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Restituzione in termini: prova e notifica corretta

Un imputato, condannato in assenza, ha richiesto la restituzione in termini per proporre appello, sostenendo di non aver mai avuto conoscenza del processo. La Corte di Cassazione, pur correggendo la motivazione della Corte d’Appello riguardo al rimedio applicabile dopo la Riforma Cartabia, ha rigettato il ricorso. Ha stabilito che la restituzione in termini è il rimedio corretto in caso di legittima dichiarazione di assenza, ma nel caso specifico, l’imputato non ha fornito la prova di non aver avuto effettiva conoscenza del procedimento, dato che la notifica della citazione a giudizio è stata ritenuta valida e correttamente eseguita presso il domicilio eletto.

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Pubblicato il 6 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Restituzione in Termini e Giudizio in Assenza: La Cassazione Chiarisce i Rimedi Post-Riforma Cartabia

Essere condannati senza nemmeno sapere di essere sotto processo è uno degli scenari più problematici del nostro sistema giudiziario. La legge prevede dei rimedi, ma la loro corretta applicazione è fondamentale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione fa luce sull’istituto della restituzione in termini dopo la Riforma Cartabia, chiarendo la sua funzione rispetto alla rescissione del giudicato e sottolineando l’importanza cruciale della prova della notifica. Vediamo insieme cosa ha deciso la Suprema Corte.

I Fatti del Caso: Una Condanna Sconosciuta

Un uomo viene condannato in primo grado con una sentenza emessa nel marzo 2023. Tuttavia, egli sostiene di essere venuto a conoscenza dell’intero procedimento penale a suo carico solo nell’ottobre 2023, quando gli viene notificato l’ordine di esecuzione della pena. Ritenendo di non aver mai avuto notizia del processo e, di conseguenza, di non aver potuto esercitare il suo diritto di difesa e di appello, presenta un’istanza alla Corte di Appello per ottenere la restituzione in termini.

La Corte di Appello, però, dichiara l’istanza inammissibile. Secondo i giudici di secondo grado, una volta che la sentenza è diventata definitiva, l’unico rimedio esperibile sarebbe la rescissione del giudicato (art. 629-bis c.p.p.) e non la restituzione nel termine. Contro questa decisione, l’imputato ricorre in Cassazione.

La Decisione della Corte: La Distinzione tra Restituzione e Rescissione

La Corte di Cassazione rigetta il ricorso dell’imputato, ma non prima di aver corretto l’impostazione giuridica della Corte di Appello. La Suprema Corte chiarisce un punto fondamentale introdotto dalla Riforma Cartabia (D.Lgs. 150/2022). La distinzione tra i due istituti ora è la seguente:

Rescissione del giudicato (art. 629-bis c.p.p.): Si applica quando la dichiarazione di assenza dell’imputato era erronea fin dall’inizio*. In pratica, il giudice di primo grado ha sbagliato a procedere in assenza perché non vi erano prove sufficienti della conoscenza del processo da parte dell’imputato.
Restituzione in termini (art. 175, comma 2.1, c.p.p.): Si applica quando la dichiarazione di assenza era legittima al momento della decisione, ma l’imputato riesce a provare successivamente* di non aver avuto effettiva conoscenza del processo e di non aver potuto proporre impugnazione senza sua colpa.

Quindi, contrariamente a quanto affermato dalla Corte d’Appello, il rimedio richiesto dall’imputato era, in astratto, quello corretto.

Le Motivazioni: L’Onere della Prova e la Validità della Notifica

Nonostante la correzione del principio di diritto, la Cassazione ha ritenuto il ricorso infondato nel merito. Il punto focale si sposta sulla validità della notifica della citazione a giudizio. L’imputato, infatti, non è riuscito a superare l’onere della prova a suo carico: dimostrare di non aver avuto effettiva conoscenza del processo.

L’importanza della prova nella restituzione in termini

La Corte ha esaminato gli atti processuali e ha scoperto diversi elementi a sfavore del ricorrente. Anni prima, l’imputato aveva eletto domicilio presso la sua residenza, nominando contestualmente un difensore di fiducia. Questo dimostrava una sua iniziale conoscenza della pendenza di un procedimento.

L’Analisi della Notificazione: Domicilio Eletto e Firma Illeggibile

L’ufficiale giudiziario aveva tentato la notifica al domicilio eletto. Sebbene inizialmente l’indirizzo fosse stato indicato con un numero civico errato, l’ufficiale lo aveva corretto a penna sulla relata di notifica, attestando di essersi recato al civico corretto. Successivamente, la notifica era stata perfezionata tramite raccomandata con avviso di ricevimento.

La difesa aveva contestato la validità della notifica sostenendo due punti:
1. L’indirizzo era sbagliato.
2. La firma sulla ricevuta della raccomandata era illeggibile e sembrava riportare un nome (‘Carmelo’) non riconducibile né all’imputato né ai suoi familiari.

La Cassazione ha respinto entrambe le obiezioni. In primo luogo, la correzione a mano dell’ufficiale giudiziario sulla relata di notifica fa fede fino a querela di falso. In secondo luogo, secondo una consolidata giurisprudenza, quando una notifica postale viene consegnata all’indirizzo del destinatario e la ricevuta è firmata nello spazio dedicato al ‘destinatario’, la consegna si presume avvenuta a mani proprie. L’illeggibilità della firma è irrilevante, in quanto spetta al destinatario contestare la genuinità della stessa attraverso lo strumento della querela di falso.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per l’Imputato Assente

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: la Riforma Cartabia ha ampliato le tutele per l’imputato assente, ma non ha eliminato l’onere della prova a suo carico. Per ottenere la restituzione in termini, non è sufficiente lamentare una generica mancata conoscenza del processo. È necessario fornire prove concrete che dimostrino un vizio nella notificazione o un’impossibilità incolpevole di venire a conoscenza del procedimento. La corretta elezione di domicilio e la successiva regolare notificazione presso tale luogo costituiscono elementi forti che il giudice valuta per ritenere che l’imputato fosse a conoscenza del processo e che la sua assenza sia stata una scelta volontaria.

Dopo la Riforma Cartabia, qual è il rimedio per l’imputato giudicato in assenza che non sapeva del processo?
Il rimedio corretto è la restituzione in termini (art. 175, comma 2.1, c.p.p.) se la dichiarazione di assenza era legittima al momento in cui fu pronunciata, ma l’imputato prova successivamente di non aver avuto conoscenza del processo senza sua colpa. Se, invece, la dichiarazione di assenza era erronea fin dall’origine, il rimedio è la rescissione del giudicato (art. 629-bis c.p.p.).

Una firma illeggibile sulla ricevuta di una notifica a mezzo posta la rende nulla?
No. Secondo la giurisprudenza consolidata, se l’atto viene consegnato all’indirizzo corretto del destinatario e una persona firma l’avviso di ricevimento nello spazio apposito, la notifica si presume validamente effettuata nelle mani del destinatario stesso. L’illeggibilità della firma non inficia la validità della notifica, a meno che non venga contestata con una querela di falso.

Cosa deve provare l’imputato per ottenere la restituzione in termini per impugnare una sentenza?
L’imputato deve fornire la prova di due circostanze: primo, di non aver avuto effettiva conoscenza della pendenza del processo; secondo, di non aver potuto proporre impugnazione nei termini previsti per una causa a lui non imputabile (senza sua colpa).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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