LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Restituzione in termini: quando è inammissibile?

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un’imputata che chiedeva la restituzione in termini per impugnare una sentenza di condanna. La decisione si basa sulla tardività dell’istanza, presentata mesi dopo aver avuto conoscenza della condanna definitiva, e sulla precedente ‘ignoranza colpevole’ del processo dimostrata dall’imputata. La sentenza sottolinea il rigore dei termini processuali e le conseguenze della negligenza dell’imputato.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 13 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Restituzione in Termini: La Cassazione Sancisce l’Inammissibilità per Tardività

La restituzione in termini è un istituto fondamentale del nostro ordinamento processuale, che offre una seconda possibilità a chi non ha potuto esercitare un diritto entro i tempi previsti per cause non imputabili. Tuttavia, la sua applicazione è soggetta a requisiti rigorosi. Una recente sentenza della Corte di Cassazione Penale ha ribadito questi limiti, dichiarando inammissibile un ricorso basato su una richiesta tardiva, sottolineando l’importanza della diligenza dell’imputato.

I Fatti del Caso: Una Complessa Vicenda Processuale

Il caso riguarda una donna condannata in via definitiva. Inizialmente, l’imputata aveva avuto conoscenza del procedimento di primo grado, poiché il decreto di citazione le era stato notificato presso la casa circondariale dove era detenuta. Successivamente, dopo essere stata scarcerata, si era resa irreperibile, omettendo di comunicare all’autorità giudiziaria il suo nuovo domicilio.

Durante il giudizio d’appello, gestito da un difensore d’ufficio, la notifica dell’avviso di fissazione dell’udienza era stata indirizzata a un avvocato erroneamente identificato come suo difensore di fiducia.

Una volta venuta a conoscenza della condanna definitiva, l’imputata presentava un’istanza di rescissione del giudicato, lamentando di non aver saputo del processo d’appello. In un secondo momento, modificava la sua richiesta, insistendo unicamente per la restituzione in termini al fine di proporre impugnazione.

La Corte d’Appello respingeva la richiesta, e contro tale decisione veniva proposto ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte: Inammissibilità del Ricorso

La Suprema Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno ritenuto che la Corte d’Appello avesse agito correttamente nel respingere le istanze dell’imputata e che il ricorso fosse privo dei requisiti per essere accolto.

Di conseguenza, la ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, come previsto in caso di inammissibilità del ricorso.

Le Motivazioni della Cassazione: Analisi sulla restituzione in termini

La decisione della Cassazione si fonda su due pilastri argomentativi principali, che chiariscono i limiti sia della rescissione del giudicato sia della restituzione in termini.

Il primo punto riguarda la valutazione dell’ignoranza del processo da parte dell’imputata. La Corte ha stabilito che la sua mancata conoscenza del giudizio d’appello non era ‘incolpevole’. Avendo ricevuto la notifica del primo atto del procedimento mentre era detenuta, era suo onere comunicare ogni successivo cambio di domicilio. Rendendosi irreperibile, ha manifestato un totale disinteresse per l’esito del giudizio, un comportamento che la legge qualifica come ‘ignoranza colpevole’ e che preclude l’accesso alla rescissione del giudicato.

Il secondo e decisivo punto concerne la richiesta di restituzione in termini. La Corte ha rilevato che tale istanza era palesemente tardiva. La legge (art. 175 cod. proc. pen.) stabilisce un termine preciso per presentare questa richiesta, che decorre dal momento in cui l’interessato ha effettiva conoscenza del provvedimento. Nel caso di specie, l’imputata era a conoscenza della condanna irrevocabile almeno dal 26 gennaio 2024 (data di conferimento della procura speciale al suo difensore), ma l’istanza è stata presentata solo il 27 maggio 2024, ben oltre i termini di legge. La Corte ha inoltre specificato che la Corte d’Appello non era tenuta a pronunciarsi su una memoria presentata tardivamente e, peraltro, indirizzata a un’autorità non competente.

Conclusioni: L’Importanza della Diligenza e del Rispetto dei Termini Processuali

Questa sentenza offre importanti spunti di riflessione. In primo luogo, ribadisce che gli istituti posti a tutela del diritto di difesa, come la rescissione del giudicato e la restituzione in termini, non possono essere invocati per sanare la negligenza o il disinteresse dell’imputato. Chi è a conoscenza di un procedimento a suo carico ha il dovere di essere diligente e di mantenere i contatti con l’autorità giudiziaria.

In secondo luogo, la pronuncia evidenzia il rigore con cui devono essere osservati i termini processuali. La tardività di un’istanza ne determina l’inammissibilità, senza che il giudice abbia l’obbligo di esaminarla nel merito. Questa decisione serve da monito: la giustizia tutela i diritti, ma richiede anche il rispetto delle regole e dei tempi che ne garantiscono il corretto funzionamento.

Quando una richiesta di restituzione in termini può essere considerata tardiva?
Secondo la sentenza, la richiesta è tardiva se viene presentata oltre il termine previsto dalla legge (art. 175, comma 1, cod. proc. pen.), che decorre dal momento in cui l’interessato ha avuto effettiva conoscenza del provvedimento. Nel caso specifico, l’istanza è stata depositata mesi dopo che la ricorrente era venuta a conoscenza della condanna irrevocabile.

L’ignoranza colpevole del processo impedisce di ottenere la rescissione del giudicato?
Sì. La Corte ha confermato che se la mancata conoscenza del processo da parte dell’imputato è dovuta a una sua condotta negligente, come il manifestare disinteresse e rendersi irreperibile senza comunicare il cambio di domicilio, non è possibile ottenere la rescissione del giudicato. Tale ignoranza è definita ‘colpevole’.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Come stabilito dalla sentenza in applicazione dell’art. 616 cod. proc. pen., la dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro, ritenuta equa, in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati