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Responsabilità 231: esclusa per condotta sporadica

La Corte di Cassazione ha annullato la condanna per responsabilità 231 a carico di una società di costruzioni, in seguito alla morte di due tecnici in un paese straniero ad alto rischio. La Corte ha stabilito che la condotta imprevedibile e sporadica di un manager locale, che agì in violazione delle prassi aziendali, interrompe il nesso causale. L’assoluzione dei vertici aziendali e l’assenza di un vantaggio economico concreto per l’ente hanno reso illogica la condanna per ‘colpa di organizzazione’, escludendo così la responsabilità amministrativa della società.

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Pubblicato il 12 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Responsabilità 231: Quando la Condotta Sporadica del Delegato Salva l’Azienda

La responsabilità 231, introdotta con il D.Lgs. 231/2001, ha segnato una svolta nel nostro ordinamento, estendendo la responsabilità amministrativa (ma di fatto penale) anche alle società per reati commessi nel loro interesse o a loro vantaggio. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 31665/2024, offre un’analisi cruciale sui limiti di tale responsabilità, in particolare quando la condotta illecita è frutto di un’iniziativa estemporanea e imprevedibile di un singolo manager. Il caso, relativo alla tragica morte di due tecnici italiani all’estero, dimostra come la ‘colpa di organizzazione’ non possa essere presunta, ma debba essere provata in concreto, distinguendo le carenze sistemiche dalle violazioni isolate.

I Fatti: Una Tragica Scelta in Territorio Ostile

Una grande società di costruzioni italiana invia quattro tecnici a lavorare in un cantiere situato in un paese straniero ad alto rischio. La procedura standard e costantemente seguita per i trasferimenti prevedeva l’utilizzo di una nave, considerata l’opzione più sicura.

Tuttavia, in questa specifica occasione, l’operation manager locale, una figura apicale con ampia delega di poteri e profonda conoscenza del territorio, decide autonomamente di modificare il piano. Per evitare un’attesa di alcuni giorni per la nave, organizza il trasferimento via terra con un veicolo privato. Durante il tragitto, i quattro tecnici vengono rapiti. La prigionia si concluderà tragicamente mesi dopo con la morte di due di loro durante un conflitto a fuoco.

Il Percorso Giudiziario: Dalla Condanna all’Assoluzione

Il procedimento penale vede coinvolti i membri del Consiglio di Amministrazione e l’operation manager per omicidio colposo. In primo grado, il GUP condanna i membri del CdA, ritenendoli responsabili per non aver adeguatamente vigilato e formalizzato le procedure di sicurezza nel Documento di Valutazione dei Rischi (DVR).

La Corte d’Appello, però, ribalta la decisione e assolve tutti i membri del CdA. I giudici di secondo grado riconoscono che la decisione del manager fu un’iniziativa personale, estemporanea, imprevedibile e contraria alle prassi consolidate dell’azienda. Tale condotta, secondo la Corte, ha interrotto il nesso causale tra le eventuali omissioni dei vertici e l’evento mortale.

Tuttavia, la stessa Corte d’Appello conferma la condanna della società per responsabilità 231, ritenendo che l’azienda non avesse adottato un modello organizzativo pienamente idoneo a prevenire quel tipo di reato. Contro questa sentenza ricorrono in Cassazione sia la Procura Generale (per l’assoluzione del Presidente) sia la società (per la propria condanna).

La Decisione della Cassazione sulla responsabilità 231

La Corte di Cassazione rigetta il ricorso della Procura, confermando l’assoluzione del Presidente del CdA. Accoglie, invece, il ricorso della società, annullando senza rinvio la sentenza di condanna a suo carico. La società viene, quindi, definitivamente assolta dall’illecito amministrativo.

Le Motivazioni

Il cuore della decisione della Cassazione risiede nella palese contraddizione della sentenza d’appello e in un’interpretazione sostanziale della ‘colpa di organizzazione’. Se i vertici aziendali sono stati assolti perché la condotta del manager è stata giudicata imprevedibile e autonoma, come può la stessa organizzazione essere considerata colpevole?

La Corte chiarisce i seguenti punti:

1. Rottura del Nesso Causale: La scelta del manager è stata un evento isolato e contrario a una prassi di sicurezza (il trasporto via mare) nota a tutti, compresi i lavoratori. Questa iniziativa ‘rogue’ ha interrotto la catena di causalità, rendendo l’evento non prevedibile né prevenibile da parte dei vertici aziendali, che avevano delegato i poteri a una figura ritenuta competente e affidabile.

2. Valutazione Sostanziale del Modello Organizzativo: La ‘colpa di organizzazione’ non può derivare dalla mera assenza di una procedura formalizzata nel DVR. La Cassazione sottolinea che l’azienda, di fatto, aveva una procedura efficace e costantemente applicata. La violazione è stata sporadica, non sintomo di una falla sistemica. Un modello organizzativo esiste e funziona anche se basato su prassi consolidate e note a tutti, non solo su documenti formali.

3. Assenza di Interesse o Vantaggio Concreto: La responsabilità dell’ente presuppone che il reato sia stato commesso nel suo interesse o a suo vantaggio. In questo caso, il presunto vantaggio (un piccolo risparmio sui costi di pernottamento) è stato ritenuto irrisorio e non oggettivamente apprezzabile per una società multinazionale. Una violazione isolata che genera un vantaggio esiguo non è sufficiente a fondare la responsabilità 231, specialmente in un contesto di generale osservanza delle regole di sicurezza.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: la responsabilità 231 non è una forma di responsabilità oggettiva. Per condannare un’azienda, non basta che un suo dipendente o dirigente commetta un reato. È necessario dimostrare una ‘colpa di organizzazione’ concreta e sostanziale, cioè una carenza strutturale che abbia reso possibile il reato. Una violazione estemporanea, imprevedibile e contraria alle policy aziendali, posta in essere da un singolo soggetto, non può automaticamente tradursi in una condanna per l’ente, soprattutto quando l’assoluzione dei suoi vertici ha già accertato l’assenza di un nesso causale diretto.

La decisione imprevedibile di un manager delegato interrompe la responsabilità del datore di lavoro e dell’azienda?
Sì, secondo la Corte, la condotta del tutto estemporanea, imprevedibile e contraria alle prassi consolidate da parte di un manager delegato, dotato di autonomia e competenza, si configura come un fattore idoneo a recidere il nesso causale tra le omissioni contestate ai vertici aziendali e l’evento, escludendo così la loro responsabilità penale e, di conseguenza, quella amministrativa dell’ente.

Può un’azienda essere ritenuta responsabile ai sensi del D.Lgs. 231/2001 se i suoi dirigenti sono stati assolti?
Generalmente no. La Corte ha ritenuto palesemente contraddittorio assolvere i vertici aziendali per l’imprevedibilità della condotta del delegato e allo stesso tempo condannare la società per ‘colpa di organizzazione’. Se l’evento non è riconducibile a una falla del sistema di vigilanza dei vertici, viene meno anche il presupposto per la responsabilità dell’ente.

L’assenza di una procedura di sicurezza scritta nel Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) comporta automaticamente una ‘colpa di organizzazione’?
No. La Corte ha privilegiato un approccio sostanziale. Anche se la procedura specifica non era formalizzata nel DVR, l’esistenza di una prassi aziendale consolidata, nota a tutti i lavoratori e costantemente rispettata (come l’uso della nave per i trasferimenti), è stata considerata sufficiente a dimostrare l’esistenza di un modello organizzativo di fatto idoneo a prevenire il rischio. La violazione isolata di tale prassi non dimostra una carenza organizzativa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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