Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 17668 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 17668 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 04/04/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da
Di NOMECOGNOME nato a Villabate il 26/9/1968
La NOME COGNOME nata a Villabate il 17/3/1969
Di Liberto Santo AlessioCOGNOME nato a Villabate il 15/10/1992
avverso la sentenza del 10/10/2024 della Corte di appello di Palermo visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha chiesto di dichiarare l’inammissibilità dei ricorsi
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 10 ottobre 2024 la Corte di appello di Palermo ha confermato la pronuncia emessa il 25 maggio 2023 dal Tribunale della stessa città, con cui NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME sono stati condannati alla pena ritenuta di giustizia per i reati di cui agli artt. 337 e 341bis cod. pen.
Avverso la sentenza di appello il difensore degli imputati ha proposto ricorsi per cassazione, deducendo la violazione dell’art. 84 cod. pen., non essendo il reato di cui all’art. 341-bis cod. pen. stato ritenuto assorbito in quello di cui all’art. 337 cod. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono inammissibili.
Occorre preliminarmente rilevare che, alla luce della consolidata linea interpretativa tracciata da questa Corte, la condotta, che realizza la fattispecie incriminatrice di cui all’art. 337 cod. pen., consiste nell’opposizione al pubblico ufficiale mentre questi compie un atto del proprio ufficio, che deve avere una propria specificità e deve poter essere individuato come tale, non potendosi identificare genericamente nell’attività comunque riconducibile alla pubblica funzione esercitata.
Se, invece, il comportamento dell’agente non è diretto a costringere il pubblico ufficiale a fare un atto contrario ai propri doveri o ad omettere un atto dell’ufficio, ma rappresenta solo espressione di volgarità ingiuriosa e di atteggiamento genericamente minaccioso, senza alcuna finalizzazione ad incidere sull’attività dell’ufficio o del servizio, la condotta non integra il delitto di cui all’art. 337 c.p ma il diverso reato di oltraggio.
Se l’ingiuria, quindi, è del tutto scissa dal compimento dell’atto da parte del pubblico ufficiale ed è, invece, espressione di volgarità e di un comportamento latamente minaccioso, essa non concorre ad integrare la fattispecie di cui all’art. 337 cod. pen., ma, se la condotta ingiuriosa è finalizzata allo scopo di opporsi all’azione del pubblico ufficiale, essa non è assorbita nel reato di resistenza, bensì concorre con il delitto di resistenza a pubblico ufficiale, in quanto la condotta ingiuriosa non è elemento costitutivo del reato previsto dall’art. 337 cod. pen. (Sez. 6, n. 39980 del 17/05/2018, COGNOME Rv. 273769 – 01; Sez. 6, n. 2716 del 10/01/1997, COGNOME, Rv. 207168 – 01).
Nel caso in esame, dalla ricostruzione della vicenda, effettuata in modo conforme da entrambi i Giudici del merito e non posta in discussione dai ricorrenti, emerge che gli imputati avevano proferito frasi offensive e minacciose all’indirizzo dei pubblici ufficiali, allo scopo di opporsi all’azione di questi ultimi, che stavano procedendo a redigere un verbale di sequestro del veicolo condotto da NOME COGNOME.
Essendo le frasi offensive e minacciose, pronunciate dai ricorrenti, dirette non solo a ledere l’onore e il prestigio dei pubblici ufficiali ma anche ad opporsi al
compimento di un atto di ufficio di questi ultimi, deve affermarsi che correttamente la Corte di appello ha ritenuto integrato il concorso dei reati di cui all’art. 341-bis
cod. pen. e 337 cod. pen.
4. La declaratoria di inammissibilità dei ricorsi comporta, ai sensi dell’art. 616
cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonché – non sussistendo ragioni di esonero (Corte cost., 13 giugno 2000 n. 186)
– della somma di euro tremila, equitativamente determinata, in favore della Cassa delle ammende a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso il 4 aprile 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente