Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 407 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 407 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 24/07/1988 in ALBANIA
avverso l’ordinanza del 09/06/2023 della CORTE DI APPELLO DI ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico ministero, nella persona dell’Avvocato generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
a seguito di trattazione con procedimento ai sensi dell’art. 611 cod. proc. pen..
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME per il tramite del proprio difensore, impugna l’ordinanza in data 09/06/2023 della Corte di appello di Roma che -con procedura de planoha dichiarato inammissibile per tardività presentato avverso la sentenza in data 26/10/2002 del Tribunale di Viterbo, che lo aveva condannato per il reato di cui all’art. 707 cod. pen..
Deduce:
Violazione di legge, inosservanza di norma processuale e vizio di motivazione in relazione allo stato di detenzione dell’imputato. Vizio di omessa motivazione per la mancata risposta alle deduzioni esposte con l’atto di appello.
Il ricorrente premette che durante l’ultima udienza del 26.1.0.2022 l’imputato era detenuto e perciò legittimamente impedito, così che quegli doveva essere tradotto in udienza.
Precisa, dunque, che «ci si riporta ai principi più volte esaminati dal Supremo Consesso relativamente alla conoscenza che doveva necessariamente essere effettiva e non solo formale sia dello svolgimento del processo, che del suo esito esiziale. Pertanto, ricorrevano tutti i presupposti di diritto per il riconoscimento dell’istituto della rimessione in termini».
Aggiunge che aveva avuto un scambio di PEC e di telefonate con la Cancelleria, che dichiarava al difensore che il termine per il deposito della motivazione era di sessanta giorni e non di trenta giorni, così ricorrendo l’ipotesi dell’errore scusabile.
CONSIDERATO IN FATTO
1. Il ricorso è inammissibile.
1.1. La Corte di appello di Roma, con l’ordinanza impugnata e con procedura de plano, ha dichiarato inammissibile, perché proposto fuori termine, l’appello proposto da Porja avverso la sentenza resa in data 26 ottobre 2022 dal Tribunale di Viterbo, che lo condannava per il reato di cui all’art. 707 cod. peri..
La Corte di appello, in particolare, ha dichiarato tale inammissibilità osservando che l’appello era stato presentato in violazione del termine stabilito dall’art. 585, comma 1, lett. a) cod. proc. pen., ossia quarantacinque giorni decorrenti dalla scadenza del termine fissato dal giudice ai sensi dell’art. 544, comma 3, cod. proc. pen. per il deposito della sentenza.
Ciò premesso, va rilevato come il ricorso non contiene la denuncia di eventuali vizi cui potrebbe essere incorsa la Corte di appello nel ritenere tardiva la presentazione del gravame.
Le argomentazioni esposte con il ricorso, invece, si risolvono nella prospettazione della sussistenza dei presupposti richiesti per la restituzione nei termini previsti per l’impugnazione della sentenza di primo grado, pacificamente (in quanto non contestati) spirati.
Il ricorso, dunque, si presenta come una richiesta di restituzione nei termini per l’impugnazione della sentenza di primo grado.
Ciò conduce a ricordare che la restituzione in termini è disciplinata dall’art. 175 cod. proc. pen. e, in particolare, dall’art. 175, comma 4, cod. proc. pen., che dispone che, quando siano stati pronunciati sentenza o decreto penale di condanna, l’istanza di restituzione in termini va rivolta al giudice che sarebbe competente a decidere sull’impugnazione o sulla opposizione della sentenza o del decreto.
Alla luce di ciò, nel caso in esame, la restituzione in termini -come dettoriguarda l’impugnazione della sentenza di primo grado, così che la relativa istanza
va rivolta alla Corte di appello di Roma, competente a decidere sulla relativa istanza ai sensi del già richiamato art. 175, comma 4, cod. proc. pen..
Quanto esposto fa emergere l’inammissibilità del ricorso, in quanto inteso a ottenere dalla Corte di cassazione un provvedimento spettante alla Corte di appello e perché -conseguentemente- non sono individuabili in esso censure alla sentenza della Corte di appello che siano scrutinabili in questa sede.
3. Alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 17/11/2023