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Responsabilità amministratore: condanna per omesso controllo

La Corte di Cassazione conferma la condanna per bancarotta fraudolenta di un consigliere di amministrazione, sottolineando la sua responsabilità anche per omesso controllo. La sentenza chiarisce che un ruolo, anche se percepito come meramente tecnico, non esime dalla ‘posizione di garanzia’, ovvero dal dovere di vigilare e impedire atti pregiudizievoli per la società. L’imputato è stato ritenuto corresponsabile per non aver impedito distrazioni di fondi e operazioni dolose, pur avendo approvato i bilanci e partecipato alle riunioni del consiglio. La responsabilità amministratore sussiste anche se le condotte illecite principali sono state poste in essere da altri gestori.

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Pubblicato il 19 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Responsabilità Amministratore: Quando l’Omesso Controllo Porta alla Condanna per Bancarotta

La figura dell’amministratore di una società comporta oneri e doveri che vanno ben oltre la mera formalità della carica. La responsabilità amministratore non si esaurisce nelle azioni dirette, ma si estende anche alle omissioni, in particolare al mancato controllo sulle attività gestionali che possono danneggiare l’azienda. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 20725/2024) ribadisce con forza questo principio, confermando una condanna per bancarotta fraudolenta a carico di un consigliere che si riteneva estraneo alle condotte illecite.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un consigliere delegato di una S.p.A., successivamente fallita, accusato di due gravi reati: bancarotta fraudolenta per distrazione di fondi e aver cagionato il dissesto della società attraverso operazioni dolose. L’accusa, confermata sia in primo grado che in appello, sosteneva che l’imputato, insieme ad altri amministratori, avesse contribuito al collasso dell’impresa.

La difesa dell’amministratore si basava su due argomenti principali:
1. Il suo ruolo era prettamente tecnico e formale, senza un potere decisionale effettivo sulla gestione.
2. Aveva lasciato la società nel marzo 2010, prima che la crisi diventasse conclamata e il passivo raggiungesse i 18 milioni di euro.

Tuttavia, le indagini avevano rivelato un quadro diverso. La società era stata costituita con un capitale sociale in parte fittizio, basato su un credito IVA inesistente. Inoltre, erano emerse numerose condotte distrattive, come compensi esorbitanti a un membro della famiglia al vertice, spese ingiustificate per viaggi e l’uso di un’auto di lusso a carico della società anche dopo la cessazione dalla carica.

La Decisione della Corte e la Responsabilità Amministratore

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato. I giudici hanno stabilito che le prove raccolte dimostravano un ruolo pienamente operativo dell’imputato all’interno del consiglio di amministrazione. Non si trattava di una figura passiva, ma di un soggetto che aveva partecipato attivamente a riunioni cruciali, approvato bilanci (inclusi quelli che riportavano le spese illecite) e, in alcune occasioni, aveva persino svolto il ruolo di segretario.

La Corte ha quindi confermato che la responsabilità amministratore sorge non solo quando si compiono atti illeciti, ma anche quando si omette di esercitare il dovuto controllo per impedirli.

Le Motivazioni

La sentenza si fonda su alcuni pilastri giuridici fondamentali che definiscono i contorni del dovere di vigilanza.

Il Ruolo Non Era Meramente Formale

Contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, le testimonianze e i verbali delle riunioni hanno dimostrato che l’amministratore era pienamente coinvolto nella vita societaria. La sua presenza e la sua approvazione dei bilanci, nonostante le evidenti anomalie (come lo stipendio sproporzionato di un altro dirigente), sono state considerate prove della sua consapevolezza e del suo ruolo attivo. Di conseguenza, non poteva sostenere di essere un semplice tecnico all’oscuro delle decisioni gestionali.

La “Posizione di Garanzia” e l’Omesso Controllo

Il punto cruciale della decisione risiede nel concetto di “posizione di garanzia”, sancito dall’art. 2392 del Codice Civile e dall’art. 40 del Codice Penale. Ogni amministratore ha l’obbligo giuridico di agire per impedire atti che possano pregiudicare la società, i soci o i creditori. Questa posizione impone un dovere di vigilanza attiva. Nel caso specifico, l’imputato, pur essendo a conoscenza di diverse irregolarità (come l’affitto di un immobile a un canone esorbitante), è rimasto inerte. La sua omissione, secondo la Corte, ha contribuito a “far lievitare l’importo delle condotte distrattive”, rendendolo concorrente nel reato.

L’Irrilevanza della Cessazione dalla Carica

I giudici hanno chiarito che il fatto di aver lasciato la società prima della dichiarazione di fallimento non elimina la responsabilità per le condotte (attive o omissive) tenute durante il proprio mandato. Le perdite e le operazioni dolose che hanno innescato il dissesto si erano verificate proprio nel periodo in cui egli era in carica. Inoltre, la Corte ha sottolineato come l’imputato avesse continuato a porre a carico della società le spese di gestione di una vettura di lusso anche dopo aver terminato il suo incarico, a dimostrazione di un coinvolgimento tutt’altro che terminato.

Le Conclusioni

Questa sentenza è un monito importante per tutti coloro che ricoprono cariche amministrative in una società. La responsabilità amministratore è un fardello significativo che non può essere preso alla leggera. Accettare un incarico in un consiglio di amministrazione significa assumersi il dovere di informarsi, vigilare e intervenire attivamente per prevenire illeciti. Trincerarsi dietro un ruolo “formale” o “tecnico” non è una difesa valida di fronte alla legge. Il silenzio e l’inerzia di fronte a palesi irregolarità gestionali equivalgono a una forma di complicità, con conseguenze penali potenzialmente molto gravi.

Un amministratore che non partecipa attivamente alla gestione può essere ritenuto responsabile per i reati commessi da altri?
Sì. Secondo la Corte, ogni amministratore ricopre una ‘posizione di garanzia’ che gli impone un obbligo di vigilanza. Omettere di controllare e impedire atti pregiudizievoli per la società, pur essendone a conoscenza, costituisce un concorso per omissione nel reato commesso da altri amministratori.

Cessare dalla carica di amministratore esclude la responsabilità per i fatti avvenuti durante il proprio mandato?
No. La responsabilità penale riguarda le azioni e le omissioni avvenute durante il periodo in cui si è ricoperto l’incarico. Aver lasciato la società prima della dichiarazione di fallimento non esonera dalla responsabilità per aver contribuito a causare il dissesto durante il proprio mandato.

L’approvazione di un bilancio che contiene dati irregolari può comportare una responsabilità penale per l’amministratore?
Sì. L’approvazione del bilancio è un atto formale che certifica la presa visione e l’accettazione dei dati contabili. Nel caso di specie, l’aver approvato bilanci che riconoscevano compensi esorbitanti e ingiustificati è stato considerato un elemento che dimostra il coinvolgimento e la consapevolezza dell’amministratore, contribuendo a fondare la sua responsabilità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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