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Restituzione in termini: quando inizia a decorrere?

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di una donna che chiedeva la restituzione in termini per appellare una vecchia sentenza di condanna. La Corte ha stabilito che la notifica dell’estratto contumaciale al fratello, dichiarato convivente, era valida. Inoltre, il termine per la richiesta decorreva non dalla recente presa visione degli atti, ma dal 2016, anno in cui la ricorrente aveva ricevuto un ordine di demolizione basato su quella sentenza, acquisendo così ‘effettiva conoscenza’ del provvedimento.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Restituzione in Termini: la Conoscenza di un Atto Esecutivo Fa Scattare la Scadenza

La restituzione in termini è un salvagente processuale fondamentale per chi, senza colpa, non ha avuto conoscenza di un provvedimento e ha perso la possibilità di impugnarlo. Ma quando si può dire di avere avuto ‘effettiva conoscenza’? Basta ricevere un atto collegato alla sentenza, come un ordine di demolizione, per far partire il conto alla rovescia? Con una recente sentenza, la Corte di Cassazione ha fornito un’importante precisazione su questo punto, analizzando anche la validità delle notifiche a familiari conviventi.

I Fatti del Caso

Una signora si vedeva rigettare dal giudice dell’esecuzione la richiesta di dichiarare ineseguibile una sentenza di condanna emessa nei suoi confronti nel lontano 2000. Contestualmente, le veniva negata la restituzione in termini per proporre appello avverso quella decisione. La sua difesa si basava su un presunto vizio della notifica dell’estratto contumaciale: l’atto era stato consegnato a suo fratello presso l’indirizzo di residenza, ma la ricorrente sosteneva che né lei né il fratello vivessero più lì in quel periodo. Inoltre, affermava di aver appreso dell’irregolarità della notifica e della sentenza solo nel 2024, dopo aver ricevuto un ordine di sgombero. La difesa sosteneva che un precedente ordine di demolizione, notificatole nel 2016, non fosse sufficiente a integrare quella ‘effettiva conoscenza’ richiesta dalla legge per far decorrere il termine.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione del tribunale. Secondo gli Ermellini, la richiesta della ricorrente era palesemente tardiva e basata su presupposti errati, sia per quanto riguarda la validità della notifica originaria, sia per l’individuazione del momento in cui ha avuto effettiva conoscenza della sentenza.

Le Motivazioni: la validità della notifica e il dies a quo

La sentenza si articola su due pilastri argomentativi che chiariscono aspetti cruciali della procedura penale.

La Validità della Notifica al Familiare Convivente

In primo luogo, la Corte ha ribadito la piena validità della notifica dell’estratto contumaciale. La consegna era avvenuta presso il domicilio dichiarato dall’imputata, a mani di un soggetto (il fratello) che l’ufficiale giudiziario aveva identificato come ‘capace e convivente’. La relazione di notifica, in quanto atto pubblico, è dotata di efficacia fidefaciente: le sue attestazioni sono valide fino a prova contraria, che deve essere fornita tramite una procedura specifica (querela di falso). La Corte ha specificato che una diversa residenza anagrafica non è sufficiente a smentire la dichiarazione di convivenza, che può avere anche carattere temporaneo. Inoltre, la ricorrente non ha mai comunicato un cambio di domicilio, né ha fornito ragioni plausibili per cui il fratello, suo stretto congiunto, le avrebbe taciuto un atto così importante.

L’Effettiva Conoscenza e la Tardività della Richiesta di Restituzione in Termini

Il punto cruciale della decisione riguarda il dies a quo, ovvero il giorno da cui far partire il termine di 30 giorni per chiedere la restituzione in termini. La Corte ha chiarito che per ‘effettiva conoscenza del provvedimento’ non si intende la lettura integrale del suo contenuto motivazionale, ma la conoscenza certa della sua esistenza e dei suoi dati identificativi.

Nel caso specifico, la ricorrente aveva ricevuto la notifica di un ordine di demolizione relativo all’opera oggetto della condanna già nel 2016. Quell’atto, per sua natura, presupponeva l’esistenza di una sentenza di condanna definitiva. Da quel momento, la signora aveva tutti gli elementi per sapere di essere stata condannata e per attivarsi al fine di ottenere copia della sentenza e valutarne l’impugnazione. Attendere fino al 2024 è stato, quindi, ritenuto ingiustificabile. Il termine era abbondantemente scaduto, rendendo la sua istanza irrimediabilmente tardiva.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa sentenza offre due importanti lezioni pratiche. La prima è l’importanza di comunicare sempre e tempestivamente ogni variazione del proprio domicilio alle autorità giudiziarie per garantire la corretta ricezione degli atti. La seconda, ancora più rilevante, è che il termine per richiedere la restituzione in termini non attende la comoda lettura della sentenza. Esso inizia a decorrere dal momento in cui si riceve un qualsiasi atto formale che, in modo inequivocabile, ci rende consapevoli dell’esistenza di una condanna a nostro carico. Ignorare tali ‘campanelli d’allarme’ procedurali significa perdere definitivamente la possibilità di far valere le proprie ragioni.

Una notifica a un familiare è valida anche se questi ha una diversa residenza anagrafica?
Sì, la notifica è considerata valida se avviene presso il domicilio dichiarato dall’imputato e l’ufficiale giudiziario attesta nella relata di notifica che la persona che riceve l’atto è ‘convivente’ e ‘capace’. Tale attestazione ha efficacia probatoria fino a querela di falso, e la convivenza può avere anche carattere temporaneo.

Da quale momento inizia a decorrere il termine per chiedere la restituzione in termini?
Il termine di trenta giorni decorre dal giorno dell’effettiva conoscenza del provvedimento. Secondo la Corte, questa si realizza non quando si legge l’intero contenuto della sentenza, ma quando si viene a conoscenza dei suoi dati identificativi, anche attraverso la notifica di un atto consequenziale, come un ordine di demolizione.

La notifica di un ordine di demolizione è sufficiente per considerare conosciuta la sentenza di condanna?
Sì. Secondo la sentenza, la notifica di un atto esecutivo come l’ordine di demolizione fornisce alla persona la sicura consapevolezza dell’esistenza della sentenza di condanna su cui tale ordine si fonda. Questo fa scattare il termine per presentare l’istanza di restituzione in termini per impugnare la sentenza stessa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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