Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 33791 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 33791 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 10/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE
avverso la sentenza del 14/11/2024 della Corte di appello di Roma; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del pubblico ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia rigettato.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 14 novembre 2024, la Corte di appello di Roma ha confermato la sentenza del Tribunale di Frosinone del 27 gennaio 2023, con la quale si era dichiarato non doversi procedere nei confronti dell’imputato, per essere il reato estinto per prescrizione, e si era dichiarata la società ricorrente responsabile dell’illecito amministrativo di cui all’art. 25-undecies del d.lgs. n. 231 del 2001, in relazione alla commissione, a suo vantaggio, del reato di cui all’art.
256, comma 1, lettera a), del d.lgs. n. 152 del 2006, per l’illegittima gestione di rifiuti pericolosi come se fossero non pericolosi.
Avverso la sentenza la RAGIONE_SOCIALE, tramite difensore, ha proposto ricorso per cassazione, chiedendone l’annullamento.
2.1. Con un primo motivo di doglianza, si lamenta la violazione dell’art. 25undecies del d.lgs. n. 231 del 2001, per la mancata considerazione del fatto che nell’organico della società era presente la figura qualificata dell’ingegnere ambientale, il quale, sentito in dibattimento, aveva rappresentato che la società riceveva i rifiuti da trattare esclusivamente dagli stessi soggetti, cosicché i rifiu contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte d’appello – non erano di provenienza sconosciute. Si afferma che vi era una procedura standardizzata al fine di ridurre al minimo possibili criticità e vi era il periodico svolgimento di analisi a campione ciò – secondo la difesa – avrebbe dovuto far ritenere esclusa la violazione del principio di precauzione.
2.2. In secondo luogo, si lamenta la manifesta illogicità del provvedimento, nella parte in cui afferma che la prescrizione dichiarata nei confronti dell’imputato persona fisica non assume rilievo nei confronti della persona giuridica. La difesa sostiene di non aver mai affermato che per la persona fisica e per la persona giuridica vi sia lo stesso regime prescrizionale, ma sostiene di avere contestato l’accertamento della responsabilità autonoma dell’ente, perché svoltosi solo sulla base di dichiarazioni rese dagli operanti dell’RAGIONE_SOCIALE, che si erano limitati a constatare il mancato rispetto della normativa, sulla scorta di un’analisi condotta a campione, pur in presenza della richiamata procedura di trattamento standardizzata dei rifiuti. Inoltre, si lamenta che non era stata ritenuta accoglibile la tesi difensiva secondo cui il materiale posto sotto sequestro era in una fase preliminare del ciclo di trattamento del rifiuto, ovvero si trovava accatastato in attesa di lavorazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, i cui motivi possono essere trattati congiuntamente, perché attengono nella sostanza ad una critica all’accertamento della responsabilità operato dei giudici di merito, è inammissibile.
È necessario evidenziare come, nel caso di specie, ci si trovi dinanzi ad un caso di “doppia conforme”, con conseguente possibilità di leggere congiuntamente le motivazioni dei due provvedimenti di merito (ex multis, Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, Rv. 277218). Pertanto, da una lettura unitaria delle due sentenze,
emerge come la genesi ricostruttiva e cronologica della vicenda sia il frutto della corretta analisi del quadro istruttorio.
Le asserzioni difensive, pur formalmente formulate con riferimento a violazioni di legge, si riducono – a fronte di questo quadro – ad una mera contestazione fattuale delle risultanze emerse dalla motivazione, senza la prospettazione di elementi puntuali, precisi e di immediata valenza esplicativa tali da dimostrare un’effettiva carenza motivazionale su punti decisivi del gravame (ex multis, Sez. 5, n. 34149 del 11/06/2019, Rv. 276566; Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, Rv. 276970).
In particolare, la difesa sostiene che avrebbero dovuto assumere rilevanza l’esistenza della figura dell’ingegnere ambientale, nonché il fatto che vi erano procedute standardizzate di trattamento dei rifiuti e che i rifiuti oggetto sequestro si trovavano in una fase iniziale del trattamento, comunque caratterizzato da adeguati controlli.
Tale affermazione, genericamente formulata senza alcun puntuale riferimento agli atti di causa – che non vengono puntualmente richiamati – si scontra con gli esiti dell’istruttoria dibattimentale, da cui è emerso che non era stato adottato alcun modello organizzativo e, in concreto, non era stata codificata alcuna prassi rispetto all’eventualità che presso l’impianto arrivassero rifiuti da trattare; né e stato preposto un dipendente qualificato ad effettuare le analisi necessarie. Tale deficit organizzativo ha reso possibile l’ingresso del deposito nello stabilimento della società, autorizzata al solo trattamento di rifiuti non pericolosi, anche di rifi pericolosi, ovvero di rifiuti non corrispondenti a quelli che la società avrebbe potuto ricevere e gestire. Quanto alla fase del trattamento nella quale i rifiuti si trovavano la funzionaria dell’RAGIONE_SOCIALE che ha proceduto all’accertamento ha riferito che vi erano una serie di rifiuti pericolosi analiticamente indicati – e facilmente identifica come tali anche da ricevente – che si trovavano sul posto in assenza di qualunque indagine e documentazione sulla loro natura e provenienza.
A fronte di tale motivazione, non possono avere pregio le generiche deduzioni difensive riferite all’esistenza di un ingegnere ambientale, le cui effettive funzion sono state sostanzialmente solo ipotizzate con il ricorso per cassazione, in presenza di un’evidente e generalizzata incuria da parte dei gestori della società nella gestione di rifiuti che questa non avrebbe potuto ricevere e trattare. Né la difesa contesta le ulteriori affermazioni della sentenza impugnata, secondo cui la funzionaria dell’RAGIONE_SOCIALE aveva chiesto senza esito all’amministratore della società i risultati di analisi eventualmente effettuate sui rifiuti rinvenuti e la documentazione comprovante la loro provenienza.
Quanto, infine, alla dedotta mancanza di prova dell’effettivo apprezzabile vantaggio a fronte dell’ente, la difesa non contesta neanche per il ricorso per
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cassazione l’affermazione della sentenza di appello secondo cui le deduzioni difensive e erano rimaste affidate a meri enunciati.
Per questi motivi, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 10/07/2025.