Responsabilità Penale Amministratore: Cosa Succede se Ti Dimetti Solo Formalmente?
La responsabilità penale amministratore è un tema cruciale nel diritto societario e penale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: le dimissioni formali non bastano a escludere la responsabilità per i reati fiscali se l’amministratore continua a gestire di fatto la società. Analizziamo questa decisione per comprendere le sue implicazioni pratiche.
I Fatti del Caso: Una Condanna per Reati Fiscali
Il caso riguarda un imprenditore, amministratore di una S.r.l., condannato in primo e secondo grado per un reato fiscale previsto dall’art. 4 del D.Lgs. 74/2000, relativo alla dichiarazione IVA per l’anno d’imposta 2014. L’imprenditore ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo di essersi dimesso dalla carica nel luglio 2014, prima della scadenza dei termini per la presentazione della dichiarazione, e che un nuovo amministratore era subentrato al suo posto. A suo avviso, questo avrebbe dovuto escludere la sua responsabilità, in particolare per quanto riguarda l’elemento soggettivo del reato.
La Difesa dell’Amministratore
La tesi difensiva si basava su due punti principali:
1. Dimissioni dalla carica: L’imputato sosteneva che, essendosi dimesso, non poteva essere ritenuto responsabile per un adempimento fiscale successivo alla sua uscita formale dalla società.
2. Assenza di dolo: Di conseguenza, mancava la volontà di commettere il reato, dato che la gestione era passata a un’altra persona.
La Decisione della Corte e la Responsabilità Penale dell’Amministratore di Fatto
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno ritenuto le argomentazioni della difesa una mera ripetizione di quanto già esaminato e respinto nei gradi di merito. La Corte ha sottolineato che le prove raccolte dimostravano in modo inequivocabile che, nonostante le dimissioni formali e il subentro di un nuovo amministratore, l’imputato non aveva mai smesso di essere il gestore di fatto della società.
Le Motivazioni della Cassazione
La Corte ha fondato la sua decisione su una serie di elementi concreti che rendevano la tesi delle dimissioni puramente formale e irrilevante ai fini della responsabilità penale. Tra questi:
* Presenza durante i controlli fiscali: L’imprenditore era presente durante la redazione del verbale di constatazione da parte dell’Agenzia delle Entrate, dove figurava come parte, legale rappresentante e firmatario.
* Qualifica negli atti di accertamento: Era identificato come legale rappresentante anche nel successivo avviso di accertamento.
* Adempimenti fiscali successivi: Era stato lo stesso ricorrente a presentare la dichiarazione dei redditi della società per l’anno 2015, un atto incompatibile con una reale cessazione della carica.
* Risultanze della visura camerale: Una visura del 2018 indicava che l’imprenditore rivestiva ininterrottamente la carica di amministratore unico fin dal 2009.
Questi elementi, secondo la Corte, dimostravano una gestione continua e mai interrotta. Il subentro del nuovo amministratore è stato considerato un mero schermo formale, incapace di spostare la responsabilità penale dall’amministratore di fatto a quello di diritto.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza
Questa ordinanza conferma un orientamento consolidato: nel diritto penale tributario, ciò che conta è l’esercizio effettivo dei poteri di gestione. La figura dell’amministratore di fatto prevale su quella dell’amministratore di diritto. Per un imprenditore, ciò significa che le dimissioni sono efficaci per liberarsi da responsabilità future solo se sono reali e sostanziali, comportando un’effettiva cessazione di ogni potere gestorio. Continuare a dirigere l’azienda, anche senza una carica formale, espone al rischio di rispondere penalmente per i reati commessi dalla società. La sentenza serve da monito: le manovre elusive o le intestazioni fittizie non proteggono dalle conseguenze legali.
Le dimissioni formali dalla carica di amministratore escludono sempre la responsabilità penale per i reati fiscali della società?
No, secondo la Corte non escludono la responsabilità se viene provato che l’amministratore dimissionario ha continuato a gestire di fatto la società, mantenendo il controllo effettivo sulle sue attività.
Quali elementi possono dimostrare che un amministratore è in realtà il gestore di fatto?
Elementi come la sua presenza durante i controlli fiscali in qualità di rappresentante, la firma di documenti societari, la presentazione di dichiarazioni fiscali successive alle dimissioni e le risultanze della visura camerale possono dimostrare una gestione di fatto.
Qual è stata la decisione finale della Corte di Cassazione in questo caso?
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la condanna dell’amministratore e condannandolo al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3546 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3546 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 22/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a OTTAVIANO il 04/03/1951
avverso la sentenza del 12/04/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Napoli, che ha confermato la sentenz di condanna alla pena di giustizia emessa nei suoi confronti dal Tribunale di No in relazione al delitto di cui all’art. 4 d.l.vo n. 74 del 2000, a lui ascritto di amministratore della RAGIONE_SOCIALE con riferimento alla dichiarazione annuale IVA per l’anno di imposta 2014i rilevato che, in particolare, ,k3 ricorrente ha censurato l’affermazion responsabilità nonostante il ricorrente si fosse dimesso dalla carica nel luglio con il subentro di COGNOME NOME, nonché la ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo del reato;
ritenuto che le doglianze difensive siano per un verso meramente reiterative di quanto già esaminato e motivatamente disatteso dalla Cor territoriale, e – per altro verso – risultino prive delle indispensabili connot specificità, non avendo la difesa confutato i rilievi del ka Corte d’Appello in ordine Unì* alla sostanziale irrilevanza del subentro del GLYPH , ai fini dell’affermazione di responsabilità del ricorrente, alla luce delle plurime risultanze indicative de che egli non aveva mai cessato la gestione di fatto della società;
rilevato che, in particolare, la Corte territoriale ha valorizzato: la pr del COGNOME al momento della redazione, da parte dell’Agenzia delle Entrate, del verbale di constatazione (in cui era indicato come parte, legale rappresentan firmatario); l’individuazione del COGNOME quale legale rappresentante nell’avviso d accertamento; la presentazione, ad opera del ricorrente, della dichiarazione redditi della società per l’anno 2015; la coerenza di tali risultanze con la camerale del 2018 che continuava ad indicare il ricorrente nella caric amministratore unico, rivestita ininterrottamente dal 2009 (cfr. pagg. 3-4 d sentenza impugnata);
ritenuto che tali univoci elementi sono rimasti del tutto privi di adeg confutazione da parte della difesa ricorrente, rendendo non illogica (e comunq incensurabile in questa sede) la notazione della Corte d’Appello circa la sostanz irrilevanza, ai fini dell’affermazione di responsabilità del COGNOME, del suben invocato dalla difesa;
ritenuto che le considerazioni fin qui svolte impongano una declaratoria d inammissibilità dell’impugnazione proposta, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila favore della Cassa delle Ammende
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spe processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 22 novembre 2024
r,