Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 23104 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 23104 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 16/04/1987
istanza di restituzione in termine relativa alla sentenza del 11/07/2016 del TRIBUNALE di MONZA
lette le conclusioni del PG, che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il difensore
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
NOME ha presentato istanza di restituzione nel termine, per impugnare con ricorso per cassazione la sentenza emessa il 11/07/2016 dal Tribunale di Monza, con la quale era stata applicata, su richiesta delle parti ai sensi degli artt.444 e ss. cod .proc.pen., la pena di mesi otto di reclusione ed € 3.000,00 di multa, in relazione al reato previsto dall’art.73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n.309.
Il difensore del l’istante ha esposto che , dalle ‘informazioni in possesso’ del Liksala, risultava che lo stesso avesse chiesto di definire il suddetto procedimento con
applicazione di una pena condizionalmente sospesa, prendendo invece atto, da informazioni assunte successivamente, che il relativo beneficio non era stato concesso, ritenendo quindi che tale elemento fosse idoneo a giustificare la rimessione nel termine per impugnare la sentenza di patteggiamento.
Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta nella quale ha concluso per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
L’istanza di rimessione in termini è inammissibile, in quanto tardiva.
La deduzione dell’odierno ricorrente deve essere valutata in relazione all’art.175, comma 2, cod.proc.pen., come modificato dal d.l. 21 febbraio 2005, convertito nella l. 22 aprile 2005, n.260, ai sensi del quale «Il pubblico ministero, le parti private e i difensori sono restituiti nel termine stabilito a pena di decadenza, se provano di non averlo potuto osservare per caso fortuito o forza maggiore. La richiesta per la restituzione nel termine è presentata, a pena di decadenza, entro dieci giorni da quello nel quale è cessato il caso fortuito o la forza maggiore».
Va quindi ritenuto che, sulla scorta delle stesse deduzioni contenute nel ricorso, costituisce circostanza acquisita quella in base alla quale l’istante abbia avuto conoscenza tanto della pendenza del procedimento quanto della sua definizione, avvenuta all’udienza del 11/07/2016 all’esito di giudizio direttissimo conseguente ad arresto in flagranza -mediante una sentenza di applicazione della pena, ai sensi dell’art.444 cod.proc.pen., nel cui ambito non era stato disposto il beneficio della sospensione condizionale della pena medesima.
Avendo, quindi, lo stesso istante dato atto di avere avuto tempestiva ed effettiva conoscenza del provvedimento, ne consegue che il rimedio della richiesta di rimessione in termini è stato tardivamente proposto; essendo lo stesso da attivare, ai sensi del citato art. 175 cod.proc.pen., nel termine di dieci giorni dal momento in cui è cessata la dedotta situazione di caso fortuito o forza maggiore.
Alla declaratoria d’inammissibilità segue la condanna de ll’istante al pagamento delle spese processuali; ed inoltre, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», l’istante va condannato al pagamento di una somma che si stima equo determinare in euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile l’istanza e condanna l’istante al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 6 giugno 2025