Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 18832 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 18832 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
N.W. GLYPH I nata al GLYPH omissis
avverso la sentenza del 23/06/2023 della CORTE di APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo di dichiarare inammissibile il ricorso;
udito il difensore delle parti civili
D.A. D.M.
e
D.L.
GLYPH ri avv. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso e ha depositato conclusioni scritte e nota spese;
udito il difensore dell’imputata, avv. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
, rappresentate dal tutore, Sindaco pro tempore del Comune di
omissis
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Roma ha confermato, anche agli effetti civili, la condanna, pronunciata all’esito di giudizio abbreviato, di N.NOME COGNOME in ordine ai reati di maltrattamenti e lesioni personali gravi ai danni
delle tre figlie minorenni, a lei ascritti a titolo di concorso per omissione ex art. 40, comma secondo, cod. pen. rispetto alle condotte commissive poste in essere dal proprio convivente, NOME. (capo 6).
NOME è imputato, nel procedimento celebrato con rito ordinario, di tentato omicidio e violenza sessuale ai danni i GLYPH D.M. GLYPH I , all’epoca di omissis (capi 1 e 3), di maltrattamenti e lesioni personali gravi ai danni delle bambine (capi 2, 4 e 5).
Avverso l’indicata pronuncia ricorre l’imputata, tramite il difensore, proponendo un unico motivo con il quale denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in merito “alla ritenuta sussistenza del concorso omissivo nel reato commissivo”.
2.1. Rispetto al delitto di maltrattamenti, la ricorrente esclude l’elemento oggettivo della abitualità della condotta, tenuto conto del breve lasso di tempo in cui si sarebbe protratta la convivenza (dal GLYPH omissis GLYPH al GLYPH omissis e del carattere episodico delle violenze (non manifestatesi prima delle festività natalizie).
Deduce inoltre, sotto il profilo dell’elemento psicologico, di non essersi rappresentata l’evento del reato e, comunque, di non aver avuto la possibilità di impedirlo, in ragione della paura che lei stessa nutriva nei confronti del convivente, il quale le impediva di uscire portando con sé tutte e tre le figlie.
2.2. Analoghe ragioni vengono esposte in relazione ai delitti di lesione personale.
Si lamenta l’assenza del coefficiente soggettivo e si evidenzia come l’imputata si sarebbe attivata per impedire l’evento il omissis quando ha condotto in ospedale la piccola I D.M. I, in fin di vita, e ha mentito al personale sulla causa delle lesioni, nell’intento di proteggere se stessa e le altre due bambine rimaste a casa con il convivente.
Si è proceduto a discussione orale su richiesta del difensore dell’imputata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Sono infondate le censure che negano la sussistenza del delitto di maltrattamenti, deducendo l’assenza del carattere di abitualità.
Secondo il constante orientamento di legittimità l’estensione dell’arco temporale entro il quale si manifestano le condotte maltrattanti è un dato
tendenzialmente neutro ai fini della configurabilità del reato, fermo restando che, se la convivenza si è protratta per un periodo limitato, è necessario che le condotte vessatorie siano state poste in essere in maniera continuativa o con cadenza ravvicinata (cfr. tra le ultime Sez. 6, n. 21087 del 10/05/2022, C., Rv. 283271 01 che ha ritenuto integrato il reato in relazione a condotte prevaricatrici attuate in circa un mese di convivenza con cadenza quasi quotidiana).
La pronuncia impugnata, conformandosi a detto principio, evidenzia, con una valutazione in fatto insindacabile in questa sede, come le condotte di maltrattamenti ai danni delle bambine (tutte di tenera o tenerissima età) si fossero ripetute nel tempo, tanto che il corpo delle persone offese ne recava drammatica testimonianza (ecchimosi, morsi, cicatrici di bruciature di sigaretta); la stessa imputata aveva ammesso di aver assistito a ”numerosi atteggiamenti punitivi nei confronti della figlia NOME ” e di “aver comperato molte volte pomate per curare gli ematomi da lui provocati alle bambine” (pag. 4).
Del pari infondate sono le censure inerenti alla configurabilità di una responsabilità omissiva rispetto alle condotte di maltrattamenti e lesioni materialmente poste in essere dal compagno.
3.1. L’imputata è stata riconosciuta colpevole dei reati commessi dal convivente ai danni delle figlie minori in forza dell’art. 40, comma secondo, cod. pen. a mente del quale non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire equivale, a cagionarlo.
3.1.1. Il reato omissivo per mancato impedimento postula la sussistenza di una posizione di garanzia (che, di regola, deve trovare la propria fonte nella legge o nel contratto); esso quindi è non è un reato comune (realizzabile da chiunque), ma si configura come un reato proprio di specifiche categorie di soggetti.
In ossequio al principio della responsabilità penale personale, sono ulteriori requisiti: a) l’esistenza di poteri giuridici impeditivi, sottostanti all’obbligo garanzia. Invero l’obbligo di garanzia e, quindi, l’affidamento della tutela dei beni al garante sussistono nei limiti della compresenza di doveri e di speculari poteri giuridici impeditivi, quali certamente quelli conferiti in via generale ai genitori d affidamento dei beni personali e patrimoniali dei figli minori; b) la preesistenza del potere-dovere impeditivo rispetto alla situazione di pericolo, perché solo così il garante può esercitare i poteri-doveri di vigilanza ed intervento e, quindi, di tutela anche preventiva del bene affidatogli (condizione pacificamente sussistente a carico del genitori sul figlio minore); c) la possibilità materiale del garante di compiere l’azione impeditiva idonea.
Sulla scorta di autorevole dottrina, l’obbligo di garanzia può essere definito come l’obbligo giuridico, che grava su specifiche categorie predeterminate di
soggetti previamente forniti degli adeguati poteri giuridici, di impedire eventi offensivi di beni altrui, affidati alla loro tutela per l’incapacità dei titola adeguatamente proteggerli. E la conseguenza è che solo l’obbligo impeditivo, ricostruito nei suddetti termini, legittima: a) l’equiparazione del non impedire al causare: della causalità omissiva alla causalità attiva; b) e, quindi, la imputabilità dell’evento non impedito (maltrattamenti in famiglia, lesioni personali ai danni dei figli minori).
Con specifico riguardo al delitto di cui all’art. 572 cod. pen. è consolidato nella giurisprudenza di legittimità il principio per cui il reato di maltrattamenti in famiglia può essere realizzato anche mediante concorso per omissione in condotte commissive (cfr. Sez. 3, n. 47968 del 14/09/2016, D’A., Rv. 268496; Sez. 6, n. 3965 del 17/10/1994, COGNOME, Rv. 199476 e 199477; Sez. 6, n. 394 del 30/05/1990, dep. 1991, COGNOME, Rv. 186202 e 186205).
3.1.2. Nei reati omissivi impropri il dolo è costituito: a) dalla conoscenza della situazione di fatto da cui scaturisce la posizione di garanzia (es.: l’essere genitore); b) dalla rappresentazione del presupposto di fatto, che attiva tale obbligo: cioè la situazione di pericolo per il bene giuridico (es.: per la vita o la salute dei figli; dalla volontà di non tenere l’azione impeditiva (idonea e possibile) e dalla volontà dell’evento materiale quale conseguenza della omissione.
3.2. Nel caso di specie, secondo la ricostruzione in fatto offerta dalla Corte di appello (pagg. 4 e 5), ricorrono tutti i presupposti di una responsabilità dolosa ex art. 40, comma secondo, cod. pen. a carico dell’imputata per i delitti di cui agli artt. 572 e 582-583 cod. pen.:
la posizione di garanzia, che trova la sua fonte giuridica nell’art. 147 cod. civ., che impone al genitore l’obbligo di tutelare, anzitutto, l’integrità psico- fisic dei propri figli;
la indiscutibile preesistenza del potere impeditivo rispetto alla situazione di pericolo;
la possibilità materiale di compiere l’azione impeditiva: sporgere denuncia, chiedere aiuto alle associazioni anti violenza, porre in salvo le bambine, allontanare il loro aguzzino. A fronte, invece, della scelta deliberata di proseguire la relazione con NOME tanto da fissare la data delle nozze;
la consapevolezza della qualità di genitore;
la rappresentazione della situazione di pericolo, di cui l’imputata aveva piena conoscenza, avendo assistito alle reiterate violenze fisiche e comunque avendone constato gli esiti sul corpo delle bambine;
la volontà di non tenere l’azione impeditiva e quindi di accettare consapevolmente i maltrattamenti e le lesioni personali, rimanendo del tutto inerte rispetto a condotte abusanti frutto di comportamenti protratti nel tempo ed anzi
lasciando le piccole sole con
Z. F .
e accettando supinamente, ma con il necessario coefficiente di adesione psichica, il verificarsi (certo) dell’evento dannoso.
La sussistenza degli elementi oggettivo e soggettivo del concorso omissivo emerge in modo particolarmente limpido nella fattispecie in esame che risulta
caratterizzata dalla assenza di un rapporto giuridico vuoi tra autore delle violenze e minori (il che avrebbe reso particolarmente agevole allontanare le bambine da
un soggetto privo di legami con esse) vuoi tra autore materiale e imputata la quale, in ogni momento e senza conseguenze se non quella della interruzione di
un recente legame sentimentale, avrebbe potuto recidere la convivenza sulla quale si innestavano le brutali violenze.
4. In conclusione il ricorso deve essere rigettato e la ricorrente condannata al pagamento delle spese processuali.
L’imputata, inoltre, deve essere condannata alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili, che, per
il tramite dell’avvocato NOME COGNOME hanno partecipato all’odierno giudizio di legittimità, ammesse al patrocinio a spese dello Stato.
Dette spese, da versarsi a favore dell’erario ex art. 110, comma 3 d.p.r. n. 115 del 2002, verranno liquidate dalla Corte di appello di Roma con separato decreto di pagamento ai sensi degli artt. 82 e 83 d.p.r. 115/2002 (Sez. U, n. 5464 del 26 settembre, 2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 277760).
L’inerenza della vicenda a rapporti familiari e la minore età delle persone offese impongono, in caso di diffusione della presente sentenza, l’omissione delle generalità e degli altri dati identificativi.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Condanna, inoltre, l’imputata alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili ammesse al patrocinio a spese dello Stato, nella misura che sarà liquidata dalla Corte di appello di Roma con separato decreto di pagamento ai sensi degli artt. 82 e 83 d.p.r. 115/2002, disponendo il pagamento in favore dello Stato.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell’art. 52 d.lgs. 196/03 in quanto imposto dalla legge.
Così deciso il 11/04/2024