Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 17660 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME NOME COGNOME
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 5 Num. 17660 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/04/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
QUINTA SEZIONE PENALE
Composta da
NOME COGNOME
Presidente –
Sent. n. sez. 524/2025
NOME COGNOME
Relatore –
CC – 10/04/2025
COGNOME
R.G.N. 1506/2025
NOME SESSA
Motivazione Semplificata
NOME
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a RECANATI il 04/05/1965
avverso la sentenza del 17/12/2024 del GIP TRIBUNALE di Ancona Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso;
letta la memoria del difensore del ricorrente, Avv. NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 17 dicembre 2024, il Tribunale di Ancona, ufficio Gip, ha applicato a NOME COGNOME la pena concordata fra le parti di mesi sei di reclusione, sostituita ai sensi degli artt. 53 e 56 quater legge n. 689/1981 con la pena pecuniaria pari ad euro 2.700, da versarsi in sei rate mensili, ciascuna da euro 450, per il delitto di cui agli artt. 81 cpv, 482 (in relazione agli art. 476, 477 e 334) cod. pen., per avere esibito, in più occasioni in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, agli agenti di Polizia che avevano proceduto al suo controllo sulla pubblica via la patente di guida scaduta accompagnata da un falso tagliando che ne prorogava la validità e da una altrettanto falsa autorizzazione alla guida, entrambi in apparenza rilasciati dall’Ufficio della motorizzazione di Ancona, e per avere poi sottratto al sequestro i falsi documenti indicati.
Propone ricorso l’imputato, a mezzo del proprio difensore Avv. NOME COGNOME articolando le proprie censure in due motivi.
2.1. Con il primo deduce la violazione di legge in relazione alla mancata restituzione della patente di guida, anche considerando che era da un anno che l’imputato non poteva svolgere la sua attività lavorativa per il sequestro della medesima.
Sul punto si era anche formato l’accordo fra le parti.
Accordo che era stato disatteso dal Gip, che non aveva disposto la restituzione del documento.
Ne derivava la relativa violazione di legge non essendo stato recepito l’accordo fra le parti nella sua integralità.
2.2. Con il secondo motivo lamenta il difetto di motivazione ancora in riferimento alla mancata restituzione della patente di guida.
Potendo costituire il trattenimento della patente una pena accessoria, la stessa non era stata adeguatamente motivata dal giudice e la relativa decisione andava pertanto annullata.
Il Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte, nella persona del sostituto NOME COGNOME ha inviato requisitoria scritta con la quale ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.
Il difensore del ricorrente ha avanzato, con una successiva memoria, una nuova istanza di restituzione della patente di guida.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso promosso nell’interesse del prevenuto è manifestamente infondato.
L’art. 444 cod. proc. pen. consente, al primo comma secondo periodo, all’imputato di concordare con il pubblico ministero, oltre alla pena principale, anche l’applicazione delle pene accessorie (escludendole o fissandone la durata) e della confisca facoltativa (escludendola o disponendola in parte).
E, sempre l’art. 444, al comma terzo, prevede che le parti possano subordinare la validità dell’accordo alla concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena.
E’, allora, evidente come le lamentate violazioni di legge e vizi motivazionali in ordine alla mancata restituzione della patente di guida – in sequestro e non ritenuta falsa – non abbiamo pregio alcuno nel caso di specie, ove né si è provveduto a sospendere la patente di guida, quale eventuale pena accessoria non concordata, né si è decisa la sua non concordata confisca, né si sarebbe potuto condizionare l’accordo alla sua restituzione (potendo essere condizionato al solo, ricordato, beneficio di legge).
Il ricorso proposto è pertanto inammissibile.
Deve, inoltre, aggiungersi che questa Corte ha già avuto modo di ricordare che:
in tema di patteggiamento, la sentenza con cui il giudice non dispone né la confisca né la restituzione del bene sottoposto a sequestro probatorio non può essere impugnata con ricorso per cassazione, dovendo, invece, l’interessato rivolgersi al giudice dell’esecuzione ai sensi dell’art. 263, comma sesto, cod.proc.pen. (Sez. 6, n. 10542 del 18/01/2017, COGNOME, Rv. 269542 – 01);
in tema di patteggiamento, la sentenza del giudice che non ha disposto né la confisca né la restituzione del presunto profitto del reato non può essere impugnata con ricorso per cassazione, essendo, invece, onere dell’interessato rivolgersi al giudice dell’esecuzione il quale, qualora accerti che effettivamente il bene in sequestro vada qualificato come profitto del reato, non può disporre la restituzione, trattandosi comunque di provento conseguente a negozio illecito per contrarietà a norme imperative (Sez. 6, n. 46217 del 12/11/2013, Diao, Rv. 258234 – 01).
Da tale seconda pronuncia emerge, oltre alla competenza del giudice dell’esecuzione in tema di restituzione del bene non oggetto di decisione da parte del giudice del patteggiamento, la necessità di un ulteriore giudizio in fatto che non può essere adottato da questa Corte di legittimità.
All’inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, versando il medesimo in colpa, della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Così deciso, in Roma il 10 aprile 2025.
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME