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Responsabilità del sindaco: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 23175/2025, ha annullato la condanna di un sindaco di una società per concorso in bancarotta fraudolenta. La Corte ha chiarito che la responsabilità del sindaco non può derivare automaticamente dal mancato esercizio dei poteri di controllo, ma richiede una prova rigorosa del nesso di causalità e del dolo, anche nella forma eventuale. La sentenza di merito è stata giudicata carente per aver fondato la colpevolezza su considerazioni astratte senza un’analisi concreta del contributo omissivo del sindaco alla commissione del reato.

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Pubblicato il 23 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Responsabilità del sindaco: la Cassazione annulla una condanna per bancarotta

La Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, affronta un tema cruciale del diritto penale societario: i confini della responsabilità del sindaco per i reati commessi dagli amministratori. Con una decisione che annulla con rinvio una condanna per concorso in bancarotta fraudolenta, i giudici supremi ribadiscono la necessità di un accertamento rigoroso e concreto degli elementi costitutivi del reato, allontanandosi da automatismi basati sulla sola posizione ricoperta.

I Fatti del Processo

Il caso riguarda un componente del collegio sindacale di una società, condannato nei primi due gradi di giudizio per concorso, tramite omissione, in due episodi di bancarotta fraudolenta patrimoniale e in un’ipotesi di bancarotta da operazioni dolose. L’accusa sosteneva che il sindaco, omettendo deliberatamente di esercitare i propri poteri di controllo, avesse consentito agli amministratori di compiere operazioni dissipative e distruttive per il patrimonio sociale, che avevano poi condotto al fallimento di due società del gruppo. Tra le operazioni contestate figuravano finanziamenti ingenti e ingiustificati a società controllate e la stipula di un contratto di affitto di ramo d’azienda ritenuto palesemente svantaggioso.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso della difesa, annullando la sentenza di condanna e rinviando il caso alla Corte di Appello per un nuovo giudizio. La decisione si fonda su una critica serrata alla motivazione della sentenza impugnata, ritenuta generica, astratta e priva di un’analisi concreta degli elementi fondamentali per affermare la responsabilità penale del sindaco.

In primo luogo, i giudici hanno dichiarato la nullità della condanna per un’operazione distrattiva (un finanziamento di 320.000 euro) che non era mai stata formalmente contestata all’imputato, violando il principio di correlazione tra accusa e sentenza. Per le altre accuse, invece, la Corte ha ravvisato una profonda carenza motivazionale sui tre pilastri del concorso omissivo: la posizione di garanzia, il nesso di causalità e l’elemento soggettivo del dolo.

Le Motivazioni: la Responsabilità del Sindaco nel Dettaglio

La sentenza offre un’importante lezione su come deve essere accertata la responsabilità penale di chi ricopre un ruolo di controllo. Non basta affermare che il sindaco ‘avrebbe dovuto sapere’ o che la sua inerzia ‘equivale a un avallo’, ma è necessario dimostrare in concreto il suo contributo al reato.

La Posizione di Garanzia e i Poteri Impeditivi

La Corte ribadisce che i sindaci hanno una ‘posizione di garanzia’, ovvero un obbligo giuridico di vigilare sulla corretta gestione societaria per proteggere il patrimonio e gli interessi dei creditori. Questo obbligo si traduce in specifici ‘poteri-doveri’ (ispezioni, richiesta di informazioni, convocazione dell’assemblea, denuncia al tribunale). Tuttavia, la responsabilità penale non scaturisce dalla semplice violazione di tali doveri. È necessario valutare quali poteri ‘impeditivi’ il sindaco avesse a disposizione nel caso concreto e se il loro esercizio avrebbe potuto effettivamente ostacolare l’azione criminosa degli amministratori.

Il Nesso di Causalità nell’Omissione

Uno dei punti più significativi della motivazione riguarda il nesso di causalità. La Cassazione chiarisce che, nel concorso omissivo, non si deve dimostrare che l’intervento del sindaco avrebbe impedito il reato con assoluta certezza. Piuttosto, occorre accertare se la condotta doverosa omessa (ad esempio, una segnalazione motivata o la convocazione di un’assemblea) avrebbe ‘concretamente agevolato la realizzazione dell’altrui illecito’. In altre parole, bisogna verificare se l’inerzia del garante ha reso più facile la commissione del reato, che altrimenti si sarebbe potuto verificare ma ‘con diverse e più difficoltose modalità di realizzazione’. La Corte di Appello aveva completamente saltato questa analisi, ometendo di spiegare come un intervento del sindaco avrebbe potuto incidere sulle decisioni degli amministratori.

L’Elemento Soggettivo e la Prova del Dolo

Infine, la Corte si sofferma sull’elemento psicologico. Per il concorso in un reato doloso come la bancarotta fraudolenta, è necessario il dolo, non essendo sufficiente la colpa. Questo dolo deve investire sia la propria omissione sia la consapevolezza del fatto-reato commesso da altri, con un’adesione alla sua attuazione. È ammissibile anche il ‘dolo eventuale’, ma deve essere provato rigorosamente: il sindaco deve essersi rappresentato l’evento criminoso come una conseguenza possibile della sua inerzia e averne accettato il rischio. La sentenza impugnata, secondo la Cassazione, si era limitata ad affermazioni generiche sullo ‘squilibrio’ delle operazioni, assimilando l’accettazione del rischio d’impresa a quella dell’evento-reato, senza dimostrare l’effettivo atteggiamento psicologico dell’imputato.

Le Conclusioni

La sentenza rappresenta un importante monito per i giudici di merito. La condanna di un sindaco per concorso nei reati fallimentari degli amministratori non può basarsi su presunzioni o formule astratte. Richiede, al contrario, un’indagine puntuale e concreta che dimostri, al di là di ogni ragionevole dubbio, che il sindaco:
1. Aveva l’obbligo giuridico di intervenire.
2. La sua omissione ha causalmente facilitato la commissione del reato.
3. Ha agito con la consapevolezza e la volontà (anche in forma di dolo eventuale) di contribuire all’illecito altrui.

Senza questa rigorosa prova, la responsabilità del sindaco rischia di trasformarsi in una inammissibile responsabilità da posizione, in contrasto con i principi fondamentali del diritto penale.

Quando è responsabile penalmente un sindaco per i reati di bancarotta commessi dagli amministratori?
Secondo la sentenza, la responsabilità del sindaco non è automatica. Deve essere provato che egli, omettendo di esercitare i suoi specifici poteri di controllo, abbia contribuito causalmente alla commissione del reato e che abbia agito con dolo, ovvero con la consapevolezza e la volontà (anche solo accettando il rischio) di agevolare l’illecito degli amministratori.

Come si dimostra il nesso di causalità per l’omissione del sindaco?
Non è necessario provare che l’intervento del sindaco avrebbe impedito il reato con certezza. Bisogna accertare se la sua condotta omissiva abbia concretamente agevolato la realizzazione dell’illecito, rendendolo più semplice. Se l’azione doverosa del sindaco (es. una segnalazione o la convocazione dell’assemblea) avesse reso la commissione del reato più difficile per gli amministratori, allora sussiste il nesso causale.

È sufficiente la negligenza del sindaco per essere condannato per concorso in bancarotta fraudolenta?
No. La bancarotta fraudolenta è un reato doloso. La sentenza chiarisce che non è ammissibile un concorso colposo (per negligenza o imprudenza) in un delitto doloso. Per affermare la responsabilità del sindaco è indispensabile dimostrare il dolo, ossia l’intenzione di contribuire al reato, che può manifestarsi anche nella forma del dolo eventuale (accettazione del rischio concreto che il reato si verifichi).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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