Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 27699 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 27699 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 20/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME COGNOME nato a Milano il 06/07/1964 avverso la sentenza del 04/11/2024 del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Milano visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza indicata in epigrafe il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Milano ha applicato a NOME COGNOME, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., per il reato di bancarotta fraudolenta continuata, con le attenuanti generiche equivalenti all’aggravante della pluralità delle condotte di bancarotta, la pena di anni tre di reclusione, da lui concordata con il Pubblico ministero, nonché le pene accessorie della inabilitazione all’esercizio di un’impresa commerciale e dell’incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa per anni otto.
2. A seguito di ordinanza del 4 gennaio 2025 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano che ha disposto la restituzione di NOME COGNOME nel termine per impugnare detta sentenza, ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, chiedendone l’annullamento limitatamente al punto relativo alla durata delle pene accessorie ed articolando un solo motivo, con il quale, premettendo che tale durata non aveva costituito oggetto di accordo con il Pubblico ministero, denuncia la carenza di motivazione sul punto, atteso che la determinazione di tale durata in misura prossima al massimo edittale richiede una specifica motivazione in ordine ai criteri oggettivi e soggettivi di cui all’art. 133 cod. pen. e risulta comunque in contrasto con la misura della pena principale, fissata in misura pari al minimo editttale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Per la natura pregiudiziale della questione, va innanzitutto rilevata l’incompetenza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano a decidere in ordine all’istanza di restituzione nel termine per impugnare la sentenza emessa dallo stesso Giudice e la conseguente nullità dell’ordinanza del 4 gennaio 2025.
Ai sensi dell’art. 175, comma 4, cod. proc. pen., competente a decidere sulla richiesta è il giudice che procede al tempo della presentazione della stessa e se sono stati pronunciati sentenza o decreto di condanna, decide il giudice che sarebbe competente sulla impugnazione o sulla opposizione.
Pertanto, a conoscere della restituzione nel termine per impugnare la sentenza di patteggiamento emessa dal Giudice per le indagini preliminari come nella fattispecie in esame – è competente la Corte di cassazione.
L’ordinanza adottata dal Giudice per le indagini preliminari risulta, quindi, nulla perché affetta dal vizio di incompetenza funzionale, rilevabile anche d’ufficio nel successivo giudizio di cassazione (Sez. 1, n. 17053 del 02/04/2012 dep. 2012, COGNOME, Rv. 252928).
Deve ribadirsi in questa sede che non è autonomamente impugnabile l’ordinanza che concede la restituzione nel termine per proporre ricorso per cassazione (Sez. 4, n. 20420 del 27/04/2021, Khan Saadat, Rv. 281207).
Ai sensi dell’art. 175, commi 5 e 6, cod. proc. pen., mentre la parte interessata alla restituzione nel termine per l’impugnazione o l’opposizione può proporre ricorso per cassazione avverso il provvedimento che respinge l’istanza, la parte controinteressata alla restituzione nel termine non può impugnare direttamente il provvedimento che la concede.
Ciò, tuttavia, non vale ad escludere, laddove l’istanza sia stata accolta, il potere del giudice dell’impugnazione o dell’opposizione di valutare la correttezza del provvedimento e quindi, laddove esso sia viziato o sia stato emesso senza che ne sussistessero i presupposti, di dichiarare con sentenza l’inammissibilità della impugnazione per tardività.
Deve, quindi, essere rilevata la nullità, per incompetenza funzionale, dell’ordinanza del 4 gennaio 2025 del Giudice per le indagini preliminari che ha disposto la rimessione di NOME COGNOME nel termine per impugnare la sentenza emessa dallo stesso Giudice.
Né sul merito della medesima istanza di rimessione nel termine può in questa sede pronunciarsi questa Corte di cassazione a seguito della trasmissione degli atti in conseguenza della proposizione del ricorso per cassazione avverso la sentenza di applicazione di pena.
Nel caso di specie non è applicabile il disposto dell’art. 568, comma 5, cod. proc. pen.
Questa Corte ha già affermato il principio, che il Collegio condivide, secondo cui la disposizione dell’art. 568, comma 5, cod. proc. pen. – in forza del quale l’impugnazione proposta a giudice incompetente deve essere da questo trasmessa a quello competente – non può considerarsi principio generale applicabile al di fuori della materia delle impugnazioni, atteso che tale regola vale esclusivamente nel caso in cui l’erronea individuazione del giudice dipenda da errata qualificazione del mezzo di impugnazione, dovendo altrimenti ritenersi inammissibile il gravame (Sez. 4, n. 29246 del 18/06/2013, COGNOME, Rv. 255464; vedi anche Sez. 3, n. 33647 del 08/07/2022, COGNOME, Rv. 283474, che esclude che l’istanza ex art. 175 cod. proc. pen. abbia natura di impugnazione e che ad essa si applichi l’art. 568, comma 5, cod. proc. pen.).
Peraltro, anche ove si volesse ritenere che a seguito della presentazione dell’istanza a giudice incompetente questo sia tenuto a trasmetterla al giudice competente, deve rilevarsi che, per effetto dell’erronea presentazione dell’istanza al Giudice incompetente, la richiesta è pervenuta alla Cancelleria di questa Corte di cassazione unitamente al ricorso per cassazione, ossia in data 22 gennaio 2025, ossia cinquantaquattro giorni dopo che il difensore aveva ottenuto copia della sentenza di applicazione, cosicché la stessa risulta ormai inammissibile per tardività (vedi Sez. 3, n. 10409 del 16/01/2020, COGNOME, Rv. 278773).
Considerato che l’ordinanza del 4 gennaio 2025 che ha disposto la rimessione di NOME COGNOME nel termine per impugnare è affetta da nullità e che la istanza di restituzione nel termine per impugnare la sentenza è tardivamente
pervenuta a questa Corte di cassazione ed è quindi inammissibile, il ricorso dell’imputato, proposto in data 23 gennaio 2025, è anch’esso inammissibile per
tardività.
3. In ogni caso, peraltro, il ricorso risulta manifestamente infondato, atteso che il Giudice del merito ha adeguatamente motivato in ordine alla durata delle
pene accessorie fallimentari ponendo in rilievo la «elevata gravità delle condotte delittuose, protrattesi per un lungo arco temporale nell’ambito di due diverse
società».
4. All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod.
proc. pen., al pagamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che si reputa equo fissare in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 20/06/2025.