporre impugnazione od opposizione. A tal fine l’autorità giudiziaria compie ogni necessaria verifica»;
il successivo comma 2-bis stabilisce che: «la richiesta indicata nel comma 2 è presentata a pena di decadenza, nel termine di 30 giorni da quello in cui l’imputato ha avuto effettiva conoscenza del provvedimento (…)».
Con ordinanza in data 7 aprile 2023, il Tribunale di Forlì ha trasmesso per competenza l’istanza alla Corte di appello di Bologna, che con successivo provvedimento in data 29 dicembre 2023 ha respinto la richiesta di accertamento della non esecutività della sentenza e ha disposto la trasmissione degli atti alla Corte di cassazione con riferimento alla richiesta di restituzione nel termine.
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3.1. A ragione della decisione la Corte felsinea ha evidenziato che l’estratto contumaciale della sentenza di secondo grado era stato ritualmente notificato al difensore di fiducia, AVV_NOTAIO del foro di Milano, presente all’udienza di discussione del giudizio di appello tenutasi in data 11 novembre 2016, in proprio e ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen. per l’imputato, il quale aveva eletto, in sede di identificazione, il domicilio presso Ilir Bardoku, in Milano, INDIRIZZO, indirizzo al quale il domiciliatario era risultato sconosciuto, sicché la notifica era stata perfezionata presso il difensore di fiducia della fase di appello in data 3 marzo 2017. All’epoca, l’AVV_NOTAIO era sicuramente in rapporti con il suo assistito posto che in data 3 giugno 2020, interpellato dalla polizia giudiziaria ai fini di rintracciare COGNOME, aveva dichiarato di avere perso i contatti con l’imputato da circa tre anni e, dunque, dopo la fase di appello, comprensiva anche della notificazione dell’estratto contumaciale della sentenza.
3.2. Quanto all’istanza di restituzione nel termine per proporre impugnazione, la Corte di appello ha rilevato la propria incompetenza funzionale, non essendo stata investita ex art. 175, comma 4, cod. proc. pen. la Corte di cassazione, ma la medesima Corte di appello che aveva emesso la sentenza di condanna. In ogni caso, ha osservato che l’istanza non poteva ritenersi tempestiva, essendo stata presentata il 30 marzo 2023, oltre il termine di dieci giorni dalla effettiva conoscenza della sentenza di condanna avvenuta il 10 marzo 2023, con la notifica della revoca della sospensione dell’ordine di esecuzione per la carcerazione e il ripristino dell’ordine SIEP 217/2020. Ad ogni modo, la dedotta, ma non provata, causa di forza maggiore – riconducibile al suo ricovero per problemi cardiaci il 10 gennaio 2016 – era, comunque, intervenuta molto tempo prima rispetto alla notificazione della citazione – nel settembre 2016 – per l’udienza del giudizio di appello, celebrata in data 11 novembre 2016, quando certamente l’imputato si era ristabilito. Né il difensore di fiducia, AVV_NOTAIO, aveva fatto valere alcun legittim impedimento dell’imputato per motivi di salute.
In data 20 marzo 2024 è pervenuta in Cancelleria la requisitoria scritta del Procuratore generale presso questa Corte, con la quale è stata chiesta la declaratoria di inammissibilità dell’istanza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
La richiesta di restituzione nel termine è inammissibile.
Va preliminarmente dato atto che la difesa ha proposto istanza di restituzione nel termine ai sensi del comma 2 dell’art. 175 cod. proc. pen. nel testo introdotto dall’art. 1, comma 1, lett. b) , d.l. n. 17 del 2005, convertito in legge n.
60 del 2005 (v. 2 della richiesta), a mente del quale «se è stata pronunciata sentenza contumaciale (…) l’imputato è restituito, a sua richiesta, nel termine per proporre impugnazione (…), salvo che lo stesso abbia avuto effettiva conoscenza del procedimento o del provvedimento e abbia volontariamente rinunciato a comparire ovvero a proporre impugnazione od opposizione».
Sul punto, osserva il Collegio che tale disciplina era, in effetti, applicabile al caso di specie in quanto le successive modifiche dell’art. 175, comma 2, cod. proc. pen., introdotte dalla legge 28 aprile 2014, n. 67, non potevano ad esso applicarsi in ragione della disposizione transitoria dettata dall’art. 15-bis di tale legge, che faceva salva la disciplina precedente ove, come avvenuto nella vicenda in esame, fosse già stata pronunciata la sentenza di primo grado.
Ebbene, in ipotesi siffatte, il successivo comma 2-bis stabiliva (e stabilisce tutt’ora pur dopo le varie modifiche dell’art. 175 cod. proc. pen. che si sono nel tempo succedute) che la richiesta fosse presentata, a pena di decadenza, nel termine di trenta giorni da quello in cui l’imputato ha avuto effettiva conoscenza del provvedimento. E secondo la giurisprudenza di legittimità, la conoscenza può ritenersi effettiva quando sia collegata alla notizia certa o alla comunicazione di un atto formale che consente di individuare, senza equivoco, il momento in cui essa si è verificata, non potendosi rimettere all’imputato, sulla base della propria convenienza, la scelta del momento in cui prendere cognizione del provvedimento impugnato (cfr. Sez. 5, n. 1206 del 20/11/2020, dep. 2021, COGNOME, in motivazione; Sez. 2, n. 25041 del 23/06/2005, COGNOME, Rv. 231887 – 01).
Tanto premesso, osserva il Collegio che la Corte di appello ha correttamente disposto, in relazione all’istanza di restituzione nel termine, la trasmissione degli atti alla Corte di cassazione, atteso che l’art. 175, comma 4, cod. proc. pen. conferisce la competenza a decidere sulla richiesta al giudice che sarebbe stato competente sulla impugnazione della sentenza, nel caso in esame costituita da quella di secondo grado.
Detta richiesta deve ritenersi inammissibile.
3.1. Nel caso di specie, invero, il difensore dell’epoca, l’AVV_NOTAIO, alla data della sentenza di appello era ancora in rapporti con il suo assistito, posto che in data 3 giugno 2020, interpellato dalla polizia giudiziaria ai fini di rintracciare COGNOME, dichiarò di avere perso i contatti con lui da circa tre anni, e dunque dopo la fase di appello, comprensiva anche della notificazione dell’estratto contumaciale della sentenza.
3.2. Ne consegue che, pertanto, la richiesta di restituzione nel termine sia manifestamente infondata.
Va, infatti, ricordato, che con riferimento alla disciplina della restituzione nel termine nella vigenza del testo del comma 2 dell’art. 175 cod. proc. pen. come
introdotto dall’art. 1, comma 1, lett. b), d.l. n. 17 del 2005, convertito in legge n. 60 del 2005, si è condivisibilmente affermato che non vi ha diritto, ai fini dell’impugnazione della sentenza contumaciale, l’imputato contumace che abbia nominato un difensore di fiducia, il quale lo abbia assistito nello svolgimento di tutti i gradi del giudizio, proponendo le relative impugnazioni, a meno che non risulti un’esplicita comunicazione al giudice dell’avvenuta interruzione di ogni rapporto tra il difensore ed il suo assistito (Sez. 6, n. 5332 del 21/01/2011, Minicozzi, Rv. 249466 – 01). Ciò sull’assorbente rilievo che quando l’imputato contumace abbia nominato un difensore fiduciario, che l’abbia assistito nello svolgimento di tutti i gradi del giudizio, non può ravvisarsi quella sorta di presunzione di non conoscenza della pendenza del procedimento che caratterizza la disciplina della restituzione nel termine per impugnare la sentenza contumaciale, essendosi in presenza di un “fatto concreto e specifico” idoneo a provare la conoscenza, da parte dell’imputato, del procedimento secondo una regola di comune consolidata esperienza, anche alla luce dei principi .desumibili dal codice deontologico forense, che obbligano il difensore di fiducia a informare l’assistito dello svolgimento del processo e del compimento degli atti salienti tra i quali si colloca sicuramente l’impugnazione (v. Sez. 6, n. 66 del 2/12/2009, dep. 2010, Condello, Rv. 245343 – 01).
Alla stregua delle considerazioni che precedono, la richiesta deve, conclusivamente, ritenersi inammissibile. Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della cassa delle ammende, equitativamente fissata in 3.000,00 euro.
PER QUESTI MOTIVI
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Il Consigliere estensore
Così deciso in data 10 aprile 2024
I1 Rresidente