Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 21604 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 21604 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CELLINO SAN MARCO il 02/11/1969
avverso la sentenza del 13/06/2024 della CORTE D’APPELLO DI VENEZIA
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
NOME COGNOME ricorre a mezzo del difensore avverso la sentenza della Corte di appello di Venezia, che ha confermato la pronunzia del G.u.p. del Tribunale di Padova, con la quale l’imputato era stato ritenuto responsabile dei delitti di bancarotta fraudolenta societar documentale specifica, quale amministratore di diritto della società RAGIONE_SOCIALE dichiarata fallita il 10 ottobre 2015.
Il ricorso è articolato in due motivi, ulteriormente illustrati con la memoria depositata c sostiene la specificità delle doglianze di ricorso.
Il ricorrente lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al delitto contest e agli artt. 42 e 43 cod. pen., deducendo con il primo motivo carenza di motivazione, essendosi la sentenza limitata a valutare la scomparsa delle scritture contabili per addebitarle al ricorrent senza considerare che COGNOME non deteneva le scritture, in quanto affidate a uno studio professionale, dal quale furono ritirate da un dipendente, COGNOME, e non dall’imputato che si trovava agli arresti domiciliari e al quale il G.i.p. aveva negato le comunicazioni con il COGNOME per recarsi in cantiere: l’imputato si trovava, quindi, nella impossibilità oggettiva di concor nel reato, risultando per altro COGNOME sostituito da altro amministratore dal giugno 2011; con secondo motivo il ricorrente lamenta violazione di legge e vizio di motivazione quanto al dolo specifico richiesto per la fattispecie incriminatrice, rilevando come la causa del fallimento sia ricondursi allo squilibrio economico finanziario conseguente al dissesto della committente RAGIONE_SOCIALE dal che la società risulta poi essere stata lasciata in stato di abbandono dal 2012: gli indici di fraudolenza non risulterebbero adeguatamente indicati dalla Corte di
appello, che non si confronterebbe con la giurisprudenza di legittimità che richiede che particolarmente rigorosa sia la prova del dolo specifico, nel caso in cui non vi sia una condott di bancarotta patrimoniale, né con i principi in tema di amministratore ‘testa di legno’, pe quale la prova del dolo specifico richiede un maggior grado di consapevolezza dello stato delle scritture e delle condotte ad essere relative.
Preliminarmente deve osservarsi come i motivi formulati siano reiterativi delle doglianze che sono state formulate con il primo e secondo motivo di appello e trovano puntuale risposta nella sentenza impugnata, con la quale non si confronta il ricorso ora in esame. Difatti, i motivi ricorso per cassazione che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame sono da considerarsi non specifici. La mancanza di specificità del motivo, invero, dev’essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell’art. 591 comma 1 lett. c), all’inammissibilità (Sez. 4, n. 256 del 18/09/1997 – dep. 13/01/1998, COGNOME, Rv. 210157).
In particolare, il primo motivo, infatti, non prende atto che la Corte di appello, come pri il Tribunale, evidenziavano come COGNOME non avesse svolto il ruolo di mera ‘testa di legno’, bens fosse per un verso titolare dell’i% delle quote della società, mentre l’altro 99% era intestato figlio, e inoltre la sentenza impugnata rilevava come alla qualità di amministratore si collegass anche la circostanza che aveva costituito la società quando già era sottoposto al regime degli arresti domiciliari. Inoltre, come già rilevava la sentenza di primo grado, l’imputato continuativamente informato tramite il coniuge delle attività che svolgeva COGNOME, al quale aveva conferito la procura speciale. In sostanza, COGNOME non era impossibilitato, per le sentenze merito, all’esercizio di un effettivo controllo sull’attività della società, fermo restan correttamente viene affermato dalle sentenze di primo e secondo grado – da intendersi come unico organismo argomentativo, in quanto caratterizzate dalla doppia conformità – che la responsabilità dell’imputato consegue alla carica e agli oner; che ne conseguono. Difatti Sez. 5, n. 44666 del 04/11/2021, La Porta, Rv. 282280 – 01 ha affermato che «deve ritenersi pacifico che l’assunzione solo formale della carica gestoria non consenta l’automatica esenzione dell’amministratore per i reati previsti dagli artt. 216 comma 1 n. 2), 217 comma 2 e 220 legge fall., atteso che questi e non altri è il diretto destinatario ex art. 2392 c.c. dell’obbligo alla regolare tenuta e conservazione dei libri contabili (ex multis Sez. 5, Sentenza n. 43977 del 14/07/2017, COGNOME, Rv. 271754). Da qui il corollario per cui, qualora egli deleghi ad altri concreto la tenuta della contabilità o comunque consenta che altri assumano di fatto la gestione della società, egli non è esonerato dal dovere di vigilare sull’operato dei delegati o de amministratori di fatto e, conseguentemente, dalla responsabilità penale, eventualmente in forza del disposto di cui all’art. 40 comma 2 c.p., se viene meno a tale dovere (ex multis Sez. 5 Sentenza n. 36870 del 30/11/2020, COGNOME, Rv. 280133)». Nel caso in esame non vertendosi in
tema di amministratore solo formale, manifestamente infondato, oltre che aspecifico, è il primo motivo.
Anche il secondo motivo di ricorso è, oltre che aspecifico, manifestamente infondato, in quanto la sentenza impugnata chiarisce in modo congruo, come il dolo specifico sia comprovato
sia da condotte distrattive, relative alle merci che risultavano acquistate e non rinvenute, s anche dalla situazione debitoria conseguente all’omesso versamento di oneri previdenziali, oltre
che da ulteriori profili indicati ai foll. 7-9 della sentenza impugnata, con i quali non si con affatto il ricorso.
In sostanza la sentenza fa buon governo dei principi relativi agli indici di fraudolenza, d quali viene tratta la prova della volontà diretta dell’imputato alla sottrazione delle scri
contabili, integranti l’animus nocendi
richiesto, non solo (come obietta il ricorrente) dall’omesso rinvenimento delle scritture, ma anche da ulteriori condotte poste in essere dall’imputato, qual
quelle distrattive della liquidità, che costituiscono una ragione probatoria ‘forte’ in ordine sussistenza del dolo specifico richiesto per la bancarotta documentale (in questo senso e sul
punto, per un esame accurato del dolo specifico richiesto, cfr. Sez. 5, n. 15743 del 18/01/2023,
COGNOME rv. 284677 – 02, in motivazione).
Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, ne consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso 07/05/2024