Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 1843 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 1843 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 25/05/2023 della CORTE APPELLO di MILANO udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
lette/sentite le conclusioni del PG
udito il difensore
RITENUTO IN FATTO
Il difensore di fiducia di COGNOME NOME, ai sensi dell’art. 175 cod. proc. pen., proponeva istanza di restituzione nel termine per appellare la sentenza di condanna emessa nei confronti del predetto dal Tribunale di Milano il 26.2.2021, confermata dalla Corte di appello di Milano il 17.10.2022, su impugnazione del difensore di ufficio.
La Corte di Appello di Milano, a cui era indirizzata la suindicata richiesta, la dichiarava inammissibile osservando che era già pendente giudizio di appello.
Ricorre per cassazione il COGNOME, tramite il difensore di fiducia, contestando quanto affermato dalla corte territoriale, non ritenendo condivisibile in particolare l’assunto secondo cui non potesse riconoscersi all’imputato, che non aveva avuto conoscenza del procedimento a suo carico né contatti col difensore di ufficio ‘che aveva proposto l’appello, la possibilità di impugnare a sua volta la sentenza di primo grado.
Il sostituto procuratore presso questa Corte in persona della dr.ssa NOME, ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
1.11 ricorrente ritiene che non essendo ancora passata in giudicato la sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Milano nei suoi confronti, impugnata a sua insaputa dal difensore di ufficio, dovesse essergli riconosciuta la facoltà di promuovere autonomo atto di appello, con restituzione nel relativo termine di impugnazione, per non avere, egli, avuto conoscenza del procedimento pendente a suo carico; del quale, e della relativa condanna, era venuto a conoscenza solo in data 15.1.2023, a seguito della notifica del decreto di citazione innanzi alla Corte di Cassazione.
La Corte di appello di Milano, nell’ordinanza impugnata, ha osservato che, essendo attualmente pendente giudizio di appello avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Milano nei confronti dell’istante, essendo stata annullata dalla Cassazione, con sentenza del 14.2.2023, con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Milano, la pronuncia emessa dalla Corte di appello
il 17.10.2022, la pendenza di tale giudizio rendesse inammissibile l’istanza di restituzione nel termine per proporre appello.
Occorre premettere che l’istanza di restituzione nel termine sembra avanzata ai sensi del vecchio art. 175, comma 2, cod. proc. pen. essendo espliciti i riferimenti alla contumacia e alla giurisprudenza che si era formata in ordine a tale disposizione normativa prima della modifica apportata dalla legge 67/2014 (che prevedeva la restituzione nel termine per proporre impugnazione da parte del contumace salvo che lo stesso avesse avuto effettiva conoscenza del procedimento o del provvedimento o avesse volontariamente rinunciato a comparire o a proporre impugnazione). Anzi, in realtà, l’istanza fa generico riferimento all’ipotesi dell contumacia e dell’assenza, laddove la nuova disposizione, introdotta dall’art. 11 comma 1 lett. b) del d.lgs. 150150/2022 al comma 2.1 dell’art. 175 cod. proc. pen. – che si innesta nell’ambito del processo in assenza come rimodulato dal medesimo d.lgs. noto col nome Riforma Cartabia – non è applicabile nel caso di specie, avendo la richiesta di restituzione ad oggetto la sentenza della Corte di appello pronunciata in data 17.10.2022. Ed infatti, la norma transitoria di cui all’art. 89 espressamente prevede, al comma terzo, che “Le disposizioni degli articoli 157-ter, comma 3, 581, commi 1-ter e 1-quater, e 585, comma 1-bis, del codice di procedura penale si applicano per le sole impugnazioni proposte avverso sentenze pronunciate in data successiva a quella di entrata in vigore del presente decreto. Negli stessi casi si applicano anche le disposizioni dell’articolo 175 del codice di procedura penale, come modificato dal presente decreto”. E al riguardo si è già pronunciata questa Corte – Sez. 2, Sentenza n. 20899 del 24/02/2023, Rv. 284704 – 01 – affermando che in tema di restituzione nel termine per proporre impugnazione, la disposizione di cui all’art. 175, comma 2.1, cod. proc. pen., come modificato dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, si applica alle sole impugnazioni proposte avverso sentenze pronunciate in data successiva a quella di entrata in vigore di detto d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, realizzato in attuazione della legge delega 27 settembre 2021, n. 134, ed entrato in vigore il 30.12.2022 – in virtù dell’art. 6 del d.l. 31 ottobre 2022, n. 162 (c.d. decreto rave), convertito in leg dalla I. 30 dicembre 2022, n. 199, che inserendo nel d.lgs. n. 150/2022 il nuovo art. 99-bis, ha differito dal 1° novembre 2022 al 30 dicembre 2022 l’entrata in vigore dell’intera riforma. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Nel caso di specie, dagli atti emerge che l’istanza di restituzione nel termine è stata formulata dopo l’entrata in vigore del d.lgs. 150/2022, ma in relazione ad impugnazione di sentenza di appello pronunciata prima della medesima entrata in vigore.
Con riferimento al procedimento in assenza, anteriforma Cartabia, può quindi trovare applicazione solo la disciplina di cui all’art. 175 comma 1 c. p. p. che consente la restituzione nel termine quando si provi di non averlo potuto rispettare per caso fortuito o forza maggiore.
Invero, l’istituto della richiesta di restituzione nel termine di cui all’art. comma 2, cod. proc. pen. non trova applicazione nei casi in cui il processo si sia svolto – come nel caso di specie – in applicazione della disciplina dell’assenza, che ha preso luogo della precedente disciplina della contumacia: il rimedio previsto in tali casi è, infatti, la richiesta di rescissione del giudicato. In tal senso ha statuito, del resto, le Sezioni unite di questa Corte di cassazione fissando il principio secondo cui “l’istituto della rescissione del giudicato, di cui all’art. 6 ter cod. proc. pen. si applica solo ai procedimenti nei quali è stata dichiarata l’assenza dell’imputato a norma dell’art. 420-bis cod. proc. pen., come modificato dalla legge 28 aprile 2014, n. 67, mentre, invece, ai procedimenti contumaciali definiti secondo la normativa antecedente alla entrata in vigore della legge indicata, continua ad applicarsi la disciplina della restituzione nel termine pe proporre impugnazione dettata dall’art. 175, comma 2, cod. proc. pen. nel testo previgente” (Sez. U, n. 36848 del 17/07/2014 – dep. 03/09/2014, Burba, Rv. 259992).
Con riferimento al procedimento in assenza può quindi trovare applicazione solo la disciplina di cui all’art. 175 co 1 c. p. p. che consente la restituzione termine quando si provi di non averlo potuto rispettare per caso fortuito o forza maggiore.
E in proposito è condivisibile principio giurisprudenziale di codesta Corte che la forza maggiore che giustifica la restituzione nel termine ex art. 175 c. p. p. deve presentarsi come un particolare impedimento allo svolgimento di una certa azione e deve essere tale da rendere vano ogni sforzo dell’agente per il suo superamento ed inoltre non deve essere a lui imputabile in nessun modo. Per sua stessa definizione la forza maggiore deve essere assoluta e, cioè, non vincibile né superabile in alcuna maniera, sì che tale non può considerarsi quella situazione che, con intensità di impegno e di diligenza tipico o normale, avrebbe potuto essere altrimenti superata.
Il caso fortuito, poi, è un dato della realtà imprevedibile e che soverchia ogni possibilità di resistenza e di contrasto (Sez. Un. 11 aprile 2006, n. 14991; v. anche Corte Cost. n. 101 del 1993).
Trattasi all’evidenza di fattispecie che esulano dal tema qui prospettato che, peraltro, non fa alcun riferimento ad alcuna delle due ipotesi indicate.
Trattandosi, inoltre, nel caso di specie, di sentenza non ancora passata in giudicato – per non essere neppure decorsi i termini di impugnazione nei confronti dell’imputato ove dimostri di non avere avuto conoscenza dei processo e della decisione – sarebbe al più residuata la possibilità di un’impugnazione apparentemente – tardiva dell’imputato – tenuto conto che il principio di unicità dell’impugnazione deve ritenersi superato a seguito della pronuncia della Corte Costituzionale n. 317 del 2009 e della successiva giurisprudenza di legittimità giustificata dalle ragioni qui esposte, da valutarsi direttamente da parte del giudice dell’impugnazione.
Ciò di là del rimedio rescissorio che l’ordinamento appresta come extrema ratio.
Dalle argomentazioni svolte deriva la declaratoria di inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro 3000 a favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro 3000 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 15/12/2023.