Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 7486 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 7486 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 08/01/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOMENOME nato a GIULIANOVA il 04/11/1983 NOME nato a GIULIANOVA il 27/09/1986
avverso la sentenza del 18/10/2023 del TRIBUNALE di PESCARA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME
che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
letta la memoria dell’avv. NOME COGNOME del foro di Chieti che ha concluso nell’interesse della parte civile, chiedendo il rigetto del ricorso;
letta la memoria dell’avv. NOME COGNOME del foro di Teramo, che ha concluso nell’interesse dei ricorrenti, chiedendo l’accoglimento del ricorso, con il favore delle spese;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 18 ottobre 2023, il Tribunale di Pescara, in composizione monocratica, ha confermato la sentenza con cun il Giudice di pace aveva condannato NOME COGNOME e NOME COGNOME per il reato di cui all’art. 590 cod, pen., alla pena di euro 300,00 di multa, oltre al risarcimento dei danni in favore della parte civile NOME COGNOME da liquidarsi in separata sede, previ riconoscimento di una provvisionale pari ad euro 1.300,00.
Avverso la sentenza propongono ricorso per cassazione NOME COGNOME e NOME COGNOME lamentando in sintesi, ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., quanto segue.
2.1. I ricorrenti lamentano, con il primo motivo, violazione della legge penale, nella parte in cui i giudici di merito hanno escluso che la corresponsione alla persona offesa della somma di euro 500 potesse essere valutata ai sensi dell’art. 35 d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274.
Si osserva al riguardo che la condotta riparatoria non deve necessariamente coincidere con l’integrale risarcimento del danno, secondo i principi civilistic dovendosi invece tener conto anche di ulteriori profili afferenti al comportamento degli imputati.
2.2. Con il secondo motivo si deduce vizio della motivazione in ordine alla sussistenza di una posizione di garanzia in capo ai ricorrenti, nell’assenza di alcuna delle condotte di cui all’articolo 672 cod. pen.; nemmeno erano obbligati a far indossare al cane la museruola, secondo quanto prevede il regolamento di polizia veterinaria.
Inoltre, si sottolinea come le posizioni di garanzia non possono essere estese anche alle condotte imprudenti altrui.
2.3. Con il terzo motivo si lamenta vizio della motivazione, anche sotto forma di travisamento, poiché la sentenza di condanna è fondata esclusivamente (ed immotivatamente) sulla testimonianza della parte civile, mentre non si è riconosciuto alcun rilievo a quanto affermato dai ricorrenti, ovvero che la persona offesa ebbe ad avvicinarsi volontariamente al cane, così innescando la reazione dell’animale, abnorme ed eccentrica, e quindi tale da escludere la punibilità degli stessi ricorrenti.
Il giudizio di cassazione si è svolto con trattazione scritta, e le parti hann formulato, per iscritto, le conclusioni come in epigrafe indicate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono inammissibili.
1.1. Allo scrutinio dei motivi è utile premettere che, secondo la concorde ricostruzione dei giudici di merito, il giorno 3 febbraio 2019, NOME COGNOME e NOME COGNOME con al seguito un cane, di proprietà del primo e condotto al guinzaglio dalla seconda (ma senza la museruola), facevano ingresso in un centro commerciale.
Costoro, quindi, incautamente, avevano consentito all’animale di avvicinarsi a NOME COGNOME e quindi di morderlo, così procurandogli le lesioni di cui alla imputazione.
Osserva il collegio, sempre in via preliminare, che – ai sensi degli artt. 606, comma 2-bis, cod. proc. pen. e 39-bis d.lgs. 28 agosto 2000 n. 274 (entrambi introdotti dal d.lgs. 6 febbraio 2018 n. 11) – nei reati di competenza del giudice di pace il ricorso per cassazione contro le sentenze pronunciate in grado di appello può essere proposto solo per i motivi di cui all’art. 606, comma 1, lettere a), b) e c) cod. proc. pen.
41tul Pertanto, i motivi di ricorso, nella partehlirr cdspéttano violazioni riconducibili all’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. (anche sotto forma di travisamento) sono inammissibili perché proposti per motivi diversi da quelli consentiti, secondo quanto dispone il comma 3 della stessa disposizione.
2.1. Il primo motivo è inammissibile.
I giudici di merito hanno escluso la congruità della somma versata alla persona offesa, pari ad euro 500, facendo riferimento all’entità ed alla durata delle lesioni ed agli oneri sostenuti per la costituzione in giudizio; ciò anche in relazione alla eliminazione delle conseguenze dannose del reato.
La pronuncia si pone in linea con consolidati principi giurisprudenziali.
L’art. 35 d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274 prevede, al comma 1, che il processo possa essere definito con la declaratoria di estinzione del reato «quando l’imputato dimostra di avere proceduto, prima dell’udienza di comparizione, alla riparazione del danno cagionato dal reato mediante le restituzioni o il risarcimento e di avere eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato».
Affinché si perfezioni la fattispecie estintiva è necessario che le attività risarcitorie e riparatorie siano idonee a soddisfare le esigenze di riprovazione del reato e quelle di prevenzione, come previsto dal comma 2 del predetto art. 35, in modo da assicurare comunque una valenza retributiva e di prevenzione speciale all’intervento giurisdizionale dinanzi a comportamenti che presentino un certo grado di gravità e pericolosità (Sez. 4, n. 44959 del 04/11/2021, COGNOME, Rv. 282244 01).
Le Sezioni Unite di questa Corte hanno infatti chiarito che lnel procedimento davanti al Giudice di pace, l’art. 35 del d.lgs. 28 agosto 2000 n. 274 richiama la
necessità che il giudice esprima una “motivata valutazione di congruità” della riparazione con riferimento alla soddisfazione tanto delle esigenze compensative, quanto di quelle retributive e preventive (Sez. U, n. 33864 del 23/04/2015, Sbaiz, Rv. 264240 – 01).
D’altra parte, la norma prevede come presupposto dell’estinzione del reato «la riparazione del danno cagionato, mediante le restituzioni o il risarcimento, e l’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato», dovendo tali esigenze, se presenti, essere entrambe soddisfatte.
In coerenza, quindi, con la funzione conciliativa del giudice di pace, il legislatore ha delineato la fisionomia dell’istituto come rivolta a comporre il conflitto attraverso la compensazione dell’offesa.
Nella stessa prospettiva, e come sottolineato anche dai giudici di merito (p. 3 sentenza ricorsa), può assumere rilevanza anche la rifusione o meno, da parte dell’imputato, delle spese legali eventualmente sostenute dalla persona offesa ove il giudice accerti che esse siano causalmente collegate al reato (Sez. 4, n. 5429 del 30/05/2018, dep. 2019, Rigon, Rv. 275018 – 01).
Inoltre, se è vero che il positivo apprezzamento ai fini satisfattivi della idoneità complessiva della condotta riparatoria dell’imputato, nel disegno del legislatore, prescinde dall’integrale risarcimento del danno (così, Sez. U, Sbaiz, cit., in motivazione), è anche vero che i ricorrenti non hanno affatto indicato, con la dovuta specificità, le ragioni per le quali la condotta tenuta, nel complesso, debba invece ritenersi tale da soddisfare le esigenze compensative, retributive e preventive, nascenti dal reato.
Nel ricorso si afferma, infatti, in termini del tutto astratti e quindi senza alcuna contestualizzazione, che sarebbe mancato l’ulteriore apprezzamento richiesto da questa Corte di legittimità in altra lontana pronuncia (Sez. 4, n. 5507 del 12/12/2012, dep. 2013, COGNOME, non mass.), in relazione ai – non meglio precisati – comportamenti degli imputati.
2.2. Il secondo motivo è inammissibile, poiché in parte aspecifico ed in parte manifestamente infondato.
I ricorrenti non contestano l’aggressione del cane in danno della persona offesa NOME COGNOME quanto piuttosto la sussistenza del nesso causale fra la condotta e l’evento, deducendo che fu conseguenza non della violazione di regole cautelari (non essendo obbligatorio l’uso della museruola, né rilevandosi alcuna delle condotte di cui all’art. 672 cod. pen.), quanto del comportamento imprudente del COGNOME.
Da tali considerazioni i ricorrenti fanno discendere anche un vizio della motivazione, relativamente alla posizione di garanzia ritenuta dai giudici di merito (p. 4 ricorso).
Osserva il Collegio che i giudici di merito hanno invece fondato l’affermazione di responsabilità sulla mancata adozione delle doverose cautele (tra cui la museruola) per evitare e prevenire le possibili aggressioni a terzi, e sul correlato obbligo di controllare e custodire l’animale: i ricorrenti non solo condussero il cane all’interno di un negozio sito in un centro commerciale (dunque in un luogo aperto al pubblico), ma hanno altresì incautamente consentito all’animale, privo di museruola, di avvicinarsi agli avventori dell’esercizio (p. 4 sentenza del Tribunale).
In presenza di altre persone occorre sempre adottare cautele idonee a evitare il pericolo che il cane possa assalirle, e quindi portare l’animale al guinzaglio e munirlo di museruola: è proprio la presenza di terzi, nella specifica occasione, e non in generale, a determinare la necessità di cautela (così, in motivazione, Sez. 4, n. 37183 del 30/06/2022, COGNOME, non mass.).
Costituisce ius receptum nella giurisprudenza di questa Corte il principio secondo il quale la responsabilità del proprietario di un animale per le lesioni causate a terzi può essere affermata ove si accerti in positivo la colpa in forza dei parametri i stabiliti ; in tema di obblighi di custodia, dall’art. 672 cod. pen., nonostante l’intervenuta abrogazione di detto articolo (Sez. 4, n. 51470 del 21/11/2023, Lesti, non mass.; conf., Sez. 4 n. 43420 del 17/07/2009, Badei, Rv. 245468).
Trattandosi GLYPH t, di affermare la responsabilità penale, non è infatti sufficiente rifarsi alla presunzione stabilita dal codice civile e all’inversione di prova (dell’eventuale caso fortuito) che la medesima comporta.
Inoltre, la posizione di garanzia assunta dal detentore di un cane, discendente anche dalle ordinanze del Ministero della Salute del 3 marzo 2009 e del 6 agosto 2013, impone l’obbligo di controllare e custodire l’animale adottando ogni cautela per evitare e prevenire le possibili aggressioni a terzi (Sez. 4, n. 39622 del 15/10/2024, Gentili, non mass., proprio in relazione alle lesioni cagionate da un cane privo di museruola; Sez. 4 n. 31874 del 27/06/2019, COGNOME, Rv.276705).
Nella specie, quindi, la posizione di garanzia è stata correttamente riconosciuta non solo in capo al proprietario NOME COGNOME (presente al fatto), ma anche a NOME COGNOME che in quel momento conduceva il cane al guinzaglio.
L’obbligo di custodia di un animale sorge, infatti, ogni ou,lvolta sussista una relazione di semplice detenzione, anche solo materiale e di fatto tra l’animale e una data persona, non essendo necessario un rapporto di proprietà in senso civilistico (Sez. 4, n. 51448 del 17/10/2017, COGNOME, Rv. 271329 – 01; conf., Sez. 4, n. 34813 del 02/07/2010, COGNOME, Rv. 248090 – 01).
Ne consegue che al proprietario dell’animale, così come a colui rispetto al quale è ravvisabile la sola detenzione, fa capo una posizione di garanzia per la quale egli è tenuto ad adottare tutte le cautele necessarie a prevenire le prevedibili
reazioni dell’animale (Sez. 4, n. 18814 del 16/12/2011, dep. 2012, COGNOME, Rv. 253594 – 01); inoltre, il proprietario risponde a titolo di colpa delle lesioni cagionate dall’animale, anche nel caso in cui ne abbia affidato la custodia a persona inidonea a controllarlo (Sez. 4, n. 34765 del 03/04/2008, COGNOME, Rv. 240774 01).
Sicché, il proprietario del cane o chi ne fa le veci non si esonera da responsabilità con l’uso del semplice guinzaglio, perché non si può escludere che l’animale possa ugualmente aggredire o mordere se non assicurato correttamente al fianco del padrone.
Infine, contrariamente a quanto sostenuto, in termini del tutto generici, dai ricorrenti, la custodia dell’animale senza l’adozione delle dovute cautele rientra, in ogni caso, nelle ipotesi oggi sanzionate, sul piano amministrativo, dall’art. 672 cod. pen..
2.3. Anche il terzo ed ultimo motivo è inammissibile.
Il Collegio, richiamati i limiti entro i quali le sentenze del giudice di pace possono essere oggetto di ricorso per cassazione, osservata. che, anche nella parte in cui si lamenta apparentemente violazione di legge (quanto alla rilevanza, al fine di escludere l’addebito, del comportamento della persona offesa), la doglianza, a ben vedere, è poi sviluppata esclusivamente in forza di una diversa ricostruzione degli accadimenti, motivatamente esclusa dai giudici di merito (p. 3 sentenza del Tribunale; pp. 3 – 4 sentenza ricorsa).
Il ricorrente si limita quindi a sollecitare la rilettura del quadro probatorio, alla stregua di una diversa ricostruzione del fatto (e di una diversa valutazione della prova dichiarativa), e, con essa, il riesame nel merito della sentenza impugnata (Sez. 4, n. 47314 del 08/10/2024, COGNOME, non mass.; Sez. 1, n. 45331 del 17/02/2023, Rezzuto, Rv. 285504 – 01; Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601 – 01; Sez. 1, n. 41738, del 19/10/2011, COGNOME, Rv. 251516 – 01).
Il ricorso è quindi inammissibile anche nella parte in cui è formalmente proposto ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen..
Va in ogni caso osservato che, quand’anche la persona offesa si fosse “avvicinata volontariamente al cane” (p. 6 ricorso), ciò non poteva interrompere il nesso di causa fra la condotta colposa e l’evento.
‘Le Costituisce ormai ius recepturrNip31 cui, nei reati dmissivi impropri, l’effetto interruttivo del nesso causale può essere ravvisato solo a fronte di circostanza che introduca un rischio nuovo o comunque radicalmente esorbitante rispetto a quelli che il garante è chiamato a governare (cfr., con riferimento ad una analoga ipotesi, Sez. 4, n. 51470 del 21/11/2023, COGNOME, non mass.; conf. Sez. 4, n. 37183 del 30/06/2022, COGNOME, non mass., con la precisazione che la colpa della vittima che tenga un comportamento imprudente può, al , concorrere con quella del
garante ma non eliderla; Sez. 4 n. 22691 del 25/02/2020, Romagnolo, Rv. 279513; Sez. 4 n. 20270 del 06/03/2019, COGNOME, Rv276238).
Del tutto irrilevante, invece, il precedente invocato dai ricorrenti per ipotizzare il caso fortuito (ovvero Sez. 4, n. 50562 del 10/09/2019, COGNOME, non mass.), poiché attinente ad ipotesi del tutto diversa rispetto a quella in esame.
Stante l’inammissibilità dei ricorsi, e non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. sent. n. 186/2000), alla condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria, che si stima equo quantificare in euro tremila ciascuno.
Il Collegio, infine, non ritiene di dover liquidare le spese in favore della parte civile.
Con la memoria depositata, infatti, la parte si è limitata a chiedere il rigetto dei ricorsi, senza confrontarsi con i motivi di doglianza, e quindi senza offrire un contributo alla dialettica processuale (sul punto, Sez. U, n. 877 del 14/7/2022, dep. 2023, COGNOME; Sez. U, n. 34559 del 26/6/2002, COGNOME, Rv. 222264; Sez. 4, n. 43376 del 29/10/2024, COGNOME, non mass.; Sez. 4, n. 1856 del 16/11/2023, COGNOME non mass.).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della cassa delle ammende. Nulla sulle spese in favore della parte civile COGNOME NOME
Così deciso in Roma, 8 gennaio 2025
Il Cons GLYPH e estensore
Il Presidente /