Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 36567 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 36567 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/09/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME nato a CATANIA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a ANTILLO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 09/12/2024 della Corte d’appello di Caltanissetta visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; Letta la requisitoria scritta del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibili i ricorsi; Letta la memoria del difensore dell’imputato COGNOME NOME, AVV_NOTAIO, la quale ha insistito nell’accoglimento del ricorso ; COGNOME, AVV_NOTAIO
Letta la memoria del difensore dell’imputato COGNOME NOME COGNOME, il quale ha insistito nell’accoglimento del ricorso ;
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza del 9 dicembre 2024, la Corte di appello di Caltanissetta ha confermato la sentenza del Tribunale di Enna del 27 Febbraio 2024 che aveva dichiarato COGNOME NOME e di COGNOME NOME colpevoli del reato di cui agli articoli 110,479,476, comma 2, cod.pen. contestato al capo 7) della rubrica per avere attestato falsamente, in relazione alla domanda di contributi
presentati dalla ditta RAGIONE_SOCIALE, la sussistenza dei presupposti per l’accesso, da parte della medesima, agli aiuti comunitari.
Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso gli imputati COGNOME NOME e COGNOME NOME con distinti atti a firma dei rispettivi difensori.
2.1. COGNOME COGNOME NOME ha proposto ricorso affidato a tre motivi.
2.1.1. Con primo motivo denuncia violazione di legge in relazione agli artt. 110,479, 476, comma 2, cod. pen. per avere la Corte territoriale ritenuto la responsabilità penale dell’imputato nella qualità di responsabile del RAGIONE_SOCIALE) senza considerare che la verifica sostanziale per la sussistenza delle condizioni di accesso ai contributi spetta all’RAGIONE_SOCIALE preposta alla loro erogazione. Richiamandosi al testo della convenzione stipulata tra RAGIONE_SOCIALE, ente pagatore, ed il RAGIONE_SOCIALE, si duole che la Corte d’appello abbia, altresì, ritenuto sussistente l’elemento soggettivo valorizzando il mancato controllo formale sui documenti da vagliare, ai sensi del citato articolo 3bis della medesima convenzione, ed omettendo di considerare che il ricorrente non avrebbe potuto effettuare alcun controllo, atteso il suo ruolo meramente amministrativo e burocratico.
2.1.2. Con secondo motivo denuncia violazione di legge in relazione all’art. 530, comma 2, cod. proc. pen. e vizio di motivazione, oltre che travisamento di prova, non essendo stata dimostrata la colpevolezza del ricorrente e non essendosi considerato che, per la domanda presentata, non era stato erogato alcun aiuto comunitario alla ditta richiedente.
2.1.3. Con terzo motivo denuncia violazione ed errata applicazione dell’art. 131 bis cod.pen. tenuto conto della lieve entità del danno considerata la mancata erogazione di aiuti in favore della ditta richiedente. La Corte non avrebbe dovuto ritenere sussistente il reato di cui all’art. 476 cod. pen., né l’aggravante del comma 2, non essendo stato l ‘ ente pagatore tratto in inganno ed avendo bloccato il pagamento; la condotta avrebbe dovuto essere derubricata, come falso semplice, ed il reato dichiarato prescritto.
2.2. COGNOME NOME ha proposto ricorso affidato ad unico motivo con cui deduce di avere svolto l’attività di operatore del C.A.A. ma non di pubblico ufficiale, e di essere stato deputato alla verifica della correttezza formale della documentazione proposta a corredo della domanda ma non della sua correttezza sostanziale. Deduce, inoltre, l’insussistenza del dolo avendo l’imputato agito sulla base di contratti di affitto di terreni che risultavano regolarmente registrati all’RAGIONE_SOCIALE delle Entrate.
3.Il Sostituto Procuratore generale ha concluso, con requisitoria scritta, chiedendo dichiararsi l’inammissibilità de i ricorsi.
I difensori degli imputati hanno depositato memoria telematica con la quale hanno insistito nell’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Sono infondati entrambi i ricorsi.
1.È infondata la doglianza -posta a fondamento del primo motivo di ricorso proposto nell’interesse di COGNOME e dell’unico motivo di ricorso proposto nell’interesse dell’imputato COGNOME – con la quale si nega la responsabilità degli imputati sul presupposto della mancanza di un loro obbligo di controllo e della impossibilità di configurarli come pubblici ufficiali.
1.1. Occorre preliminarmente considerare, che il quadro normativo di riferimento sotteso alla legittimazione dei C.A.A. ad operare per conto di RAGIONE_SOCIALE (definito dal d. lgs. n. 165/1999 recante norme su ‘Soppressione dell’RAGIONE_SOCIALE e istituzione dell’RAGIONE_SOCIALE, a norma dell’articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59′) delinea in modo incontrovertibile l’esistenza di un rapporto di servizio tra gli stessi centri e l’organismo pagatore. I commi 1 e 3 dell’art. 3 -bis del predetto decreto legislativo, nella formulazione vigente all’epoca dei fatti contestati, disciplinano le funzioni dei RAGIONE_SOCIALE mediante le seguenti disposizioni:«1. Gli organismi pagatori, ai sensi e nel rispetto del punto 4 dell’allegato al regolamento (CE) n. 1663/95, fatte salve le specifiche competenze attribuite ai professionisti iscritti agli ordini e ai collegi professionali, possono, con apposita convenzione, incaricare “RAGIONE_SOCIALE, di cui al comma 2, ad effettuare, per conto dei propri utenti e sulla base di specifico mandato scritto, le seguenti attività: a) tenere ed eventualmente conservare le scritture contabili; b) assisterli nella elaborazione delle dichiarazioni di coltivazione e di produzione, delle domande di ammissione a benefici comunitari, nazionali e regionali e controllare la regolarità formale delle dichiarazioni immettendone i relativi dati nel sistema informativo attraverso le procedure del SIAN; c) interrogare le banche dati del SIAN ai fini della consultazione dello stato di ciascuna pratica relativa ai propri associati». È, inoltre, previsto che « 3. Per le attività di cui al comma 1, i RAGIONE_SOCIALE hanno, in particolare, la responsabilità della identificazione del produttore e dell’accertamento del titolo di conduzione dell’azienda, della corretta immissione dei dati, del rispetto per quanto di competenza delle disposizioni dei regolamenti (CE) n. 1287/95 e n. 1663/95, nonché la facoltà di accedere alle banche dati del SIAN, esclusivamente per il tramite di procedure di interscambio dati». La disciplina dei C.A.A. è stata poi integrata dal D.M. del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali del 27
marzo 2008, il cui art. 2 (Attività dei C.A.A.), al secondo comma, conferma che, nell’esercizio dei compiti indicati, il C .A.A. ha la responsabilità dell’identificazione del produttore e dell’accertamento dell’esistenza del titolo di conduzione dell’azienda. Infine, a ciò si aggiunga che l’art. 25, comma 2, del D.l. del 19.2.2012, n. 5 recante ‘Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo’ (convertito con modificazioni dalla L. 4 aprile 2012, n. 35) ha previsto che «I dati relativi alla azienda RAGIONE_SOCIALE contenuti nel fascicolo aziendale elettronico di cui all’articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica 1° dicembre 1999, n. 503, e all’articolo 13, del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, fanno pubblica fede nei confronti delle pubbliche amministrazioni per i rapporti che il titolare della azienda RAGIONE_SOCIALE instaura ed intrattiene con esse anche per il tramite dei centri RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di cui all’articolo 3-bis del decreto legislativo 27 maggio 1999, n.165, e successive modificazioni, che ne curano la tenuta e l’aggiornamento».
Sulla scorta di tale disciplina, appare evidente che i C.A.A., non soltanto hanno il compito di assistere i richiedenti nella elaborazione delle dichiarazioni di coltivazione e di produzione al fine di essere ammessi ai benefici finanziari (comunitari, nazionali e regionali), ma, in primo luogo, hanno l’obbligo di c ontrollare la regolarità formale delle dichiarazioni rese dall’impresa RAGIONE_SOCIALE prima di immettere i relativi dati nel sistema informativo attraverso le procedure del SIAN (‘Sistema informativo unificato di servizi del comparto agricolo, agroalimentare e f orestale’). Nell’esercizio di tale attività, svolta nell’ambito di un formale rapporto concessorio di funzioni (che per legge fanno capo all’RAGIONE_SOCIALE, concedente), il RAGIONE_SOCIALE. svolge, dunque, funzioni di pubblico interesse ed è responsabile della corretta immissione dei dati al sistema informatico nonché del rispetto delle disposizioni recate dai regolamenti (CE) istitutivi delle relative provvidenze economiche. In altri termini, il controllo intestato ai RAGIONE_SOCIALE, capillarmente presenti sul territorio, permette all’organismo pagatore di disporre di informazioni il più possibile attendibili per avviare le relative istanze verso un percorso di regolarità e legalità.
1.2. Nella fattispecie in esame, la Corte territoriale ha applicato i principi già affermati da questa Corte quanto al ruolo, qualifica e competenze del soggetto addetto al C.A.A. nell’inserimento delle domande volte ad ottenere gli aiuti comunitari per l’RAGIONE_SOCIALE. Si è infatti chiarito, con principi applicabili al caso di specie cui questo Collegio intende dare seguito, che ricorrono specifici «oneri di controllo, di identificazione del produttore e dell’esistenza del titolo della conduzione dell’azienda RAGIONE_SOCIALE, di cui all’art. 2 del D.M. 27 marzo 2008 (Mipaaf)» (Sez. 5, n. 47251 del 10/06/2019, COGNOME, non massimata) e che integra il delitto di falso ideologico in atto pubblico fidefacente la condotta del legale rappresentante del
RAGIONE_SOCIALE (RAGIONE_SOCIALE) che, nel ricevere la domanda unica di pagamento di contributi comunitari e nel formare la scheda di valutazione, attesti falsamente la presenza degli allegati volti a documentare la sussistenza, in capo al richiedente, dei requisiti per ottenere i predetti contributi nonché il deposito dei medesimi presso gli uffici del RAGIONE_SOCIALE ( (Sez. 5, n. 15726 del 27/06/2025, 288432 -01 in cui la Corte ha precisato che il RAGIONE_SOCIALE è ente di diritto pubblico, in quanto ad esso lRAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE ha trasferito i suoi poteri per effetto di apposita convenzione, e che il legale rappresentante del RAGIONE_SOCIALE riveste la qualità di incaricato di pubblico servizio in forza delle funzioni attribuite dalla legge a tale tipologia di ente).
1.3. La doglianza difensiva comune ai ricorrenti, sulla natura meramente formale del controllo e sull’insussistenza di un obbligo di verifica della veridicità della documentazione prodotta dal richiedente, risulta manifestamente infondata, perché smentita dalla lettera della norma istitutiva dei RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (art. 3-bis, comma 3, decreto legislativo n. 165 del 1990, sopra richiamato) che espressamente prevede che i RAGIONE_SOCIALE hanno la responsabilità della identificazione del produttore e dell’accertamento del titolo di conduzione dell’azienda.
La cornice normativa nella quale si iscrive la condotta dei RAGIONE_SOCIALE non consente di ritenere come meramente formale l’attività di controllo agli stessi demandata, quando, come nel caso di specie, si tratti di verificare la conformità della domanda ai criteri fissati dallo stesso ente erogatore, e la sussistenza dei presupposti per l’accesso agli aiuti .
Le doglianze sono, peraltro, reiterative, e non si confrontano con la esaustiva e puntuale motivazione della Corte di appello, che ha incensurabilmente valorizzato la condotta partecipativa dei ricorrenti, la loro piena consapevolezza oltre che la significativa gravità del fatto.
I giudici di merito, con motivazione non censurabile in questa sede, hanno evidenziato che la ditta RAGIONE_SOCIALE, nel presentare la domanda unica di pagamento (DUP) per l’anno 2016, per comprovare i presupposti richiesti per l’accoglimento , aveva prodotto alcuni ‘contratti di affitto’ di terreni agricoli non registrati e che, inoltre, la stessa domanda faceva riferimento anche a terreni per i quali gli enti pubblici avevano comunicato la loro afferenza ad opere pubbliche, in quanto ricadenti nella zona dell’E liporto e nella Riserva nazionale orientata ‘Biviere di Gela’ ( pag. 5-6 della sentenza). Hanno, quindi, evidenziato che le circolari RAGIONE_SOCIALE, proprio nell’intento di contenere il rischio di truffe, ritengono non sufficiente, ai fini della dimostrazione dei requisiti per l’accesso ad aiuti comunitari , l’allegazione di semplici atti notori o di scritture private non registrate e che, quando i contratti di affitto abbiano ad oggetto fondi demaniali, le circolari impongono la necessità di un accertamento anche della sussistenza di atti concessori relativamente ai medesimi,
in quanto l’unico titolo legittimante la validazione della estensione terriera è rappresentato dall’atto concessorio.
Le censure difensive non si confrontano con tale specifica e dettagliata ricostruzione fattuale sulla base della quale la sentenza impugnata ha ritenuto che gli imputati COGNOME e COGNOME, nella qualità rispettiva di operatore e legale rappresentante del RAGIONE_SOCIALE, hanno validato la domanda della ditta Puejo in violazione della normativa dettata in tema di controlli, attestando falsamente la sussistenza delle condizioni per l’accesso agli aiuti comunitari.
1.4. Sotto altro profilo, la Corte territoriale con ragionamento ineccepibile ha ritenuto sussistente il dolo del reato addebitato sottolineando come le evidenze acquisite siano indicative di una mancata verifica sulla sussistenza dei titoli, e non di una mera leggerezza.
La sentenza impugnata ha fatto buon governo del principio secondo cui la prova del dolo, quale fenomeno interno e soggettivo che si manifesta attraverso segni esteriori, resta affidata ai facta concludentia , ossia a quelle modalità estrinseche dell’azione dotate di valore sintomatico e l’indagine – riservata al giudice di merito – esige che ogni singolo caso sia inquadrato e valutato nella cornice di circostanze concomitanti (Sez. 5, n. 1358 del 16/12/1986, Bosco, Rv. 175031).
La doglianza espressa nell’interesse dell’imputato COGNOME, sull’apparenza di registrazione dei titoli allegati alla domanda, non si confronta con la circostanza emersa per cui la domanda dell’interessata aveva fatto riferimento a fondi demaniali per cui erano necessari titoli concessori in realtà insussistenti; risulta peraltro generica e sfornita di allegazioni idonee ad individuare aspetti fallaci nella motivazione fornita dai giudici di merito.
IL Collegio intende confermare l’insegnamento di questa Corte secondo cui «se deve escludersi che il dolo generico possa ritenersi sussistente per il solo fatto che l’atto contenga un asserto obiettivamente non veritiero, dovendosi, invece, verificare anche che la falsità non sia dovuta ad una leggerezza dell’agente, come pure ad una incompleta conoscenza e o errata interpretazione di disposizioni normative o, ancora, alla negligente applicazione di una prassi amministrativa, tuttavia deve considerarsi dolosa la falsa attestazione di un accertamento in realtà mai compiuto» (S ez. 5, n. 35548 del 21/05/2013, Rv. 257040 -01; Sez. 5, n. 15255 del 15/03/2005, Rv. 232138)»
2.Il secondo motivo nell’interesse dell’imputato COGNOME è manifestamente infondato.
Le deduzioni difensive, incentrate sulla mancanza di erogazione di aiuti comunitari alla ditta RAGIONE_SOCIALE per l’anno 2016, sono prive di efficacia dirimente e ininfluenti rispetto alla valutazione dei fatti oggetto del procedimento, in cui è contestata una
condotta strumentale e propedeutica, ammantata di falsità, rispetto all’ottenimento dei contributi comunitari, oggetto di contestazione al capo 5), dichiarato prescritto.
3.Il terzo motivo, con cui la difesa dell’imputato COGNOME si duole del mancato accoglimento della richiesta di proscioglimento ex art. 131 bis cod. pen., è inammissibile perchè oltre che generico, implica valutazioni in fatto, non consentite a questa Corte, e, comunque, già esaustivamente svolte dalla Corte territoriale che, nella più appropriata sede di merito di sua competenza, ha motivato la mancanza dei presupposti per applicare l’art. 131 bis cod. pen. ritenendo, con motivazione sintetica ma ineccepibile, che ‘l’omessa ed inte grale valutazione dei titoli posti a fondamente della domanda della RAGIONE_SOCIALE‘ non possa essere ritenuta di minima offensività.
È infondata anche l’ultima doglianza con la quale si deduce l’insussistenza della circostanza aggravante di quell’articolo 476, comma 2, cod.pen. in quanto i C.A.A., pur avendo natura privatistica, rivestono, si ribadisce, il duplice ruolo di mandatari delle imprese agricole che a loro si rivolgono ( per l’erogazione di attività di RAGIONE_SOCIALE e per la costituzione e aggiornamento del fascicolo aziendale) oltre che di delegati degli organismi pagatori, che possono affidare loro, mediante apposita convenzione, lo svolgimento di attività amministrative pubbliche connesse ai controlli di regolarità formale della documentazione fornita dagli agricoltori e al corretto inserimento delle relative informazioni nel SIAN e nei sistemi informativi degli organismi pagatori. Correttamente, pertanto, analoga doglianza è stata respinta dalla Corte territoriale che ha sottolineato la natura fidefacente dei dati asseverati dai referenti dei C.A.A. sulla base dei poteri istruttori loro demandati dalla legge, in quanto chiamati ad attestare fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità . La norma espressamente attributiva della fidefacenza è l’art. 25, comma 2, del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, sopra richiamato, da cui è possibile desumere che il controllo effettuato dagli operatori dei C.A.A. non è solo di natura formale (Sez.5. n. 29461 del 27/06/2025, cit.).
In conclusione i ricorsi devono essere rigettati con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così è deciso, 30/09/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente COGNOME
NOME COGNOME