Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 8211 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 8211 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 10/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nata il 25/12/1984 a Torino
avverso l’ordinanza del 04/06/2024 della Corte d’appello di Palermo;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che la sentenza sia annullata con rinvio al giudice dell’appello.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe, la Corte d’appello di Palermo respingeva l’istanza di rescissione del giudicato avanzata da NOME COGNOME deducendo il difetto di prova quanto alla conoscenza effettiva del giudizio di appello, stante l’avvenuta notifica del relativo atto di citazione, ai sensi dell’art. 158, comma 8-
bis cod. proc. pen. ad un avvocato erroneamente indicato quale suo difensore di fiducia.
Contro il provvedimento ha proposto ricorso di cassazione NOME COGNOME che ha dedotto mancanza di motivazione sulla richiesta di restituzione in termini.
Con l’incidente di esecuzione era stata chiesta la rescissione del giudicato e, in subordine, la restituzione nel termine per proporre impugnazione.
Tuttavia, con successiva memoria, la ricorrente precisava i termini della domanda, rinunciando alla richiesta di rescissione del giudicato, essendo emerso dagli atti che la condannata aveva avuto effettiva conoscenza del procedimento di primo grado a seguito della notifica del decreto di citazione a giudizio presso la casa circondariale di Rebibbia, ed insistendo per la sola restituzione in termini, poiché la notifica dell’avviso di fissazione non era stata effettuata ai sensi dell’art. 158, comma 8-bis cod. proc. pen. al difensore di fiducia.
Tale difensore era stato, infatti, erroneamente individuato nell’avv. COGNOME che non rivestiva il ruolo di difensore nel procedimento in oggetto (ma in diverso procedimento penale a carico dell’imputata), mentre l’avv. COGNOME era stato nominato ai sensi dell’art. 97, comma 4, cod. proc. pen.
La Corte d’appello, tuttavia, nulla ha risposto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
L’imputata aveva inizialmente presentato domanda di rescissione e, in subordine, di restituzione in termini (prima dell’entrata in vigore della c.d. riforma Cartabia, che ha mutato la disciplina sul punto).
A tale istanza, la Corte d’appello – dopo aver ripercorso le tappe della vicenda processuale – ha correttamente risposto in termini negativi.
Ha evidenziato come la normativa applicabile andasse individuata nel previgente testo dell’art 629-bis, comma 1, cod. proc. pen. (sul punto, ha citato giurisprudenza di questa Corte: Sez. 6, n. 19117 del 23/03/2018, Tardiota, Rv. 273441), a mente del quale il condannato (o sottoposto a misure di sicurezza) con sentenza passata in giudicato, nei cui confronti sia proceduto in assenza 41Der tutta la durata del processo’, può ottenere la rescissione del giudicato qualora provi che l’assenza è stata dovuta a una incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo.
Quindi, ha escluso che tale fosse il caso dell’istante, a cui era stato notificato il decreto di citazione in giudizio a mani presso il carcere di Rebibbia, ravvisando un ignoranza colpevole » , per aver ella manifestato un totale disinteresse rispetto all’esito del giudizio, come dimostrava il fatto che si era resa irreperibile e che era venuta meno all’obbligo di comunicare all’autorità giudiziaria il mutamento di domicilio dichiarato al momento della scarcerazione.
Ha negato, infine, ci fosse stata violazione del diritto di difesa, dal momento che, dopo la rinuncia al mandato difensivo da parte dell’avvocato COGNOME all’istante era stato nominato un difensore di ufficio (che propose appello e che fu reso edotto dello svolgimento e dell’esito del giudizio di secondo grado).
Quanto alla successiva richiesta di restituzione in termini, è vero che il Giudice dell’appello non ha risposto alla memoria difensiva. Ma non era tenuto a farlo, sicché il silenzio non vizia la motivazione dell’ordinanza impugnata.
L’istanza di restituzione in termini di cui parla la ricorrente era, infatti, tardiva (oltre che indirizzata ad autorità funzionalmente non competente), essendo stata presentata al di là del termine dell’art. 175, comma 1, cod. proc. pen.: essa porta la data 27/05/2024, laddove la conoscenza della condanna irrevocabile risale quantomeno al 26/01/2024, data della procura speciale conferita al difensore (che la firmò digitalmente il 14/02/2024) per presentare istanza di restituzione in termine «e/o» istanza di rescissione.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento delle somme indicate nel dispositivo, ritenute eque, in favore della Cassa delle ammende, in applicazione dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.
Così deciso il 10/12/2024