Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 33038 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 33038 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli avverso l’ordinanza del Tribunale di Avellino del 27/04/2024, nel procedimento a carico di:
NOME COGNOME nato a Sant’Andrea Di Conza il 25/01/1959;
Barone AntonioCOGNOME nato ad Atripalda il 07/04/1976;
COGNOME NOME nato ad Avellino il 28/02/1977;
COGNOME NOMECOGNOME nato a Salerno il 01/06/1984;
COGNOME NOMECOGNOME nata a Contrada il 26/01/1961;
COGNOME NOMECOGNOME nato ad Avellino il 04/12/1975;
NOME NOME nato a Ciriè il 14/08/1983;
COGNOME NOMECOGNOME nato ad Avellino il 31/01/1980;
nonché nei confronti degli enti, per l’illecito dipendente da reato:
RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE (in liquidazione);
13. RAGIONE_SOCIALE
visti gli atti e l’ordinanza impugnata; esaminati i motivi del ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
lette le memorie depositate dai difensori di NOME COGNOME Avvocato NOME COGNOME di COGNOME NOME, Avvocato NOME COGNOME di COGNOME NOME e COGNOME, Avvocato NOME COGNOME di COGNOME, Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME che hanno tutti chiesto che il ricorso del PM venga dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Avellino con ordinanza del 27 aprile 2024, adottata nel corso del giudizio di primo grado nei confronti degli imputati sopra indicati, cui viene contestata la violazione dell’art. 416 bis cod. proc. pen. e altri reati, e degli enti menzionati in epigrafe, responsabili per l’illecito dipendente da reato ex d.lgs. n. 231 del 2001, ha disposto ai sensi dell’art. 521, comma 2, cod. proc. pen. la restituzione degli atti al PM per la diversità dei fatti risultati all’esito del dibattimento rispetto a quelli contestati, dichiarando la cessazione delle misure cautelari personali a carico degli imputati e di quelle reali in corso di applicazione.
Avverso tale ordinanza il Procuratore della Repubblica distrettuale di Napoli ha proposto ricorso sostenendo l’abnormità del provvedimento adottato dal Tribunale di Avellino.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
2. Con l’ordinanza in esame, il Tribunale di Avellino ha disposto la restituzione degli atti al Pubblico ministero rilevando che, all’esito del dibattimento, il fatto era risultato diverso da quello contestato. In particolare, si è evidenziato (pag. 10) che “i dati processuali acquisiti all’esito del dibattimento hanno restituito, con granitica certezza, la prova dell’esistenza di un sodalizio di natura camorristica caratterizzato dalla compartecipazione criminale di COGNOME NOME, COGNOME Carlo, NOME COGNOME NOME (e il di lei fratello, la cui posizione è stata definita con sentenza in data 17.01.2024), NOME COGNOME e COGNOME NOME. Incontestabile è la condotta di promotore e organizzatore riconducibile, tra gli altri, al COGNOME NOME e al COGNOME Carlo. Trattasi di sodalizio criminoso del tutto diverso da quello contestato al capo A) che, incredibilmente, non vede tra gli imputati COGNOME NOME e COGNOME Carlo”.
Viene altresì precisato che per i reati fine di turbativa d’asta ed estorsione, contestati nei diversi capi di imputazione, come rispettivamente ascritti ai diversi imputati, “ritiene il Collegio che gli stessi costituiscano programma criminoso dell’associazione di stampo camorristico provata nel presente dibattimento, riconducibile al descritto sodalizio, ragione per la quale anche in merito a tali contestazioni deve disporsi la restituzione degli atti, attenendo gli stessi ad un fatto associativo diverso da quello contestato al capo A)” (pag. 21 s.).
Il Pubblico ministero (pag. 22 s. del ricorso) si duole di tale decisione ritenendo che l’ordinanza “pur costituendo estrinsecazione di un potere previsto dall’ordinamento, è stata tuttavia adottata esercitando tale potere al di là di ogni ragionevole limite risultando, dunque, espressione, in concreto, di uno sviamento della funzione giurisdizionale attribuita dal sistema all’atto in questione e non più rispondente al modello previsto dalla legge”; e ciò in quanto “il Collegio Giudicante ha letteralmente contrabbandato, con l’etichetta formale di un’ordinanza adottata ex art. 521, comma 2, c.p.p., la motivazione di una vera e propria sentenza di condanna, oltrepassando, dunque, ogni plausibile,
zy
consentito e ragionevole limite alla motivazione che avrebbe dovuto porre a supporto di una ordinanza con la quale ha provveduto a trasmettere gli atti al pubblico ministero … “. Secondo il ricorrente sarebbe, altresì, violato il principio in base al quale la restituzione degli atti ex art. 521 cod. proc. pen. rappresenta una extrema ratio in quanto si tratta di provvedimento che potrebbe vulnerare il principio della ragionevole durata del processo, mentre, più ragionevolmente, il Tribunale avrebbe potuto rivolgere al PM l’invito a modificare l’imputazione ex art. 516 cod. proc. pen.
Come rilevato dal Procuratore generale presso questa Corte il ricorso è da considerare inammissibile.
Invero, la giurisprudenza di legittimità è consolidata nel ritenere che «non è impugnabile, per carenza di interesse, l’ordinanza con la quale il giudice del dibattimento disponga la trasmissione degli atti al pubblico ministero per la diversità del fatto ritenuto rispetto a quello contestato, trattandosi di provvedimento meramente processuale, non incidente sul merito della resiudicanda, sulla competenza del giudice o sullo “status libertatis” del giudicabile, e tale da non compromettere la possibilità di difendersi nell’instaurando procedimento, in relazione alla diversa ipotesi di reato» (da ultimo in tal senso si veda Sez. 6, n. 11624 del 14/05/2019 – dep. 07/04/2020, COGNOME, Rv. 279142 – 02).
Tale principio è riferibile anche alle impugnazioni del Pubblico ministero mentre, in relazione alla dichiarazione di cessazione di efficacia delle misure cautelari personali o reali (alla quale si riferisce il ricorso a pag. 28), il Pubblico ministero dovrebbe eventualmente proporre appello cautelare, ai sensi degli artt. 310 e 322 bis cod. proc. pen. (in merito alla cessazione delle misure cautelari personali, v. sul punto Sez. 6, n. 19555 del 20/03/2012, COGNOME, Rv. 252780 – 01; Sez. 6, n. 31497 del 22/05/2003, COGNOME).
Né l’odierno provvedimento può essere qualificato – come sostiene il PM ricorrente – quale atto abnorme, connotazione che ne consentirebbe l’impugnazione anche al di fuori dei casi stabiliti dalla legge. Nel caso di specie si tratta, infatti, di esercizio di potere specificamente attribuito al Giudice del dibattimento dall’art. 521 cit., per il quale non si ravvisa uno “sviamento della funzione giurisdizionale”. Non ricorre, infatti, la diversa situazione nella quale
«il giudice, erroneamente qualificando il “fatto diverso” come “fatto nuovo”, neghi l’autorizzazione alla sua contestazione e disponga la restituzione degli atti
al pubblico ministero per la mancanza di consenso dell’imputato, costituendo il provvedimento estrinsecazione di un potere che, pur essendo previsto in
astratto dall’ordinamento, è esercitato in una situazione radicalmente diversa da quella contemplata dalla legge», ipotesi nella quale è stata ravvisata
l’abnormità dell’ordinanza del Tribunale: Sez. 4, n. 10157 del 20/10/2020 – dep. 16/03/2021, P., Rv. 280948 – 01, che ha annullato il provvedimento del
giudice che, a fronte dell’originaria contestazione del reato di lesioni colpose ex art. 590-bis cod. pen., aveva disposto la restituzione degli atti al pubblico
ministero ritenendo “fatto nuovo” il reato di omicidio colposo ex art. 589-bis cod. pen., che il pubblico ministero aveva chiesto di essere autorizzato a
contestare in conseguenza della sopravvenuta notizia del decesso della persona offesa.
5.1. Pertanto, quand’anche l’ordinanza in esame fosse eventualmente errata come dedotto dal Pubblico Ministero ricorrente, essa non ha determinato comunque una stasi irrimediabile dell’iter processuale né, in ragione del suo contenuto, si colloca al di fuori del sistema processuale, condizioni necessarie perché il provvedimento possa configurarsi come abnorme (cfr. Sez. Un. n. 25957 del 26/03/2009, Pm in proc. Toni, Rv. 243590; cfr. anche Sez. 5, n. 22550 del 07/03/2016, Pm in proc. COGNOME, Rv. 267174 – 01; Sez. 6, n. 11624 del 14/05/2019, dep. 07/04/2020, COGNOME, Rv. 279142 – 02).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso del Pubblico ministero.
Così deciso il 12 luglio 2024
…,..) I Consigliere stens re
Il Presidente