LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Restituzione in termini: non è rescissione del giudicato

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26420/2025, ha rigettato il ricorso di un condannato che aveva erroneamente richiesto la restituzione in termini per impugnare una sentenza emessa in sua assenza. La Corte ha stabilito che l’istanza di restituzione in termini non può essere riqualificata come richiesta di rescissione del giudicato, unico rimedio esperibile in tali circostanze, poiché non rientra tra i mezzi di impugnazione a cui si applica il principio di conservazione degli atti.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 25 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Restituzione in termini o rescissione del giudicato? La Cassazione fa chiarezza

Nel complesso panorama della procedura penale, la scelta dello strumento giuridico corretto è fondamentale per la tutela dei propri diritti. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 26420/2025) mette in luce le conseguenze di un errore nella qualificazione dell’istanza presentata, distinguendo nettamente i campi di applicazione della restituzione in termini e della rescissione del giudicato. Comprendere questa differenza è cruciale, specialmente per chi è stato condannato senza aver avuto piena conoscenza del processo a suo carico.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dalla condanna di un uomo da parte del Tribunale di Bari. Successivamente, l’imputato presentava un’istanza alla Corte di Appello chiedendo di essere “restituito in termini” per poter impugnare la sentenza di primo grado. Sosteneva di essere venuto a conoscenza del procedimento e della condanna solo in un secondo momento. La Corte di Appello, tuttavia, dichiarava l’istanza inammissibile. Contro questa decisione, l’interessato proponeva ricorso per cassazione.

I Motivi del Ricorso: un errore di qualificazione dell’istanza?

Il ricorrente lamentava principalmente due aspetti. In primo luogo, sosteneva che la Corte di Appello avesse commesso un errore di percezione, travisando l’oggetto della sua richiesta. A suo dire, sebbene formalmente intitolata come istanza di restituzione in termini, il contenuto sostanziale mirava a ottenere una “rescissione del giudicato”, l’istituto previsto dall’art. 629-bis c.p.p. per i condannati in assenza che non hanno avuto effettiva conoscenza del processo. In secondo luogo, criticava la decisione per non aver adeguatamente considerato le sue argomentazioni relative a una presunta violazione delle norme sulla notifica dell’atto di citazione a giudizio (vocatio in iudicium).

La Decisione della Cassazione: la corretta applicazione della restituzione in termini

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato. I giudici hanno chiarito che la Corte di Appello non era incorsa in alcun errore. L’istanza presentata dal ricorrente era stata correttamente identificata per quello che era formalmente: una richiesta di restituzione in termini ai sensi dell’art. 175 c.p.p.

La Cassazione ha sottolineato che il rimedio specifico per le situazioni in cui un imputato, dichiarato assente, intende contestare una sentenza di condanna passata in giudicato sostenendo di non aver avuto conoscenza del processo, è unicamente la rescissione del giudicato. I due istituti, pur avendo finalità riparatorie, operano su piani diversi e non sono intercambiabili.

le motivazioni

Il punto centrale della motivazione risiede nell’impossibilità di “riqualificare” un’istanza di restituzione in termini in una richiesta di rescissione del giudicato. La Corte ha spiegato che il principio di conservazione degli atti di impugnazione (sancito dall’art. 568, comma 5, c.p.p.), che permette al giudice di dare all’impugnazione la qualificazione giuridica corretta anche se erroneamente indicata dalla parte, si applica esclusivamente ai rimedi qualificati dal codice come “mezzi di impugnazione”.

L’istanza di restituzione in termini, secondo la giurisprudenza consolidata richiamata dalla stessa Corte, non è un mezzo di impugnazione. È, invece, un rimedio di carattere generale volto a sanare la decadenza da un termine procedurale per cause non imputabili alla parte. Di conseguenza, non essendo un’impugnazione, non può essere convertita o riqualificata in una richiesta di rescissione. La forma e la denominazione date all’atto dalla parte, in questo specifico contesto, si sono rivelate decisive e non superabili dall’interpretazione del giudice.

le conclusioni

La sentenza in esame offre un’importante lezione pratica: in diritto processuale, la forma è sostanza. L’utilizzo di uno strumento giuridico al posto di un altro può avere conseguenze irrimediabili, come l’inammissibilità della richiesta. Per un imputato condannato in assenza che non ha avuto conoscenza del processo, l’unica via per rimettere in discussione la sentenza definitiva è la rescissione del giudicato. Confondere questo rimedio straordinario con la più generica restituzione in termini costituisce un errore fatale che preclude la possibilità di difendersi nel merito. La decisione ribadisce la necessità di una scrupolosa attenzione nella redazione degli atti giudiziari e una profonda conoscenza delle specifiche funzioni di ogni istituto processuale.

È possibile chiedere la ‘restituzione in termini’ per impugnare una sentenza quando si è stati processati in assenza senza saperlo?
No, la sentenza stabilisce che il rimedio corretto in questo caso è la ‘rescissione del giudicato’ (art. 629-bis c.p.p.), non la restituzione in termini.

Un’istanza di ‘restituzione in termini’ può essere considerata dal giudice come una richiesta di ‘rescissione del giudicato’?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che il principio di conservazione degli atti, che permette di riqualificare un’impugnazione, non si applica all’istanza di restituzione in termini, poiché quest’ultima non è un mezzo di impugnazione.

Qual è la differenza fondamentale tra restituzione in termini e rescissione del giudicato secondo questa sentenza?
La restituzione in termini (art. 175 c.p.p.) è un rimedio generico per superare la scadenza di un termine per caso fortuito o forza maggiore. La rescissione del giudicato (art. 629-bis c.p.p.) è uno strumento specifico e straordinario previsto per chi è stato condannato in assenza e può provare di non aver avuto conoscenza del processo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati