Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 1152 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 1152 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 24/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a ERICE il 21/02/1951 COGNOME() NOME nato a ERICE li 24/06/1969
avverso la sentenza del 13/12/2022 della CORTE APPELLO di PALERMO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME letta la requisitoria a firma del Sostituto Procuratore generale COGNOME
COGNOME che ha chiesto di dichiarare inammissibili i ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza emessa il 18 novembre 2021, il Tribunale di Trapani aveva condannato COGNOME NOME e COGNOME NOME Massimo per il reato di bancarotta fraudolenta documentale, in relazione alla società “RAGIONE_SOCIALE“, fallita il 13 dicembre 2016.
Secondo l’originaria contestazione, gli imputati – in qualità di soci illimitatamente responsabili -, allo scopo dire recare pregiudizio ai creditori della società, non avrebbero tenuto o comunque avrebbero sottratto le scritture contabili della società.
Con sentenza del 13 dicembre 2022, la Corte di appello di Palermo ha riformato la pronuncia di primo grado, riqualificando l’originaria imputazione nel reato di bancarotta documentale semplice.
Avverso la sentenza della Corte di appello, entrambi gli imputati hanno proposto ricorso per cassazione a mezzo del loro difensore, presentando separati atti, che, tuttavia, propongono i medesimi motivi.
2.1. Con un primo motivo, deducono il vizio di erronea applicazione della legge penale, in relazione all’art. 40 cod. pen.
Il ricorrente rappresenta che: la compagine sociale era composta da COGNOME NOME, COGNOME Matteo Massimo e COGNOME NOME (titolari di identiche quote sociali); nel corso degli anni, erano sorti forti conflitti tra gli imputati COGNOME; gli imputati, nel corso della riunione tenutasi il 10 maggio 2012, avevano proposto lo scioglimento della società previa ripartizione degli utili; il COGNOME si era opposto fermamente a tale richiesta e, a partire da quel momento, aveva assunto la gestione esclusiva della società, impedendo agli altri due soci qualsiasi accesso al cantiere e al luogo ove era archiviata la documentazione; il COGNOME non aveva fornito alcun riscontro alle numerose richieste, avanzate dagli imputati, di informazioni circa l’andamento dell’impresa e la documentazione contabile; fino a quando gli imputati avevano concretamente partecipato alla gestione dell’impresa, la contabilità risultava correttamente tenuta; solo a partire dal maggio 2012, nessun adempimento amministrativo contabile e fiscale risultava essere stato realizzato.
Tanto premesso, il ricorrente sostiene che la Corte di appello non avrebbe fatto corretta applicazione dei principi desumibili dall’art. 40, comma 2, cod. pen., poiché non avrebbe tenuto conto del fatto che, a seguito degli eventi accaduti nel maggio 2012, gli imputati, a causa del comportamento tenuto dal COGNOME, si trovavano nell’oggettiva impossibilità non solo di compiere qualsiasi atto gestorio, ma anche di esercitare un concreto controllo sull’operato della persona che, di fatto, amministrava in via esclusiva la società.
2.2. Con un secondo motivo, deducono il vizio di motivazione.
Sostengono che le vicende societarie descritte nell’ambito del primo motivo di ricorso renderebbero evidente che la Corte territoriale non solo non avrebbe fatto corretta applicazione dei principi in materia di «responsabilità per omesso
impedimento dell’evento», ma sarebbe anche incorsa nel Vi2’i0 di travisamento della prova, nel valutare gli elementi emersi dal dibattimento.
2.3. Con un terzo motivo, deducono il vizio di motivazione, il vizio di erronea applicazione della legge penale, in relazione agli artt. 62-bis e 133 cod. pen.
Contestano l’entità della pena principale e quella delle pene accessorie nonché il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche.
Il Procuratore generale, nelle sue conclusioni scritte, ha chiesto di dichiarare inammissibili i ricorsi.
L’avv. NOME COGNOME per gli imputati, ha depositato memoria scritta con la quale ha chiesto di annullare la sentenza impugnata.
CONSIDERATO EN DIRITTO
I ricorsi devono essere accolti.
1.1. Il primo motivo dei ricorsi è fondato.
Va rilevato che, dalle sentenze di merito, e, in particolare, da quella di primo grado, risulta che, a partire dall’anno 2012, gli imputati erano stati completamente estromessi dalla gestione della società ad opera dell’altro socio, COGNOME NOME (condannato, per il reato di bancarotta documentale semplice, con sentenza definitiva, emessa all’esito di separato processo). Dalle medesime sentenze emerge anche che i due imputati si erano attivati per tentare di adempiere agli obblighi su di loro gravanti, in ragione della qualifica da loro rivestita, inviando anche svariate lettere di diffida ai consulenti della società, all’altro socio e ai suoi legali.
La Corte di appello, pur dando atto del fatto che gli odierni imputati erano stati completamente estromessi dalla gestione della società ad opera dell’altro socio, ha ritenuto che essi non fossero esenti da responsabilità per l’omessa tenuta delle scritture contabili, in virtù del mantenimento formale della carica, che imponeva loro di vigilare sulla condotta dell’altro socio e sulla regolare tenuta della contabilità.
La Corte territoriale ha dato atto delle diffide inviate dagli imputati a consulenti della società, all’altro socio e ai suoi legali, ma non le ha ritenute sufficienti, in quanto gli imputati – a fronte degli ostacoli frapposti dall’altro so – avrebbero dovuto chiedere la messa in liquidazione della società oppure recedere dalla medesima.
Al riguardo, va rilevato che la responsabilità dell’amminisl:ratore, che rivesta la sola carica formale, nasce dalla violazione dei doveri di vigilanza e di controllo che derivano dall’accettazione della carica, cui però va aggiunl:a la dimostrazione non solo astratta e presunta ma effettiva e concreta della consapevolezza dello stato delle scritture (cfr. Sez. 5, n. 44293 del 17/11/2005, Liberati, Rv. 232816).
Ebbene, nel caso in esame, è risultato pacifico che gli imputati, nonostante i loro reiterati tentativi, non erano riusciti concretamente a ottenere le informazioni e la documentazione richieste al socio, al fine di ottemperare agli adempimenti previsti dalla legge (cfr. pagine 7, 8 e 9 della sentenza impugnata). Risulta, dunque, provato che gli imputati si erano attivati per adempiere ai loro doveri di vigilanza e controllo, ma che i loro tentativi erano rimasti frustrati a causa del comportamento del socio.
Raggiunta la prova dell’adempimento di tali doveri, risulta venir meno qualsiasi profilo di colpa in capo agli imputati.
La pretesa che gli imputati recedessero dalla società o ne chiedessero lo scioglimento risulta ultronea rispetto agli ordinari doveri di vigilanza e controllo; senza contare che gli imputati, proprio perché le loro richieste e le loro diffide erano rimaste senza esito, non erano neppure a conoscenza dell’effettivo stato della documentazione contabile.
La sentenza impugnata, pertanto, deve essere annullata senza rinvio, poiché , Iiimputata; devmssere assoltei per non aver commesso il fatto.
1.2. Il secondo e il terzo motivo dei ricorsi risultano assorbiti.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per non aver commesso il fatto.
Così deciso, il 24 novembre 2023.