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Responsabilità amministratori: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 38801/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di quattro amministratori condannati per omesso versamento di imposte. La Corte ha ribadito che la responsabilità amministratori si estende a tutti i membri del consiglio, anche senza deleghe specifiche. Inoltre, ha precisato che la crisi di liquidità aziendale non costituisce causa di forza maggiore se l’impresa ha scelto di pagare altri creditori al posto del fisco, rafforzando così i criteri di valutazione della colpa in materia di reati tributari.

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Pubblicato il 26 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Responsabilità Amministratori e Omesso Versamento IVA: la Cassazione fa Chiarezza

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 38801 del 2024, si è pronunciata su un tema cruciale per la vita delle imprese: la responsabilità amministratori in caso di omesso versamento di imposte. La decisione chiarisce che il ruolo formale all’interno del consiglio di amministrazione non è sufficiente a escludere la colpa e che la crisi di liquidità, se non gestita correttamente, non può essere invocata come scusante. Questa sentenza offre importanti spunti di riflessione per chiunque ricopra cariche societarie, delineando in modo netto i confini dei doveri e delle responsabilità penali.

I Fatti del Caso: La Condanna per Omesso Versamento

Il caso riguarda quattro amministratori di una società a responsabilità limitata, condannati in primo e secondo grado per il reato di omesso versamento di imposte per gli anni 2013 e 2015, in violazione dell’art. 10 ter del D.Lgs. 74/2000. La Corte d’Appello di Bologna aveva confermato la sentenza del Tribunale di Modena, ritenendo i ricorrenti colpevoli delle omissioni fiscali contestate. Contro questa decisione, gli amministratori hanno proposto ricorso per cassazione, basando la loro difesa su tre principali argomenti.

I Motivi del Ricorso: Tre Linee Difensive

Gli imputati hanno cercato di smontare l’impianto accusatorio attraverso tre motivi di ricorso:

1. Violazione di legge e mancanza di potere gestorio: Secondo i ricorrenti, la condanna era ingiusta perché non distingueva tra chi aveva poteri effettivi e chi ricopriva un ruolo meramente formale. Alcuni di essi si definivano meri soci o vice presidente senza deleghe specifiche, sostenendo di non avere il potere di firma o la delega fiscale per effettuare i pagamenti.
2. Contraddittorietà della motivazione: La difesa ha evidenziato una presunta contraddizione tra la condanna per gli anni 2013 e 2015 e l’assoluzione, intervenuta in primo grado, per l’omissione relativa all’anno 2014, basata sulla stessa fattispecie di reato.
3. Mancanza di motivazione sulla forza maggiore: Gli amministratori sostenevano che l’omesso versamento fosse dovuto a una grave e improvvisa crisi di liquidità, causata da un aumento del 200% del prezzo dello zinco, una materia prima essenziale per l’azienda. A loro dire, questa situazione configurava una causa di forza maggiore, che avrebbe dovuto escludere il dolo e quindi la punibilità. A supporto di questa tesi, avevano evidenziato interventi finanziari personali e l’accensione di un mutuo per sostenere l’impresa.

La Decisione della Cassazione sulla Responsabilità Amministratori

La Suprema Corte ha dichiarato i ricorsi inammissibili, rigettando tutte le argomentazioni difensive e confermando la condanna. Vediamo in dettaglio le ragioni alla base di questa importante decisione.

La Responsabilità Penale di Tutti i Consiglieri

Sul primo punto, la Cassazione ha ribadito un principio consolidato: in una società di capitali, l’obbligo di versare le imposte grava su tutti i componenti del consiglio di amministrazione. Essi non sono semplici garanti dell’adempimento altrui, ma destinatari diretti dell’obbligo. La suddivisione interna di compiti e deleghe ha una valenza puramente organizzativa e non è opponibile a terzi, né limita il potere-dovere di ciascun amministratore di compiere atti di ordinaria amministrazione come il pagamento delle imposte. La rappresentanza generale della società, risultante dalla visura camerale, è sufficiente a fondare la responsabilità.

L’Inammissibilità della Presunta Contraddittorietà

Il secondo motivo è stato giudicato generico e inammissibile. I giudici hanno chiarito che il vizio di contraddittorietà deve essere interno alla sentenza impugnata, non può emergere dal confronto tra decisioni di gradi diversi o relative a capi d’imputazione differenti. Inoltre, la Corte ha sottolineato che l’assoluzione per l’anno 2014 era avvenuta per “mere ragioni formali”, non mettendo quindi in discussione l’impianto logico della condanna per le altre annualità.

La Crisi di Liquidità non è Forza Maggiore

La Corte ha rigettato anche il terzo motivo, fornendo chiarimenti essenziali sulla nozione di forza maggiore nei reati tributari. La semplice difficoltà economica non è sufficiente. Per escludere la colpa, l’imputato deve fornire la prova rigorosa di:
* Un fatto imponderabile, imprevisto e imprevedibile che ha reso assolutamente impossibile il pagamento.
* L’assenza di qualsiasi colpa, anche a titolo di omissione, nella gestione della crisi.
* L’aver posto in essere tutte le azioni possibili, anche attingendo al patrimonio personale, per reperire la liquidità necessaria.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte si fondano sulla necessità di garantire il rispetto degli obblighi fiscali, considerati preminenti. I giudici hanno evidenziato come, nel caso di specie, gli amministratori avessero compiuto una scelta consapevole: quella di utilizzare le risorse economiche disponibili per pagare altri creditori (banche, fornitori, dipendenti) a discapito dell’Erario. Questa scelta, secondo la Suprema Corte, è incompatibile con l’invocazione della forza maggiore, in quanto dimostra che l’impossibilità di pagare le imposte non era assoluta, ma derivava da una precisa decisione imprenditoriale. Gli esborsi personali sono stati inoltre ritenuti “marginali” e non sufficienti a dimostrare di aver fatto tutto il possibile per adempiere all’obbligazione tributaria.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per gli Amministratori

Questa sentenza ribadisce la linea dura della giurisprudenza sulla responsabilità amministratori per i reati tributari. Le implicazioni pratiche sono chiare: ricoprire una carica in un CdA, anche se priva di deleghe operative specifiche, comporta doveri di vigilanza e intervento. In caso di crisi aziendale, la priorità deve essere data agli adempimenti fiscali. Scegliere di saldare altri debiti, pur se legittimi, prima di quelli tributari, espone gli amministratori a una sicura condanna penale, poiché tale condotta viene interpretata come una manifestazione del dolo richiesto per il reato di omesso versamento.

Un amministratore senza deleghe specifiche può essere ritenuto penalmente responsabile per l’omesso versamento delle imposte?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, tutti i membri del consiglio di amministrazione sono destinatari diretti dell’obbligo di versamento. La suddivisione interna delle competenze non limita la capacità e il dovere di ogni singolo amministratore di compiere atti di ordinaria amministrazione, come il pagamento delle imposte.

Una grave crisi di liquidità aziendale può essere considerata una causa di forza maggiore che esclude il reato di omesso versamento?
No, non automaticamente. La sentenza chiarisce che le mere difficoltà economiche non integrano la forza maggiore. Per invocarla, l’imputato deve provare un’impossibilità assoluta di adempiere, dovuta a un evento imprevedibile e inevitabile, e di aver fatto tutto il possibile per reperire i fondi, senza aver scelto di pagare altri creditori (es. banche, fornitori) al posto del fisco.

L’assoluzione per l’omesso versamento relativo a un’annualità fiscale crea una contraddizione se si viene condannati per la stessa accusa in altre annualità?
Non necessariamente. La Corte ha stabilito che una contraddizione della motivazione deve essere interna alla stessa sentenza impugnata. Non si può contestare una condanna in appello semplicemente contrapponendola a un’assoluzione in primo grado per un’altra imputazione, anche se simile, soprattutto se l’assoluzione è avvenuta per ragioni meramente formali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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