Responsabilità penale contribuente: la delega al commercialista non salva
Affidare la gestione fiscale e contabile a un commercialista è una prassi comune per imprenditori e professionisti. Ma cosa succede se il professionista commette un errore? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini della responsabilità penale del contribuente, anche quando gli adempimenti sono delegati a terzi. L’ordinanza sottolinea un principio fondamentale: la delega non comporta un’automatica esenzione da responsabilità.
Il caso: l’errore del commercialista e la condanna per dichiarazione infedele
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un imprenditore condannato per il reato di dichiarazione infedele, previsto dall’art. 4 del D.Lgs. 74/2000. L’imputato, nel suo ricorso, aveva tentato di difendersi sostenendo di non avere alcuna colpa nella vicenda, attribuendo l’intera responsabilità al proprio commercialista. Secondo la sua tesi, sarebbe stato il professionista a omettere la registrazione di alcune poste contabili e a non presentare una dichiarazione fiscale integrativa per sanare l’irregolarità.
L’analisi della Corte di Cassazione e la responsabilità penale del contribuente
La Corte di Cassazione ha respinto la tesi difensiva, dichiarando il ricorso inammissibile. I giudici hanno chiarito che le argomentazioni del ricorrente non rientravano tra i motivi per cui è possibile ricorrere in Cassazione (il cosiddetto numerus clausus), in quanto miravano a una nuova valutazione dei fatti, compito esclusivo dei giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello).
Il principio dello “ius receptum”: la delega non esonera da responsabilità
Il punto centrale della decisione si basa su un principio giuridico consolidato (ius receptum): l’affidamento a un professionista dell’incarico di predisporre e trasmettere le dichiarazioni dei redditi non esonera il soggetto obbligato dalla sua responsabilità penale. Gli obblighi tributari, afferma la Corte, non sono delegabili né trasferibili ad altri, inclusi i professionisti esterni. Sul contribuente (il delegante) permane sempre un dovere di controllo e vigilanza sull’operato del professionista (il delegato).
L’irrilevanza della dichiarazione integrativa
Un altro aspetto significativo riguarda l’eventuale presentazione di una dichiarazione integrativa successiva. La Corte ha ribadito che tale adempimento tardivo non ha alcuna efficacia per escludere il reato. Il delitto di dichiarazione infedele è infatti un reato istantaneo, che si consuma e si perfeziona nel momento esatto in cui la dichiarazione mendace viene presentata all’ufficio finanziario. Eventuali condotte successive, come la correzione dell’errore, non possono cancellare un reato già commesso.
Le motivazioni della decisione
Le motivazioni della Corte si fondano sulla natura personale della responsabilità penale in materia tributaria. I giudici hanno ritenuto la ricostruzione dei fatti operata dalla Corte d’Appello precisa, logica e ben motivata. La sentenza impugnata aveva correttamente evidenziato come gli obblighi fiscali non possano essere semplicemente trasferiti. Anche in presenza di una delega, il contribuente è tenuto a un adempimento diligente dei propri doveri di controllo sulla prestazione eseguita dal professionista. Accettare la tesi contraria significherebbe creare una facile via di fuga dalla responsabilità penale per i contribuenti, i quali potrebbero sempre invocare l’errore del commercialista per giustificare le proprie mancanze.
Le conclusioni: obblighi di vigilanza e controllo
Questa ordinanza conferma un orientamento giurisprudenziale ormai granitico. La scelta di avvalersi di un consulente fiscale non trasforma quest’ultimo in un parafulmine per le responsabilità del suo cliente. Il contribuente deve rimanere parte attiva nel processo di adempimento fiscale, vigilando affinché le dichiarazioni presentate in suo nome siano corrette e veritiere. La responsabilità penale del contribuente rimane un pilastro del sistema, e la delega a un professionista, per quanto necessaria e comune, deve essere accompagnata da un costante e adeguato controllo sul suo operato.
Se affido la mia dichiarazione dei redditi a un commercialista, sono esente da responsabilità penale se lui commette un errore?
No, secondo la Corte di Cassazione, l’affidamento a un professionista non esonera il contribuente dalla responsabilità penale per reati tributari, poiché su di esso grava un dovere di controllo e vigilanza sull’operato del professionista.
Presentare una dichiarazione integrativa per correggere l’errore può cancellare il reato di dichiarazione infedele?
No, la presentazione successiva di una dichiarazione integrativa non ha valenza per escludere il reato. La Corte chiarisce che il reato di dichiarazione infedele è “istantaneo” e si perfeziona al momento della presentazione della dichiarazione originale.
Quali sono i limiti di un ricorso in Cassazione in materia di reati tributari?
Il ricorso in Cassazione non può vertere su una nuova valutazione delle prove o sulla ricostruzione dei fatti. È limitato a questioni di legittimità, come la violazione di legge o il vizio di motivazione, e non può contestare gli apprezzamenti di fatto del giudice di merito se la sua motivazione è logica e coerente.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11861 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11861 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 01/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a SCANDIANO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 16/05/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
NOME COGNOME ricorre per cassazione avverso la sentenza in epigrafe indicata con la qua affermata la penale responsabilità per il reato di cui all’art.4, d.lgs.74/ 2000, de unico motivo di ricorso, violazione di legge e vizio della motivazione in ordine all’aff della responsabilità e travisamento della prova, rappresentando di non aver alcuna respo nella vicenda che interessa, essendo stato il suo commercialista ad omettere di registra poste sui registri contabili e, comunque, di aver presentato dichiarazione fiscale integ
Considerato che la doglianza non rientra nel numerus clausus delle censure deducibili in sede di legittimità, investendo profili di valutazione della prova e di ricostruzione del f alla cognizione del giudice di merito, le cui determinazioni, al riguardo, sono insin cassazione ove siano sorrette da motivazione congrua, esauriente ed idonea a dar dell’iter logico-giuridico seguito dal giudicante e delle ragioni del decisum. Nel cas dalle cadenze motivazionali della sentenza d’appello è enucleabile una ricostruzione precisa e circostanziata, avendo i giudici di secondo grado preso in esame tutte le difensive ed essendo pervenuti alle loro conclusioni, in punto di responsabilità, att disamina completa ed approfondita delle risultanze processuali, in nessun modo censur sotto il profilo della razionalità, e sulla base di apprezzamenti di fatto non qualifica di contraddittorietà o di manifesta illogicità e perciò insindacabili in questa sede, com dalle considerazioni formulate dal giudice a quo, laddove ha affermato che gli obblighi tributari non sono delegabili né trasferibili ad altri soggetti, compresi i profession all’organizzazione aziendale, in quanto trattasi di reati che non escludono, in capo al né l’obbligo nè l’adempimento dei doveri di controllo sulla prestazione effet professionista. Costituisce infatti ius receptum il principio in base al quale l’affidamento a u professionista dell’incarico di predisporre e di trasmettere all’ufficio finanziario le annuali dei redditi non esonera il soggetto obbligato da responsabilità penale. Nel caso adempimenti non siano eseguiti. Nessuna valenza sotto il profilo penalistico sortisce dalla successiva presentazione della dichiarazione integrativa, considerata la natura del reato contestato, non suscettibile di essere escluso da eventuali condotte successi consumazione. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Rilevato che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del rico pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cass ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese proc e della somma di euro tremila a favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 1° dicembre 2023
I Consigliere estensore
GLYPH
Il Presidente