Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 38627 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 38627 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Pompei il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del Tribunale di Milano in data 21.5.2024
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza resa in data 21/5/2024, il Tribunale di Milano ha provveduto su una richiesta, presentata il 4/4/2022 nell’interesse di COGNOME NOME, di sospensione e revoca del provvedimento di esecuzione di pene concorrenti emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano il 23/2/2022, da disporsi previa dichiarazione di non esecutività della sentenza del Tribunale di
fk”‘
Milano del 7/5/2018 (definitiva il 5/7/2021) con conseguente remissione dell’imputato in termini per l’impugnazione.
Il Tribunale di Milano ha dichiarato il non luogo a provvedere sull’istanza, in quanto dagli atti risultava che con un’ordinanza della Corte di Appello di Milano del I 10/6/2022, confermata dalla Seconda Sezione della Corte di Cassazione con sentenza del 10/1/2023, fosse stata già respinta una istanza di rescissione del giudicato della medesima sentenza. Di conseguenza, il rimedio restitutorio nel termine per impugnare la sentenza di condanna in ragione della mancata conoscenza del processo è stato già esperito.
Avverso tale ordinanza, ha proposto ricorso il difensore dell’imputato, articolando un unico motivo, con cui deduce la violazione degli artt. 175 e 670 cod. proc. pen., con conseguente travisamento e mancanza di motivazione.
Si duole che, in realtà, la difesa avesse formulato l’istanza per la mancata partecipazione dell’imputato al processo e per la mancata conoscenza della sentenza, causate dal suo stato di detenzione non rilevato in quanto la notifica del decreto di citazione era avvenuta presso il difensore d’ufficio ai sensi dell’art. 161, connma 4, cod. proc. pen.
L’eccepito stato di detenzione integrava un’ipotesi di forza maggiore, tale da giustificare la restituzione in termini, ma questo aspetto non è stato affrontato nell’ordinanza impugnata, la quale ha confuso l’istanza di restituzione del termine per proporre impugnazione con l’istanza di rescissione del giudicato per la mancata conoscenza del procedimento.
Di conseguenza, il tribunale ha erroneamente proceduto de plano, in assenza di contraddittorio, laddove invece avrebbe dovuto fissare l’udienza cannerale.
Con requisitoria scritta del 26.6.2024, il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso, in quanto il profilo della mancata conoscenza del procedimento è stato già affrontato con l’istanza di rescissione del giudicato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
In considerazione della natura dell’eccezione proposta, occorre innanzitutto prendere in considerazione la sentenza della Seconda Sezione della Corte di Cassazione (n. 11983 del 2023), la quale ha confermato l’ordinanza della Corte d’Appello di Milano che aveva respinto l’istanza di rescissione della sentenza passata in giudicato – del Tribunale di Milano del 7.5.2018.
Giacché la decisione oggi impugnata ha ritenuto che il rigetto dell’istanza di rescissione del giudicato avesse determinato il superamento della richiesta relativa al rimedio restitutorio del termine per impugnare, è necessario ricostruire preliminarmente i termini in cui era stata impostata la prima istanza e i motivi per i quali è stata poi disattesa.
La sentenza di questa Corte sopra richiamata dà atto che COGNOME abbia proposto il primo ricorso per cassazione, deducendo violazione di norme processuali ex artt. 420-bis, 420-quater e 604, comma 5-bis, cod. proc. pen., per la mancata effettiva conoscenza del processo, svoltosi in presenza di un difensore di ufficio che non aveva mai avuto contatti con l’imputato, dichiarato assente in modo non corretto in udienza preliminare in quanto detenuto per altro e con la rinnovazione della citazione da parte del Tribunale, ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen., al difensore d’ufficio.
Ciò posto, la sentenza ha rilevato che, in realtà, l’imputato aveva eletto domicilio e aveva nominato un difensore di fiducia, il quale aveva a sua volta ricevuto regolari avvisi fino all’udienza preliminare (poi aveva rinunciato al mandato), sicché sussisteva la prova che COGNOME avesse avuto piena conoscenza della pendenza del processo e della sua citazione in giudizio.
Ora, la richiesta di sospensione del titolo esecutivo con conseguente remissione in termini per l’innpugnazione, oggetto dell’ordinanza qui in esame, è antecedente alla succitata sentenza della Corte di Cassazione, anche se la Corte d’Appello di Milano ha provveduto a deciderla successivamente.
Si tratta di valutare se tale istanza abbia il medesimo contenuto di quella di rescissione del giudicato ovvero se sia da considerarsi una istanza diversa (come sostiene il ricorso), nel qual caso il giudice dell’esecuzione avrebbe dovuto instaurare il contraddittorio (fondata o meno che fosse l’istanza).
In questa prospettiva, deve osservarsi che sostanzialmente la richiesta di sospendere l’esecuzione della condanna e di essere restituito nel termine per l’impugnazione si basa sullo stesso motivo della precedente richiesta di rescissione, e cioè che l’imputato non avesse avuto conoscenza del procedimento.
La circostanza che muti la indicazione del motivo per cui ciò sarebbe accaduto – nel caso di specie, lo stato di detenzione di COGNOME, qualificato nel ricorso come integrante un’ipotesi di forza maggiore, mentre, nell’altro caso, la invalidità della dichiarazione di assenza e della notifica eseguita presso il difensore d’ufficio – non muta significativamente, di converso, i termini della questione.
Per quello che risulta dagli atti, lo stato di detenzione era stato già eccepito nell’altro procedimento, ma allo scopo di sostenere che, per effetto di quello stato, la dichiarazione di assenza dell’imputato all’udienza preliminare fosse avvenuta in modo non corretto.
3 GLYPH
(rV
Senonché, disattesa quella deduzione sulla base del rilievo che l’imputato avesse avuto comunque l’effettiva conoscenza del procedimento, l’argomento era stato, pressoché contestualmente, introdotto anche con l’istanza di restituzione nel termine, ma in modo da duplicare, di fatto, la stessa richiesta.
Peraltro, si tratta di una doglianza palesemente infondata, in quanto è pacifico che, in tema di restituzione nei termini, la detenzione dell’imputato non può configurarsi come forza maggiore (Sez. 1, n. 41155 del 24/10/2011, Rv. 251555 – 01; Sez. 2, n. 46232 dell’8/11/2023, Rv. 285518 – 01; Sez. 4, n. 45364 del 18/9/2003, Rv. 226836 – 01).
E’ evidente, dunque, che, sia pure attraverso due vie alternative tra loro (quella della rescissione del giudicato, che postula la mancata formazione del giudicato, e quella della restituzione in termine, che invece presuppone che formalmente sia intervenuta la corretta formazione del titolo esecutivo), il ricorrente abbia dedotto la medesima questione, che però, al momento dell’adozione dell’ordinanza impugnata, era stata già decisa con rigetto dallo stesso ufficio investito come giudice dell’esecuzione.
Ne consegue che correttamente la Corte d’Appello di Milano ha ritenuto che fosse preclusa una seconda pronuncia su un’istanza da considerarsi la riproposizione di una richiesta già respinta.
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 12.7.2024