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Restituzione cose sequestrate: udienza necessaria

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza con cui il GIP aveva negato la restituzione di due telefoni cellulari. La decisione è stata presa ‘de plano’, cioè senza udienza. La Suprema Corte ha stabilito che in caso di opposizione al diniego di restituzione cose sequestrate, è obbligatorio procedere con un’udienza in camera di consiglio per garantire il contraddittorio tra le parti, pena la nullità del provvedimento.

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Pubblicato il 19 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Restituzione Cose Sequestrate: Perché la Decisione del Giudice Senza Udienza è Nulla

Nel corso di un procedimento penale, il sequestro di beni personali come i telefoni cellulari è una prassi comune per finalità investigative. Tuttavia, cosa accade quando le indagini si protraggono e si richiede la restituzione di tali beni? Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 35511/2024) fa luce su un aspetto procedurale cruciale: la necessità di un’udienza per decidere sull’opposizione al diniego di restituzione cose sequestrate. Questo principio garantisce il diritto fondamentale al contraddittorio tra le parti.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dal sequestro di due telefoni cellulari avvenuto nel gennaio 2024. Gli interessati, ritenendo cessate le esigenze probatorie, avevano presentato istanza di restituzione al Pubblico Ministero. Quest’ultimo rigettava la richiesta, motivando che le analisi sui dispositivi non erano ancora concluse e che era necessario mantenere il sequestro per valutare un’eventuale futura confisca.

Contro tale diniego, gli interessati proponevano opposizione al Giudice per le Indagini Preliminari (GIP). Il GIP, tuttavia, respingeva l’opposizione con un provvedimento emesso de plano, ovvero senza fissare un’udienza e senza sentire le parti. La motivazione del giudice si basava sulla considerazione che il tempo trascorso dal sequestro fosse ancora ragionevole rispetto alle esigenze investigative.

Il Ricorso per Cassazione e il Principio sulla restituzione cose sequestrate

I difensori degli indagati hanno impugnato l’ordinanza del GIP dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando una violazione fondamentale delle norme processuali. Il motivo del ricorso era uno solo, ma decisivo: il giudice aveva errato nel decidere de plano, omettendo di fissare l’udienza in camera di consiglio come espressamente previsto dall’art. 127 del codice di procedura penale, richiamato dall’art. 263, comma 5, dello stesso codice.

Secondo la difesa, questa omissione non rappresentava un mero errore formale, bensì una violazione che determinava la nullità assoluta del provvedimento, poiché aveva leso il diritto delle parti di essere ascoltate e di argomentare le proprie ragioni.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha accolto pienamente il ricorso, annullando l’ordinanza impugnata. La motivazione della Corte si fonda su un principio cardine del nostro ordinamento processuale: il rispetto del contraddittorio.

I giudici hanno ribadito che l’articolo 263, comma 5, c.p.p. stabilisce in modo esplicito che il giudice, nel decidere sull’opposizione a un diniego di restituzione, deve procedere ‘a norma dell’art. 127’. Quest’ultimo articolo disciplina il procedimento in camera di consiglio, che prevede la fissazione di un’udienza e la possibilità per le parti di partecipare e presentare le proprie difese.

La Corte ha chiarito che una decisione de plano è consentita solo in casi eccezionali, come quando la richiesta introduttiva è manifestamente inammissibile. Nel caso di specie, l’opposizione era pienamente ammissibile, e pertanto il giudice avrebbe dovuto obbligatoriamente instaurare un contraddittorio formale. La violazione di questa regola procedurale, che garantisce il diritto di difesa, non può che comportare la nullità dell’atto compiuto.

Conclusioni

La sentenza in esame rafforza un principio di garanzia fondamentale: la procedura di restituzione cose sequestrate non può essere gestita in modo sbrigativo. Ogni volta che un cittadino si oppone a una decisione del Pubblico Ministero che incide sui suoi beni, ha il diritto di essere ascoltato da un giudice in un’udienza dedicata. Un provvedimento emesso senza questo passaggio fondamentale è viziato da nullità e deve essere annullato. La Corte di Cassazione, con questa pronuncia, ha riaffermato che l’efficienza investigativa non può mai prevalere sulle garanzie processuali e sul diritto di difesa.

Quando ci si oppone al diniego del PM sulla restituzione di beni sequestrati, come deve decidere il giudice?
Il giudice deve decidere sulla questione dopo aver fissato un’udienza in camera di consiglio, seguendo le procedure previste dall’art. 127 del codice di procedura penale. Questo garantisce che tutte le parti coinvolte possano esporre le proprie ragioni.

È valida un’ordinanza sulla restituzione cose sequestrate emessa dal giudice senza aver tenuto un’udienza?
No, non è valida. Secondo la Corte di Cassazione, un’ordinanza emessa ‘de plano’ (senza udienza) in questa materia è affetta da nullità, a meno che l’opposizione iniziale non fosse palesemente inammissibile.

Qual è la conseguenza se un giudice non rispetta l’obbligo di fissare l’udienza?
La conseguenza è la nullità del provvedimento emesso. La Corte di Cassazione annullerà l’ordinanza e rinvierà gli atti al giudice di primo grado affinché proceda a una nuova valutazione, questa volta rispettando le forme procedurali corrette e garantendo il contraddittorio tra le parti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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