Resistenza a Pubblico Ufficiale: Quando la Fuga Diventa Reato
Il reato di resistenza a pubblico ufficiale, previsto dall’art. 337 del Codice Penale, sanziona chi usa violenza o minaccia per opporsi a un pubblico ufficiale mentre compie un atto del suo ufficio. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 15210/2024) offre un importante chiarimento su quando una semplice fuga si trasforma in una condotta penalmente rilevante, mettendo in luce il concetto di pericolo concreto.
I Fatti di Causa
Il caso riguarda un individuo che, a seguito di una condanna per il reato di resistenza a pubblico ufficiale, ha proposto ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione. La sua condanna era stata confermata in precedenza dalla Corte di Appello, la quale aveva ritenuto che la sua condotta di guida durante un inseguimento avesse integrato gli estremi del reato contestato. L’imputato, nel tentativo di sottrarsi al controllo, aveva infatti guidato in modo tale da creare un serio rischio per l’incolumità non solo degli agenti che lo inseguivano, ma anche degli altri utenti della strada.
Analisi della Cassazione sulla Resistenza a Pubblico Ufficiale
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo il motivo presentato come “manifestamente infondato” e “riproduttivo di identica censura” già adeguatamente respinta nel grado di appello. Il punto centrale della decisione risiede nella distinzione tra una fuga passiva e una fuga che, per le sue modalità, si traduce in una forma di violenza o minaccia idonea a ostacolare l’atto del pubblico ufficiale.
Il Pericolo Concreto come Elemento del Reato
I giudici di legittimità hanno avallato la valutazione della Corte di Appello, la quale aveva correttamente evidenziato come la condotta del ricorrente avesse, in concreto, messo in pericolo l’incolumità degli inseguitori e degli altri cittadini. Il rischio di uno scontro violento contro l’auto degli agenti o di altri veicoli è stato considerato un elemento sufficiente a qualificare la fuga come una forma di “violenza impropria”, integrando così il reato di resistenza a pubblico ufficiale.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione sottolineando che il ricorso non introduceva nuovi e validi argomenti in diritto, ma si limitava a riproporre questioni di fatto già esaminate e correttamente decise dai giudici di merito. La Corte di Appello aveva fornito una motivazione logica e coerente, fondata su rilievi in fatto e in diritto corretti. La condotta dell’imputato non era una mera disobbedienza, ma un’azione che, creando un pericolo reale e immediato, si configurava come un’opposizione attiva e violenta all’operato delle forze dell’ordine.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame ribadisce un principio fondamentale: la semplice fuga non costituisce di per sé il reato di resistenza a pubblico ufficiale. Tuttavia, quando la fuga avviene con modalità tali da creare un concreto pericolo per l’incolumità di terzi, inclusi gli stessi agenti, essa si trasforma in una condotta penalmente rilevante ai sensi dell’art. 337 c.p. La decisione serve da monito: un ricorso per cassazione che non affronta vizi di legittimità ma si limita a contestare la valutazione dei fatti è destinato all’inammissibilità, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto manifestamente infondato e riproduttivo di una censura identica a quella già adeguatamente confutata dalla Corte di Appello.
Quale condotta specifica ha integrato il reato di resistenza a pubblico ufficiale?
La condotta che ha integrato il reato è stata la guida pericolosa durante la fuga, che ha messo concretamente in pericolo l’incolumità sia degli agenti inseguitori sia degli altri utenti della strada, rischiando di provocare uno scontro.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 15210 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 15210 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 05/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 31/05/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; esamiNOME il ricorso di COGNOME NOME
OSSERVA
Ritenuto che il motivo con cui si censura, in genere, la responsabilità in ordine al reat cui all’art. 337 cod. pen., è manifestamente infondato oltre che riproduttivo di identica cen adeguatamente confutata, con corretti rilievi in fatto e diritto, dalla Corte di appello messo in evidenza come la condotta del ricorrente avesse, in concreto, posto in pericolo la incolumità degli stessi inseguitori e degli utenti della strada rischiando di schiantarsi l’auto dello COGNOME;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 05/02/2024.