Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 42549 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 42549 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/11/2024
GLYPH
NOME
Relatore
NOME COGNOME
caso di diffusione del presente provvedimento omettere GLYPH Estensore – GLYPH Io generalità egli altri dati identificativi, a norma del lato, 52 d.I gs. n. 195103 in guanto imposto dalla legge
NOME COGNOME
GLYPH R.G.N. 29799/2024
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da
F.L. GLYPH
I
nato al GLYPH omissis
avverso l’ordinanza del 14/06/2024 del Tribunale di Venezia visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; sentita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso; lette le conclusioni del difensore della parte civile, avv. NOME COGNOME che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso e di liquidare le spese come da nota che ha depositato.
RITENUTO IN FATTO
1. Con il provvedimento impugnato il Tribunale di Venezia ha dichiarato inammissibile – per tardività, previa revoca dell’ordinanza emessa de plano il 31 luglio 2023 di restituzione nel termine per impugnare – l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza del Giudice di pace di Venezia del 23 marzo 2021, che aveva affermato la penale responsabilità del predetto imputato in ordine al delitto di lesione personale commesso ai danni di
C.M.
e l’aveva condannato alla pena ritenuta di giustizia e al risarcimento del danno, liquidato in sentenza, in favore della persona offesa, costituitasi parte civile.
Alla declaratoria di inammissibilità dell’appello si è pervenuti attraverso le seguenti scansioni processuali.
1.1. Il Giudice di pace aveva indicato nel dispositivo della sentenza di primo grado il termine di giorni trenta per il deposito della sentenza, deposito che e poi avvenuto solo in data 2 febbraio 2022, ossia diversi mesi dopo la sua pronuncia.
Con atto del 15 maggio 2023 il nuovo difensore di fiducia dell’imputato ha proposto impugnazione avverso detta sentenza, chiedendo, in principalità, di voler considerare l’impugnazione tempestiva e, in subordine, di voler concedere la restituzione nel termine per impugnare ai sensi dell’art. 175 cod. proc. pen.
A tal fine ha dedotto che il notevole lasso di tempo intercorso tra la pronuncia ed il suo deposito aveva creato uno scusabile errore circa i tempi di impugnazione e che in ogni caso, non essendo stato rispettato il termine per il deposito della sentenza, l’imputato avrebbe dovuto ricevere l’avviso di deposito della sentenza ai sensi dell’art. 548 comma 2 cod. proc. pen., che invece non ha ricevuto, avendo acquisito notizia del deposito della sentenza solo a seguito della notifica, in data 13 aprile 2023, a mani proprie dell’atto di pignoramento della parte civile.
Ha aggiunto che la restituzione nel termine avrebbe trovato giustificazione anche nella patologia psichiatrica da cui egli era affetto ormai da un anno e mezzo e che comportava una tendenza al deficit mnemonico soggettivo, che gli aveva impedito di rendersi conto dell’avvenuto deposito della sentenza del Giudice di pace.
Con lo stesso atto formulava i motivi di impugnazione avverso la sentenza di primo grado.
In particolare, con il primo motivo deduceva la insussistenza della lesione personale, sostenendo che i pugni con i quali aveva colpito la persona offesa non avevano determinato una significativa limitazione funzionale o un significativo processo patologico o un suo aggravamento o una compromissione delle funzioni dell’organismo. Con il secondo motivo ha dedotto la carenza del dolo, a causa della patologia psichiatrica che lo affligge e che determina in lui una «gravissima confusione ‘delta ed assoluti deficit memoriali». Con il terzo motivo ha sostenuto che la prova del reato sarebbe carente per non essere stato esaminato come teste, ai sensi dell’art. 507 cod. proc. pen., il giornalaio che aveva assistito all’accaduto. Con il quarto motivo di ricorso ha eccepito la prescrizione del reato maturata già nel corso del giudizio di primo grado. Con il quinto motivo ha lamentato la misura
eccessiva della pena e con il sesto l’eccessivo ammontare della somma liquidata a titolo risarcitorio in favore della parte civile.
1.2. Con ordinanza scritta a mano in calce all’istanza, datata 31 luglio 2023 ma depositata il 17 agosto 2023, il Tribunale di Venezia -dopo aver disposto, in data 31 maggio 2023, “racquisizione del fascicolo di primo grado in visione” -ha restituito l’imputato nel termine per impugnare la decisione di condanna del giudice di pace sul rilievo che: «la faticosa gestazione della motivazione e del suo deposito, effettuato oltre dieci mesi dopo la lettura del dispositivo in udienza, può avere ingenerato un incolpevole errore circa i termini dell’impugnazione».
1.3. Con decreto del 20 marzo 2024 il Tribunale di Venezia ha fissato dinanzi a sé l’udienza del 14 giugno 2024 per la trattazione del giudizio di appello.
A quell’udienza il Tribunale, costituite le parti e raccolte le conclusioni, ha emesso un provvedimento “in forma” di ordinanza, con cui, su istanza della parte civile, ha revocato il provvedimento di restituzione nel termine per impugnare (perché reso al di fuori delle ipotesi di cui all’art. 175 cod. proc. pen.) e dichiarato inammissibile per tardività l’appello proposto dall’imputato, disponendo l’esecuzione della sentenza di primo grado.
Avverso l’ordinanza di inammissibilità del Tribunale di Venezia ha proposto ricorso GLYPH F.L. GLYPH a mezzo del suo difensore, articolando tre motivi.
2.1. Con il primo motivo lamenta la violazione dell’art. 175, commi 4 e 5, cod. proc. pen. e la contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione.
Sostiene che la legittimità dell’ordinanza di accoglimento dell’istanza di restituzione nel termine per proporre impugnazione non potrebbe essere sindacata dal giudice successivamente chiamato a decidere sull’impugnazione.
A supporto della censura il ricorrente segnala che l’art. 175, comma 5, cod. proc. pen. afferma che detta ordinanza può essere impugnata solo con la sentenza che decide sull’impugnazione o sull’opposizione e che, pertanto, nel caso di specie, l’ordinanza che aveva revocato la restituzione nel termine andava annullata perché emessa da un giudice incompetente.
In ogni caso, il Tribunale avrebbe errato nell’adottare il rito camerale per la decisione sull’istanza di revoca del provvedimento di restituzione nel termine, atteso che l’art. 175, comma 4, cod. proc. pen. non richiama l’art. 127 cod. proc. pen.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia l’inosservanza dell’art. 175, comma 1, cod. proc. pen., poiché il Tribunale avrebbe revocato la restituzione nel termine pur in presenza dei presupposti del caso fortuito o della forza maggiore. Il Giudice di pace, assegnandosi illegittimamente un termine maggiore di quello previsto dalla legge per depositare la sentenza, aveva ingenerato nell’odierno
ricorrente una incolpevole confusione sui termini per Vimpugnazione, considerato anche che la sentenza era stata depositata dopo oltre dieci mesi dalla sua pronuncia; occorreva, altresì, considerare le critiche condizioni psicofisiche in cui versava l’imputato e che causavano in quest’ultimo “una gravissima confusione ideica ed assoluti deficit memoriali”. Peraltro, l’imputato non aveva ricevuto la notificazione dell’avviso di deposito della sentenza avvenuto oltre il termine di legge.
2.3. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la carenza, contraddittorietà e la manifesta il logicità della motivazione del provvedimento impugnato.
Il Tribunale ha dichiarato priva di fondamento l’eccezione di nullità della notificazione dell’avviso di deposito della sentenza del Giudice di pace, tuttavia l’atto di appello non aveva sollevato questione di nullità sul punto, ma aveva dedotto che l’imputato non aveva mai avuto effettiva conoscenza del deposito della decisione, se non H 13 aprile 2023 quando ha ricevuto, a mani proprie, la notifica dell’atto di pignoramento presso terzi.
La mancata conoscenza dell’avviso di deposito, la cui notifica a mezzo del servizio postale si è perfezionata per effetto della compiuta giacenza, dipende da cause non imputabili al ricorrente e quindi è dovuta alle cause di forza maggiore sopra già descritte.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato nei termini di seguito precisati.
Va premesso che le questioni sulla formazione del titolo esecutivo e sulla restituzione nel termine si trovano in rapporto di alternatività tra loro, nel senso che: o la sentenza non è ancora definitiva, poiché non è decorso il termine per l’impugnazione, o la sentenza è divenuta irrevocabile e allora viene in soccorso la restituzione nel termine (cfr tra le ultime Sez. 5, n. 25556 del 26/04/2023, COGNOME, Rv. 284678 – 01).
L preliminare, quindi, la disamina del motivo di ricorso, esposto per secondo, che deduce il mancato decorso del termine per impugnare per il difetto di regolare notifica all’imputato dell’avviso di deposito della sentenza del giudice di pace.
La doglianza è infondata.
Il giudice di pace ha depositato la sentenza oltre il termine per il deposito che, pur non potendo (cfr. tra le ultime Sez. 4, n. 36767 del 17/11/2020, COGNOME, Rv. 280163 – 01), si era autoassegnato.
L’avviso di deposito della sentenza è stato ritualmente notificato ai difensori tramite posta elettronica certificata e all’imputato tramite servizio postale “per compiuta giacenza”.
Peraltro, lo stesso ricorrente riconosce, nell’articolare il terzo motivo di ricorso, che l’avviso gli è stato comunicato e che egli, con l’atto di appello contenente l’istanza di restituzione nel termine, non ha inteso dolersi di un vizio attinente all sua notificazione, avvenuta a mezzo del servizio postale e perfezionatasi a seguito della compiuta giacenza, ma solo dedurre l’omessa conoscenza da parte sua del predetto avviso.
Conseguentemente viene in rilievo la restituzione nel termine.
E primo motivo è fondato.
3.1. Occorre fissare lo schema del procedimento disegnato dall’art. 175 cod, proc, pen., nel testo applicabile al caso in rassegna ratione temporis.
Non vertendosi nel caso di processo in contumacia ante legge n. 67 del 2014, né in quello di processo in assenza regolato dalle nuove disposizioni del d. Igs. n. 150 del 2022, la restituzione del termine per proporre impugnazione avverso una sentenza di condanna di primo grado è consentita nelle ipotesi “classiche” del caso fortuito e della forza maggiore.
Essendo stata pronunciata sentenza, sulla richiesta decide con ordinanza il giudice che sarebbe competente sulla impugnazione (comma 4).
L’ordinanza di rigetto può essere impugnata con ricorso per cassazione (comma 6).
Quella di accoglimento può essere impugnata solo con la sentenza che decide sulla impugnazione (comma 5).
Viene in rilievo un procedimento a contraddittorio differito, poiché l’ordinanza di restituzione nel termine è adottata dal giudice di appello con provvedimento assunto de piano e non all’esito di procedimento partecipato in camera di consiglio, a meno che il relativo procedimento incidentale si inserisca in uno principale, in corso di svolgimento con rito camerale, a contraddittorio orale o cartolare, come avviene quando l’istanza è presentata in sede di incidente di esecuzione, nel qual caso mutua le forme del procedimento principale (cfr per tutte Sez. U, n. 14991 del 11/04/2006, COGNOME, Rv. 233418 – 01).
In caso di rigetto, la parte istante può insorgere immediatamente con ricorso per cassazione.
Proprio la previsione del rimedio impugnatorio ad hoc, di cui all’art. 175, comma 6, cod, proc. pen., assicura la tenuta costituzionale della previsione dell’udienza de piano nei casi di cui all’art 175 cod. proc. pen.
Invero, il procedimento de plano per la trattazione dell’istanza ex art. 175, comma 4, cod. proc. pen. è stato ritenuto compatibile, dal punto di vista costituzionale (Sez. 6, n. 2028 del 25/10/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 274925 01; Sez. 6, n. 2112 del 12/11/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282667 – 01), con gli artt. 3, 24, 111 Cost. e 6 CEDU, proprio perché è ricorribile per cassazione la decisione incidentale, adottata senza contraddittorio.
In caso di accoglimento, invece, l’ordinanza non è autonomamente impugnabile: la reazione delle altre parti è assicurata dalla facoltà di impugnare l’ordinanza restitutoria unitamente alla sentenza che definisce il grado di appello.
Per la Corte di cassazione, invece, si segue il procedimento ex art. 127 cod. proc. pen., in quanto il sistema non prevede ulteriori rimedi (cfr. Sez. 1, n. 14865 del 07/03/2024, S., Rv. 286243 – 01).
3.2. Nella fattispecie in rassegna, il giudice di appello prima ha restituito l’imputato nel termine per impugnare, poi, istaurato il giudizio di secondo grado, ha revocato quel provvedimento e, conseguentemente, ha dichiarato tardiva Vimpugnazione.
Un simile modo di procedere viola l’art. 175, comma 5, cod. proc. pen..
La norma stabilisce che: l’ordinanza che accoglie la richiesta di restituzione nel termine per la proposizione della impugnazione può essere impugnata «solo» con la sentenza che decide sulla impugnazione, evidentemente con il mezzo d’impugnazione proponibile contro questa sentenza.
Ne consegue che il legislatore ha previsto come unico strumento di reazione quello azionabile avverso la sentenza che definisce il giudizio di appello.
Sarà, dunque, quello stesso giudice dell’impugnazione (inteso come ufficio giudiziario), che, restituendola nel termine, ha consentito alla parte di accedere al giudizio di appello, a celebrarlo e a definirla, senza possibilità di re-intervenire revocandola, sull’ordinanza restitutoria.
D’altra parte, salvo che sia diversamente stabilito (ad es. art. 495, comma 4, cod. proc. pen.), di regola il giudice non può revocare i propri provvedimenti soggetti a impugnazione, essendo rimessa al giudice ad quem l’eventuale riforma del provvedimento. Si tratta di un principio che si trova codificato, per il procedimento civile, nell’art. 177, comma terzo, n. 3, cod. proc. civ., ma che deve ritenersi espressione di un principio generale del diritto processuale (cfr. Sez. L civ., n. 4731 del 14/02/2022, si veda in particolare a pag. 6 della motivazione), in quanto teso a garantire la coerenza e la tenuta del sistema.
Il sindacato sulla legittimità o meno della restituzione nel termine spetterà al giudice (eventualmente) investito della impugnazione della sentenza che ha definito il precedente grado di giudizio.
3.3. Non si ignora che, in tema di opposizione a decreto penale di condanna, la Corte di cassazione è pervenuta a soluzione difforme.
Si è sostenuto che il giudice dinanzi al quale si radica l’impugnativa divenuta possibile in seguito all’intervenuta restituzione nel termine può rivalutare la correttezza di quest’ultima e dichiarare l’impugnazione stessa tardiva in quanto mal concessa la restituzione nel termine (Sez. 4, n. 20420 del 27/04/2021, Khan Saadat, Rv. 281207- 01; Sez. 3, n. 5771 del 19/07/2017, dep. 2018, Rv. 272118 – 01).
Tuttavia, questo collegio non condivide il principio cosi espresso, poiché si pone in aperto contrasto con la chiara lettera della legge.
Inoltre le due decisioni appena citate prima qualificano espressamente come irrevocabile l’ordinanza di restituzione del termine, ma poi assegnano il potere di sindacarla (e, nella sostanza, di privarla di effetti) a quello stesso giudice (inteso come ufficio giudiziario) che l’ha concessa, finendo con l’ammettere quella revoca, in premessa esclusa.
Sez. 4, n. 20 420 del 27/04/2021, NOME COGNOME richiama, a conforto, quanto espresso nella decisione Sez. 1, n. 1202 del 16/05/2012, dep. 2013, COGNOME Rv. 254255 – 01.
Tuttavia la sentenza COGNOME che riguarda il tema della restituzione nel termine in ambito esecutivo, può dirsi ormai superata da un consolidato orientamento di segno contrario che – proprio facendo leva sulle peculiarità del procedimento esecutivo e sul mezzo di reazione che è riconosciuto alle parti, in quella sede, sia che la restituzione sia concessa sia che venga negata – si è attestato nel senso di escludere che il giudice dell’ impugnazione proposta, in seguito alla restituzione nel termine concessa dal giudice dell’esecuzione, possa dichiarare l’impugnazione inammissibile per tardività sulla base della ritenuta insussistenza delle già riconosciute condizioni per la restituzione in termine, non potendo questi sindacare la decisione del giudice dell’esecuzione divenuta definitiva (così Sez. 3, n. 6826 del 17/12/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 262526; Sez. 3, n. 9477 del 14/01/2009, Qafa, Rv. 243011; Sez. 6, n. 35345 del 11/06/2008, COGNOME, Rv. 241374; Sez. 1, n. 21 644 del 28/04/2005, COGNOME, Rv. 231 656 e, tra le ultime Sez. 2, n. 1677 del 13/09/2018, dep. 2019, COGNOME, non massimata; sull’analogo tema della non sindacabilità ad opera del giudice dell’impugnazione del provvedimento del giudice dell’esecuzione che dichiara la nullità del titolo esecutivo cfr. per tutte Sez. U, Sentenza n. 36084 del 24/06/2005, COGNOME, Rv. 231808 – 01).
Discende l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato.
Va disposta la trasmissione degli atti al Tribunale di Venezia affinché proceda a celebrare il giudizio di appello.
Sulle spese sostenute dalla parte civile nel presente giudizio di legittimità si pronuncerà il giudice di rinvio.
Il riferimento alle condizioni di salute della persona offesa impone, in caso di diffusione della presente sentenza, l’omissione delle generalità e degli altri dati identificativi.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato e dispone la trasmissione degli atti al Tribunale di Venezia per il giudizio di appello.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell’art. 52 d.lgs. 196/03 in quanto imposto dall legge.
Cosi deciso il 07/11/2024