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Restituzione atti PM: quando non è provvedimento abnorme

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un Pubblico Ministero contro la decisione di un GUP di disporre la restituzione degli atti al PM. Il GUP aveva rilevato che il reato contestato (appropriazione indebita) era diventato, per una modifica legislativa, procedibile con citazione diretta anziché con udienza preliminare. Il PM sosteneva l’abnormità del provvedimento, ma la Cassazione ha concluso che la decisione del GUP era corretta, in quanto applicava la nuova normativa processuale in assenza di prove che l’azione penale fosse stata esercitata prima della sua entrata in vigore.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Restituzione Atti PM: La Cassazione chiarisce i confini dell’abnormità

Una recente sentenza della Corte di Cassazione affronta un’interessante questione procedurale: la restituzione degli atti al PM da parte del Giudice dell’udienza preliminare (GUP) a seguito di una modifica normativa sul rito processuale applicabile. Il caso offre spunti fondamentali per comprendere quando un provvedimento del giudice può essere considerato ‘abnorme’ e, quindi, impugnabile per cassazione.

Il Caso: Dalla Richiesta di Rinvio a Giudizio alla Restituzione degli Atti al PM

La vicenda ha origine dall’iniziativa di un Procuratore della Repubblica, che aveva formulato una richiesta di rinvio a giudizio nei confronti di un imputato per il reato di appropriazione indebita.

Giunto il fascicolo dinanzi al Giudice per l’udienza preliminare, quest’ultimo, con un’ordinanza, disponeva la restituzione degli atti all’ufficio del Pubblico Ministero. La ragione di tale decisione risiedeva in una modifica legislativa (D.Lgs. n. 50/2022), entrata in vigore il 30 dicembre 2022, che aveva inserito il reato di appropriazione indebita tra quelli per cui si deve procedere con citazione diretta a giudizio, escludendo quindi la necessità della fase dell’udienza preliminare.

In sostanza, il GUP riteneva di non poter procedere con l’udienza preliminare, poiché il rito corretto, secondo la nuova legge, era un altro.

Il Ricorso del Pubblico Ministero: L’ipotesi del Provvedimento Abnorme

Contro questa ordinanza, il Pubblico Ministero proponeva ricorso per cassazione, sostenendo che il provvedimento del GUP fosse ‘abnorme’. Secondo il PM, l’ordine di restituzione degli atti avrebbe determinato un’indebita regressione del procedimento a una fase, quella dell’esercizio dell’azione penale, ormai superata. L’atto del giudice, pertanto, si sarebbe posto al di fuori dello schema processuale tipico, configurando un’anomalia da censurare.

A sostegno della propria tesi, il PM richiamava anche un precedente giurisprudenziale che, in un caso simile, aveva dato ragione all’accusa.

La Decisione della Cassazione e la corretta applicazione della legge sulla restituzione degli atti al PM

La Corte di Cassazione, esaminato il ricorso, lo ha dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza, dando piena ragione al GUP.

Le Motivazioni della Sentenza

Il ragionamento della Suprema Corte si basa su un punto cruciale: l’applicazione della legge processuale nel tempo. I giudici hanno evidenziato che, a partire dal 30 dicembre 2022, il reato di appropriazione indebita (art. 646 c.p.) è effettivamente procedibile a citazione diretta, come correttamente rilevato dal GUP.

Disponendo la trasmissione degli atti al PM ai sensi dell’art. 33-sexies c.p.p., il giudice di merito non ha commesso alcuna violazione di legge. La Corte sottolinea un elemento decisivo: nel suo ricorso, il Pubblico Ministero non ha mai specificato né provato che l’esercizio dell’azione penale fosse avvenuto prima dell’entrata in vigore della nuova disciplina. In assenza di tale precisazione, non vi era alcun elemento per ritenere che il GUP dovesse applicare le vecchie regole procedurali.

Di conseguenza, la decisione di restituire gli atti non costituisce un provvedimento abnorme, ma rappresenta la corretta applicazione della normativa processuale vigente al momento della decisione. L’atto del GUP non ha causato una stasi ingiustificata né una regressione illegittima, ma ha semplicemente reindirizzato il procedimento verso il binario corretto previsto dalla legge.

Conclusioni

La sentenza in commento ribadisce un principio fondamentale: il giudice ha il dovere di applicare la legge processuale in vigore al momento della sua decisione. La restituzione degli atti al PM per consentire l’adeguamento del rito processuale a seguito di una modifica normativa non è un atto abnorme, ma un meccanismo fisiologico del sistema volto a garantire il corretto svolgimento del processo. Spetta alla parte che se ne duole, in questo caso il PM, l’onere di dimostrare che, in base al principio tempus regit actum, si sarebbe dovuta applicare una disciplina differente.

Un giudice può restituire gli atti al Pubblico Ministero se si accorge che il rito processuale scelto è sbagliato a causa di una nuova legge?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che il Giudice per l’udienza preliminare ha agito correttamente restituendo gli atti al PM, poiché una nuova legge aveva modificato il rito applicabile per il reato contestato (appropriazione indebita), prevedendo la citazione diretta a giudizio invece dell’udienza preliminare.

Quando un provvedimento del giudice viene considerato ‘abnorme’?
Secondo la sentenza, un provvedimento non è abnorme se rappresenta una corretta applicazione della legge processuale vigente. Diventa abnorme quando si pone al di fuori del sistema, creando una stasi processuale o una regressione ingiustificata a una fase già conclusa. In questo caso, la restituzione degli atti è stata ritenuta una scelta corretta e non anomala.

Chi deve dimostrare quale legge processuale si applica se questa cambia nel tempo?
La sentenza chiarisce che l’onere della prova spetta alla parte che contesta la decisione. Nel caso specifico, il Pubblico Ministero avrebbe dovuto dimostrare che l’azione penale era stata esercitata prima dell’entrata in vigore della nuova legge per poter richiedere l’applicazione della vecchia disciplina. Non avendolo fatto, il suo ricorso è stato ritenuto infondato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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