Residenza Quinquennale e Mandato d’Arresto Europeo: La Cassazione Sottolinea l’Obbligo di Valutare le Prove
La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 47702 del 2024, è intervenuta su un tema cruciale nell’ambito della cooperazione giudiziaria europea: la residenza quinquennale come motivo di rifiuto della consegna richiesta tramite mandato di arresto europeo. Questa pronuncia chiarisce in modo inequivocabile che i giudici di merito non possono ignorare le prove documentali fornite dalla difesa a dimostrazione del radicamento di una persona sul territorio italiano. L’omessa valutazione di tali elementi, infatti, comporta la nullità della sentenza.
I Fatti del Caso
Un cittadino di nazionalità rumena era stato destinatario di un mandato di arresto europeo emesso dalla Corte di Pietra Neamt per l’esecuzione di una pena di due anni e tre mesi di reclusione per reati di guida senza patente, di cui uno commesso in stato di ebbrezza. La Corte di Appello di Roma aveva disposto la sua consegna all’autorità giudiziaria rumena.
L’interessato, tramite il suo difensore, si era opposto alla consegna, chiedendo che la pena fosse eseguita in Italia. A sostegno della sua richiesta, aveva evidenziato di risiedere stabilmente nel nostro Paese da oltre cinque anni, presentando una serie di documenti significativi:
* Un estratto conto previdenziale INPS con contributi versati, seppur in modo discontinuo, negli anni 2011, 2017, 2018, 2021, 2022 e 2023.
* Un modello CUD relativo all’anno 2019.
* Contratti di affitto per immobili in Italia validi per i periodi 2021-2022 e 2023-2025.
Nonostante questa documentazione, la Corte di Appello aveva rigettato la richiesta, basando la propria decisione unicamente sulle dichiarazioni rese dall’imputato in sede di udienza di convalida e omettendo completamente di esaminare le prove documentali prodotte.
Le Motivazioni della Cassazione: L’obbligo di valutazione per la residenza quinquennale
La Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. Il fulcro della decisione risiede nell’errata applicazione dell’art. 18-bis della legge n. 69 del 2005, che disciplina il mandato di arresto europeo.
Il comma 2 di tale articolo prevede che la corte di appello possa rifiutare la consegna di una persona che risieda o dimori legittimamente ed effettivamente in Italia da almeno cinque anni, disponendo che la pena venga eseguita sul territorio nazionale. Il successivo comma 2-bis specifica che la sentenza è nulla se non contiene una chiara indicazione degli elementi considerati e dei criteri di valutazione adottati per verificare tale residenza.
La Suprema Corte ha rilevato che la Corte di Appello ha violato palesemente questo principio. I giudici di merito hanno escluso la residenza quinquennale in modo aprioristico, senza procedere a un’analisi concreta della documentazione offerta dalla difesa. Elementi come un certificato INPS che attesta contributi versati fin dal 2011, un CUD e contratti di locazione pluriennali sono indicatori essenziali del radicamento di una persona e non possono essere ignorati.
La mancata valutazione di questi documenti ha impedito un corretto accertamento della causa ostativa alla consegna, rendendo la sentenza impugnata viziata e, pertanto, nulla.
Conclusioni: L’Importanza della Prova Documentale
Questa sentenza rafforza le garanzie difensive nel procedimento di consegna basato su mandato di arresto europeo. La Cassazione ribadisce che la valutazione del requisito della residenza quinquennale non può essere superficiale o basata su impressioni, ma deve fondarsi su un esame scrupoloso e motivato di tutte le prove disponibili.
Per i professionisti legali, ciò significa che la raccolta e la presentazione meticolosa di ogni documento utile a dimostrare i legami del proprio assistito con l’Italia (lavoro, casa, contributi, legami familiari) diventano ancora più cruciali. Per i cittadini europei residenti in Italia, questa decisione rappresenta una tutela importante, assicurando che la loro richiesta di scontare una pena nel Paese in cui hanno costruito la loro vita venga esaminata con la dovuta attenzione e sulla base di elementi concreti.
Un giudice può rifiutarsi di consegnare una persona richiesta con mandato di arresto europeo se questa vive in Italia da molto tempo?
Sì, la legge (art. 18-bis, l. 69/2005) consente alla Corte di Appello di rifiutare la consegna se la persona risiede o dimora in modo legittimo ed effettivo in Italia da almeno cinque anni, a condizione che la corte disponga che la pena sia eseguita in Italia.
Quali prove sono decisive per dimostrare la residenza quinquennale?
La sentenza evidenzia che prove documentali come l’estratto conto dei contributi INPS (anche se discontinui), i modelli CUD (certificazione unica dei redditi) e i contratti di affitto a lungo termine sono elementi essenziali che il giudice deve obbligatoriamente valutare per accertare il radicamento e la residenza.
Cosa succede se un giudice non valuta le prove di residenza presentate dalla difesa?
Come stabilito in questo caso dalla Corte di Cassazione, la mancata valutazione specifica degli elementi probatori forniti per dimostrare la residenza rende la sentenza nulla. Di conseguenza, la decisione viene annullata e il caso deve essere riesaminato da un altro giudice.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 47702 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 47702 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME nato a Pietra Neamt (Romania) il 30/07/1993
avverso la sentenza del 26/11/2024 della Corte di appello di Roma visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udite lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe indicata la Corte di appello di Roma ha disposto la consegna all’autorità giudiziaria rumena di NOMECOGNOME per essere stato emesso nei suoi confronti dalla Corte di Pietra Neamt un mandato di arresto europeo, al fine di eseguire la pena di anni due e mesi tre di reclusione, irrogatagli con sentenza divenuta definitiva il 19/09/2023 per due reati di guida senza patente, di cui uno commesso in stato di ebbrezza.
Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di fiducia, deducendo che la Corte di appello avrebbe erroneamente rigettato la richiesta di esecuzione della pena in Italia per difetto di elementi indicativi dell’effettivo radicamento e della residenza quinquennale nel nostro Paese, senza esaminare i documenti prodotti dalla difesa e in particolare: a) estratto conto previdenziale rilasciato dall’INPS da cui si evincono contribuzioni negli anni 2011, 2017, 2018, 2021, 2022, 2023: b) CUD relativo all’anno 2019; c) contratti di affitto dal 09/08/2021 al 08/08/2022 e dal 15/11/2023 al 14/11/2025.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato e merita accoglimento.
L’art. 18-bis, comma 2, della I. n. 69 del 2005 prevede che «quando il mandato di arresto europeo è stato emesso ai fini della esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà personale, la corte di appello può rifiutare la consegna del cittadino italiano o di persona che legittimamente ed effettivamente risieda o dimori in via continuativa da almeno cinque anni sul territorio italiano, sempre che disponga che tale pena o misura di sicurezza sia eseguita in Italia conformemente al suo diritto interno».
Il successivo comma 2-bis detta i criteri cui la Corte si deve attenere nella verifica della legittima ed effettiva residenza o dimora sul territorio italiano dell persona richiesta in consegna prevedendo che «la sentenza è nulla se non contiene la specifica indicazione degli elementi di cui al primo periodo e dei relativi criter di valutazione».
La decisione impugnata non ha fatto buon governo di tali principi, in quanto ha escluso la residenza quinquennale del ricorrente in Italia sulla sola base delle dichiarazioni rese in sede di udienza di convalida ma ha omesso completamente di valutare la documentazione prodotta dalla difesa, tra cui, in particolare, un certificato INPS che attesta il versamento, seppur discontinuo, di contributi fin dal 2011, i contratti di affitto dell’anno 2022 e un CUD relativo all’anno 2019.
La mancata valutazione di tali elementi impone l’annullamento della sentenza impugnata, con rinvio ai fini dell’accertamento della ricorrenza della dedotta causa ostativa alla consegna prevista dall’art. 18-bis, comma 2, I. n. 69 del 2005, sulla base della prospettata meritevolezza di tutela del proprio interesse all’esecuzione della pena in Italia.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Roma.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 22, comma 5, legg 69/2005.
Così deciso il 30/12/2024.