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Residenza quinquennale: Cassazione annulla consegna

Un cittadino rumeno, destinatario di un mandato di arresto europeo, si è opposto alla consegna alla Romania chiedendo di scontare la pena in Italia, dove risiedeva da tempo. A sostegno, ha prodotto documenti come contributi INPS, CUD e contratti di affitto. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 47702/2024, ha annullato la decisione della Corte d’Appello che aveva ordinato la consegna, stabilendo che il giudice ha l’obbligo di valutare tutte le prove documentali che dimostrano la residenza quinquennale. La mancata analisi di tali prove rende nulla la sentenza.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Residenza Quinquennale e Mandato d’Arresto Europeo: La Cassazione Sottolinea l’Obbligo di Valutare le Prove

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 47702 del 2024, è intervenuta su un tema cruciale nell’ambito della cooperazione giudiziaria europea: la residenza quinquennale come motivo di rifiuto della consegna richiesta tramite mandato di arresto europeo. Questa pronuncia chiarisce in modo inequivocabile che i giudici di merito non possono ignorare le prove documentali fornite dalla difesa a dimostrazione del radicamento di una persona sul territorio italiano. L’omessa valutazione di tali elementi, infatti, comporta la nullità della sentenza.

I Fatti del Caso

Un cittadino di nazionalità rumena era stato destinatario di un mandato di arresto europeo emesso dalla Corte di Pietra Neamt per l’esecuzione di una pena di due anni e tre mesi di reclusione per reati di guida senza patente, di cui uno commesso in stato di ebbrezza. La Corte di Appello di Roma aveva disposto la sua consegna all’autorità giudiziaria rumena.

L’interessato, tramite il suo difensore, si era opposto alla consegna, chiedendo che la pena fosse eseguita in Italia. A sostegno della sua richiesta, aveva evidenziato di risiedere stabilmente nel nostro Paese da oltre cinque anni, presentando una serie di documenti significativi:
* Un estratto conto previdenziale INPS con contributi versati, seppur in modo discontinuo, negli anni 2011, 2017, 2018, 2021, 2022 e 2023.
* Un modello CUD relativo all’anno 2019.
* Contratti di affitto per immobili in Italia validi per i periodi 2021-2022 e 2023-2025.

Nonostante questa documentazione, la Corte di Appello aveva rigettato la richiesta, basando la propria decisione unicamente sulle dichiarazioni rese dall’imputato in sede di udienza di convalida e omettendo completamente di esaminare le prove documentali prodotte.

Le Motivazioni della Cassazione: L’obbligo di valutazione per la residenza quinquennale

La Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. Il fulcro della decisione risiede nell’errata applicazione dell’art. 18-bis della legge n. 69 del 2005, che disciplina il mandato di arresto europeo.

Il comma 2 di tale articolo prevede che la corte di appello possa rifiutare la consegna di una persona che risieda o dimori legittimamente ed effettivamente in Italia da almeno cinque anni, disponendo che la pena venga eseguita sul territorio nazionale. Il successivo comma 2-bis specifica che la sentenza è nulla se non contiene una chiara indicazione degli elementi considerati e dei criteri di valutazione adottati per verificare tale residenza.

La Suprema Corte ha rilevato che la Corte di Appello ha violato palesemente questo principio. I giudici di merito hanno escluso la residenza quinquennale in modo aprioristico, senza procedere a un’analisi concreta della documentazione offerta dalla difesa. Elementi come un certificato INPS che attesta contributi versati fin dal 2011, un CUD e contratti di locazione pluriennali sono indicatori essenziali del radicamento di una persona e non possono essere ignorati.

La mancata valutazione di questi documenti ha impedito un corretto accertamento della causa ostativa alla consegna, rendendo la sentenza impugnata viziata e, pertanto, nulla.

Conclusioni: L’Importanza della Prova Documentale

Questa sentenza rafforza le garanzie difensive nel procedimento di consegna basato su mandato di arresto europeo. La Cassazione ribadisce che la valutazione del requisito della residenza quinquennale non può essere superficiale o basata su impressioni, ma deve fondarsi su un esame scrupoloso e motivato di tutte le prove disponibili.

Per i professionisti legali, ciò significa che la raccolta e la presentazione meticolosa di ogni documento utile a dimostrare i legami del proprio assistito con l’Italia (lavoro, casa, contributi, legami familiari) diventano ancora più cruciali. Per i cittadini europei residenti in Italia, questa decisione rappresenta una tutela importante, assicurando che la loro richiesta di scontare una pena nel Paese in cui hanno costruito la loro vita venga esaminata con la dovuta attenzione e sulla base di elementi concreti.

Un giudice può rifiutarsi di consegnare una persona richiesta con mandato di arresto europeo se questa vive in Italia da molto tempo?
Sì, la legge (art. 18-bis, l. 69/2005) consente alla Corte di Appello di rifiutare la consegna se la persona risiede o dimora in modo legittimo ed effettivo in Italia da almeno cinque anni, a condizione che la corte disponga che la pena sia eseguita in Italia.

Quali prove sono decisive per dimostrare la residenza quinquennale?
La sentenza evidenzia che prove documentali come l’estratto conto dei contributi INPS (anche se discontinui), i modelli CUD (certificazione unica dei redditi) e i contratti di affitto a lungo termine sono elementi essenziali che il giudice deve obbligatoriamente valutare per accertare il radicamento e la residenza.

Cosa succede se un giudice non valuta le prove di residenza presentate dalla difesa?
Come stabilito in questo caso dalla Corte di Cassazione, la mancata valutazione specifica degli elementi probatori forniti per dimostrare la residenza rende la sentenza nulla. Di conseguenza, la decisione viene annullata e il caso deve essere riesaminato da un altro giudice.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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