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Restituzione nel termine: errore sul termine di 30 giorni

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza della Corte di Appello che aveva erroneamente dichiarato tardiva una richiesta di restituzione nel termine. La Suprema Corte ha chiarito che il termine corretto per l’imputato giudicato in assenza, senza effettiva conoscenza del procedimento, è di 30 giorni e non 10. Questo principio era valido anche prima della Riforma Cartabia, correggendo così un evidente errore di diritto commesso dai giudici di secondo grado.

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Pubblicato il 11 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Restituzione nel Termine: la Cassazione corregge l’errore sul termine di 30 giorni

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cruciale in materia di restituzione nel termine, un istituto fondamentale per la tutela del diritto di difesa. Il caso in esame ha visto la Suprema Corte annullare una decisione di una Corte d’Appello che aveva erroneamente applicato un termine di dieci giorni, anziché quello corretto di trenta, per la richiesta avanzata da un imputato giudicato in assenza. Analizziamo i dettagli di questa importante pronuncia.

I Fatti del Caso

Una persona veniva dichiarata ‘non doversi procedere’ per la particolare tenuità del fatto dal Tribunale di primo grado. Tuttavia, l’imputata non era mai venuta a conoscenza del processo a suo carico, essendo stata giudicata in assenza. Anni dopo, riceveva la notifica di un decreto ingiuntivo per il pagamento delle spese legali relative alla difesa d’ufficio.

Solo in quel momento, il 29 febbraio 2024, apprendeva dell’esistenza della sentenza emessa nei suoi confronti. Entro trenta giorni da tale scoperta, precisamente il 28 marzo 2024, presentava un’istanza di restituzione nel termine per poter proporre appello.

L’Errore della Corte d’Appello: un’errata interpretazione dei termini per la restituzione nel termine

La Corte d’Appello di Roma rigettava l’istanza, considerandola tardiva. Secondo i giudici di secondo grado, il termine per la presentazione della richiesta era di soli dieci giorni dalla conoscenza della sentenza. Inoltre, ritenevano che il termine più lungo di trenta giorni, previsto dalla cosiddetta Riforma Cartabia, non fosse applicabile al caso di specie, poiché la sentenza era stata emessa prima dell’entrata in vigore della riforma.

Questa decisione si basava su una confusione tra due diverse ipotesi previste dall’articolo 175 del codice di procedura penale:
1. Il comma 1, che prevede un termine di dieci giorni dalla cessazione del fatto che ha causato l’impedimento (caso fortuito o forza maggiore).
2. Il comma 2-bis, che disciplina specificamente la situazione dell’imputato giudicato in assenza che non abbia avuto effettiva conoscenza del procedimento, stabilendo un termine di trenta giorni.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso, ha annullato l’ordinanza impugnata, evidenziando un palese errore di diritto. La Suprema Corte ha chiarito che la situazione dell’imputata rientrava pienamente nell’ipotesi del comma 2-bis dell’art. 175 c.p.p., e non in quella del comma 1. Pertanto, il termine applicabile era di trenta giorni, non di dieci.

Il punto cruciale della decisione risiede nell’affermazione che il termine di trenta giorni non è affatto una novità introdotta dalla Riforma Cartabia. Tale termine, per la specifica ipotesi dell’imputato assente senza conoscenza del procedimento, era già previsto dalla legge e rappresentava una norma distinta e autonoma rispetto a quella generale del caso fortuito o della forza maggiore. I Giudici di appello sono quindi incorsi in un duplice errore: hanno applicato la norma sbagliata (il comma 1 invece del 2-bis) e hanno erroneamente ritenuto che il termine corretto fosse stato introdotto da una riforma non applicabile al caso concreto.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce l’importanza di distinguere correttamente le diverse fattispecie che consentono la restituzione nel termine. Per l’imputato che non ha avuto effettiva conoscenza del processo a suo carico, il termine per chiedere di essere rimesso in gioco è di trenta giorni dalla data in cui ha avuto notizia del provvedimento. Questa garanzia, fondamentale per assicurare un equo processo, non è un’innovazione recente, ma un principio consolidato del nostro ordinamento processuale. La decisione della Cassazione serve come un importante monito per i giudici di merito a interpretare e applicare correttamente le norme a tutela del diritto di difesa, annullando una decisione che avrebbe ingiustamente precluso all’imputata la possibilità di impugnare la sentenza.

Qual è il termine per chiedere la restituzione nel termine se un imputato è stato giudicato in assenza senza avere conoscenza del processo?
Il termine per presentare l’istanza di restituzione è di trenta giorni, che decorrono dal momento in cui l’imputato ha avuto effettiva conoscenza del provvedimento emesso nei suoi confronti.

Il termine di 30 giorni per la restituzione nel termine è stato introdotto dalla Riforma Cartabia?
No. La Corte di Cassazione chiarisce che il termine di trenta giorni, previsto per la specifica ipotesi dell’imputato giudicato in assenza senza effettiva conoscenza del procedimento, non rappresenta una novità della Riforma Cartabia ma era già previsto dalla legge.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la decisione della Corte d’Appello?
La Cassazione ha annullato l’ordinanza perché la Corte d’Appello ha commesso un evidente errore di diritto, applicando il termine sbagliato di dieci giorni (previsto per caso fortuito o forza maggiore) invece di quello corretto di trenta giorni, specifico per l’imputato assente senza conoscenza del processo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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