Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 9195 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 9195 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MARATEA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 09/12/2022 della CORTE APPELLO di POTENZA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Ricorso trattato ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. n. 137/2020
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 sig. NOME COGNOME ricorre per l’annullamento della sentenza del 9 dicembre 2022 della Corte di appello di Potenza che, in riforma della sentenza dell’Il dicembre 2019 del Tribunale di Lagonegro, pronunciata a seguito di giudizio ordinario e da lui impugnata, ha dichiarato non doversi procedere nei suoi confronti per il reato di cui agli artt. 81, cpv., cod. pen., 10-quater d.lgs. n. 74 del 2000, perché estinto per prescrizione, e ha rideterminato la pena per il residuo reato di cui agli artt. 81, cpv., cod. pen., 5, d.lgs. n. 74 del 2000, nella misura di un anno e sette mesi di reclusione, confermando nel resto.
1.1.Con il primo motivo deduce la violazione del diritto di difesa perché, afferma, non è stata celebrata l’udienza pubblica ai sensi dell’art. 602 cod. proc. pen. benché espressamente prevista nel decreto di citazione in appello.
1.2.Con il secondo motivo deduce la contraddittorietà, l’illogicità e l’omessa motivazione in ordine al mancato accertamento delle responsabilità del proprio commercialista che non aveva provveduto all’Invio telematico delle dichiarazioni, fatto per il quale (e non solo per il quale), aggiunge, aveva anche presentato denunzia in sede penale.
1.3.Con il terzo motivo deduce la mancanza di prova del residuo reato a lui ascritto.
1.4.Con il quarto motivo deduce la prescrizione del reato maturata prima della sentenza impugnata.
2.11 ricorso è inammissibile.
3.0sserva il Collegio:
3.1.il primo motivo è manifestamente infondato;
3.2.I’appello è stato trattato in camera di consiglio, senza la partecipazione delle parti, ai sensi dell’art. 23-bis, comma 1, d.l. n. 137 del 2020, convertito con modificazioni dalla legge n. 176 del 2020, la cui applicazione è stata estesa a tutto il 31 dicembre 2022 dall’art. 16, commi e 2, d.l. 228 del 2021, convertito con modificazioni dalla legge n. 15 del 2022;
3.3.poiché le parti non hanno fatto richiesta di discussione orale, correttamente l’appello è stato definito nella forma camerale scritta e non partecipata, non rilevando, in senso contrario, l’emissione del decreto di citazione in appello a comparire per l’udienza dell’8 luglio 2022, poi rinviata d’ufficio a quella del 9 dicembre 2022 (nel senso che il rinvio del processo non è idoneo a consentire il recupero di una richiesta di trattazione orale tardiva, Sez. 5, n. 19376 del 06/04/2023, COGNOME, Rv. 284695-01);
3.4.I’indicazione dell’udienza costituisce requisito necessario per il calcolo del termine perentorio entro il quale formulare la richiesta (quindici giorni liberi prima dell’udienza fissata per la discussione);
3.5.1a perentorietà del termine rende le vicende successive alla sua scadenza impermeabili a eventuali ripensamenti della parte a meno che il rinvio dell’udienza inizialmente fissata non derivi da vizi della instaurazione del contraddittorio, vizi nella specie insussistenti e nemmeno dedotti;
3.6.peraltro, l’imputato aveva ricevuto notizia delle conclusioni scritte del PG con pec del 23 giugno 2022 senza obiettare alcunché sulle modalità di trattazione dell’appello;
3.7.il secondo ed il terzo motivo sono generici e manifestamente infondati;
3.8.il ricorrente risponde del reato a lui ascritto quale legale rappresentante (di fatto e di diritto) della società «RAGIONE_SOCIALE»;
3.9.secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione, l’amministratore di diritto risponde del reato tributario punito a titolo di dolo specifico quale diretto destinatario degli obblighi di legge, anche nell’ipotesi (peraltro qui non ricorrente) che questi sia mero prestanome di altri soggetti che abbiano agito quali amministratori di fatto, atteso che la semplice accettazione della carica attribuisce allo stesso doveri di vigilanza e controllo, il cui mancato rispetto comporta responsabilità penale o a titolo di dolo generico, per la consapevolezza che dalla condotta omissiva possano scaturire gli eventi tipici del reato, o a titolo di dolo eventuale per la semplice accettazione del rischio che questi si verifichino (Sez. F, n. 42897 del 09/08/2018, Rv. 273939,; Sez. 3, n. 7770 del 05/12/2013, dep. 2014, Rv. 258850; cfr., altresì, Sez. 5, n. 50348 del 22/10/2014, Serpetti, Rv. 263225);
3.10.trattandosi di obblighi dichiarativi gravanti direttamente ed immediatamente sul legale rappresentante dell’ente secondo quanto dispongono gli artt. 1, comma 4, e 8, comma 6, d.P.R. n. 322 del 1988, a mente dei quali le dichiarazioni relative alle imposte dirette e sul valore aggiunto dei soggetti diversi dalle persone fisiche devono essere sottoscritte da chi ne ha la legale rappresentanza e solo in assenza di questi da chi ne ha l’amministrazione, anche di fatto, ne deriva che l’affidamento ad un professionista dell’incarico di predisporre e presentare la dichiarazione annuale dei redditi non esonera il soggetto obbligato dalla responsabilità penale per il delitto di omessa dichiarazione (art. 5, D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74), in quanto, trattandosi di reato omissivo proprio, la norma tributaria considera come personale ed indelegabile il relativo dovere;
3.11.nel caso di specie, il ricorrente si è lamentato in appello del fatto di aver delegato il proprio commercialista che solo oggi afferma esser stato da lui penalmente denunziato;
3.12.si tratta di deduzioni del tutto irrilevanti ed esplorative tanto più che i fatti omissivi hanno riguardato ben due annualità;
3.13.è manifestamente infondato anche l’ultimo motivo, perché il ricorrente non ha tenuto conto né dei 380 giorni di sospensione del termine della prescrizione in conseguenza dei rinvii del dibattimento accordati su mere richieste difensive, né del fatto che la dichiarazione non si considera omessa se presentata entro novanta giorni dalla scadenza del termine (artt. 5, comma 2, d.lgs. n. 74 del 2000, e 2, comma 7, d.P.R. n. 322 del 1998), sicché la prescrizione decorre dal novantunesimo giorno successivo alla detta scadenza (Sez. 3, n. 48578 del 19/07/2016, COGNOME, Rv. 268189; Sez. 4, n. 24691 del 03/03/2016, Villabuona, Rv. 267229; Sez. 3, n. 17120 del 20;01/2015, COGNOME, Rv. 263251). Ne consegue, nel caso di specie, che il termine iniziale della prescrizione decorreva dal 31/12/2012 con conseguente maturazione in data 31/12/2022, dopo, cioè, la pronuncia impugnata.
4.Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente (C. Cost. sent. 7-13 giugno 2000, n. 186), l’onere delle spese del procedimento nonché del versamento di una somma in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende, che si fissa equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di C 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 07/11/2023.