Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 15093 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 15093 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 13/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME, nato a Montichiari il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 7/3/2023 della Corte di appello di Brescia
Visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; letta la requisitoria del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo di dichiarare l’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con provvedimento del 7 marzo 2023 (denominato sentenza in luogo di ordinanza, vertendosi in tema di procedimento ai sensi dell’art. 127 cod. proc. pen.), la Corte d’appello di Brescia ha rigettato l’istanza di rescissione della sentenza emessa il 19 dicembre 2017 nei confronti di NOME dal Tribunale di Brescia, confermata con sentenza della medesima Corte di appello, divenuta irrevocabile il 19 aprile 2022.
Come si trae dal provvedimento impugnato, nell’ambito delle indagini relative a una rapina, NOME COGNOME era stato sottoposto a perquisizione locale nella propria abitazione, presso cui, in tale contesto, aveva dichiarato domicilio ai fini delle notificazioni, dietro avvertimento sia dell’obbligo di comunicare ogni mutamento del domicilio sia delle conseguenze relative alla mancanza di tale comunicazione. Le notificazioni dell’avviso di fissazione dell’udienza preliminare e del successivo decreto che dispone il giudizio, emesso dal Giudice dell’udienza preliminare di Brescia il 7 febbraio 2017, erano risultate impossibili presso il domicilio dichiarato, essendo COGNOME divenuto irreperibile, e il decreto era stato quindi notificato, ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen. con consegna dell’atto al difensore di ufficio, nominato in sede di perquisizione; notificazione a cui era seguito il processo, nel corso del quale l’imputato è stato giudicato in assenza ai sensi dell’art. 420 bis e seguenti cod. proc. pen. Con analoghe modalità è stato incardinato anche il giudizio di appello, promosso dal difensore del COGNOME.
Avverso il provvedimento di rigetto dell’istanza di rescissione ha proposto ricorso per cassazione il difensore di NOME COGNOME, che ha dedotto i seguenti motivi.
3.1. Violazione dell’art. 629 bis cod. proc. pen., essendo la sentenza stata pronunciata all’esito di un giudizio di cui egli non aveva avuto conoscenza, atteso che, a seguito della notifica del verbale di identificazione con l’assegnazione di un difensore d’ufficio, nella fase delle indagini preliminari era stato invitato a eleggere domicilio, da cui si era allontanato, essendosi trasferito in Svizzera. La Corte di appello, tuttavia, non avrebbe valutato, al fine di ritenere la conoscenza incolpevole, che: 1) egli aveva solo 18 anni e mezzo, era incensurato e a conoscenza di avere una denuncia a carico ma non aveva prestato attenzione agli obblighi di legge ad essa connessi, indicati nel verbale di identificazione, nello specifico relativi al mutamento della residenza o del cbmicilio; 2) il suo trasferimento con la famiglia era avvenuto per l’estero e pochi mesi dopo; 3) non aveva avuto contatti con il difensore di ufficio nominatogli.
3.2. Violazione degli artt. 159 e 169 cod. proc. pen. Nel giudizio di appello erano stati disposti ex legge nuovi accertamenti per la verifica della condizione di irreperibilità, all’esito dei quali, come da verbale di vane ricerche, era stato documentato che il ricorrente era inserito nell’elenco dei cittadini AIRE, residenti all’estero con indicazione anche dell’indirizzo. Ciononostante, la notifica era stata disposta ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen. mentre la Corte di appello avrebbe dovuto disporre la notifica nel luogo conosciuto, con invito ad
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eleggere domicilio in Italia per l’udienza innanzi a sé, a mente dell’art. 169 cod. proc. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
Ai sensi dell’art. 89 D. Lgs. 150/2022, salvo quanto previsto dai commi 2 e 3, quando, nei processi pendenti alla datai di entrata in vigore del suddetto decreto, è stata già pronunciata, in qualsiasi stato e grado del procedimento, ordinanza con la quale si è disposto procedersi in assenza dell’imputato, continuano ad applicarsi, in materia di assenza, le disposizioni del codice di procedura penale e delle norme di attuazione’ di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale anteriormente vigenti, comprese quelle relative alle questioni di nullità in appello e alla rescissione del giudicato.
Nel caso di specie, nel quale la dichiarazione di assenza è avvenuta nel corso del processo di primo grado, svoltosi nel 2017, si applica la disciplina all’epoca vigente.
I presupposti per poter disporre la rescissione del giudicato nel caso di specie sono, quindi, quelli indicati nel testo dell’art. 420 bis cod. proc. pen. vigente prima della modifica introdotta cori la riforma cd. Cartabia e sono costituiti – tenuto conto dell’interpretazione fornita da questa Corte nel suo massimo consesso (Sez. U, n. 23948 del 28/11/2019, clep. 2020, NOME COGNOME, Rv. 279420 e Sez. U, n. 28912 del 28/02/2019, Innaro, Rv. 275716) dalla mancata conoscenza del processo e dalla volontaria sottrazione «alla conoscenza del procedimento o di atti del procedimento».
Alla luce del quadro normativo di riferimento l’ordinanza impugnata, con cui è stata disattesa l’istanza di rescissione, non resiste ai rilievi del ricorrente.
La Corte territoriale, dopo avere ricordato che l’imputato aveva eletto domicilio presso la sua abitazione nel corso della perquisizione effettuata a casa sua nella fase delle indagini, ha aggiunto che vi era tuttavia da considerare che “il formale provvedimento di vocatio in iudicium, costituito dal decreto che dispone il giudizio, emesso nel prosieguo dal GUP del Tribunale di Brescia, è stato notificato presso il difensore ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen., avendo COGNOME medio tempore abbandonato il suo domicilio, trasferendosi e stabilendosi in Svezia, senza provvedere a comunicare tale modificazione all’autorità procedente. Se, dunque, deve ritenersi che dalla elezione di domicilio, effettuata nella fase delle indagini, non discenda ex se una presunzione di
conoscenza del processo, risulta tuttavia irricevibile il corollario che il ricorrent vorrebbe trarre”, essendo stato proprio il ricorrente, con sua personale iniziativa, a rendere impossibile l’esecuzione delle notificazioni presso il domicilio dichiarato, trasferendosi all’estero e non ottemperando all’onere di informazione, su di lui gravante, e trascurando, dolosamente o quantomeno colposamente, di prendere contatti con il difensore, così sottraendosi alla conoscenza degli atti del procedimento.
Siffatta conclusione, cui è pervenuta la Corte di appello, presta il fianco a censura.
Come affermato dalle Sezioni unite (sentenza NOME citata), l’art. 420 bis cod. proc. pen., per la difesa dai “finti inconsapevoli”, valorizza, quale unica ipotesi in cui possa procedersi pur se la parte ignori la vocatio in ius, la volontaria sottrazione «alla conoscenza del procedimento o di atti del procedimento». Evidentemente, si deve trattare di condotte positive, rispetto alle quali si rende necessario un accertamento in fatto, anche quanto al coefficiente psicologico della condotta. L’art. 420-bis cod. proc. pen. non “tipizza” e non consente di tipizzare alcuna condotta particolare che possa ritenersi tale; quindi non possono farsi rientrare automaticamente in tale ambito le situazioni comuni quali la irreperibilità, il domicilio eletto etc. Certamente, la manifesta mancanza diligenza informativa, la indicazione di un domicilio falso, pur se apparentemente valido ed altro, potranno essere circostanze valutabili nei casi concreti, ma non possono essere di per sé determinanti, su di un piano solo astratto, per potere affermare la ricorrenza della “volontaria sottrazione”: se si esaspera il concetto di “mancata diligenza” sino a trasformarla automaticamente in una conclamata volontà di evitare la conoscenza degli atti, ritenendola sufficiente per fare a meno della prova della consapevolezza della vocatio in ius per procedere in assenza, si farebbe una mera operazione di cambio nome e si tornerebbe alle vecchie presunzioni. Il che ovviamente è un’operazione non consentita. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Nel caso in esame, la Corte di appello ha posto in risalto la mancata diligenza del ricorrente, consistita nell’omessa comunicazione della variazione del domicilio, ma ha desunto da tale dato la conclamata volontà del ricorrente di sottrarsi alla conoscenza del processo’ finendo cosi per compiere quell’operazione di cambio nome censurata dal menzionato arresto della giurisprudenza di legittimità e, di fatto, non indicando elementi effettivamente deponenti per la ritenuta sottrazione del ricorrente dalla conosc:enza degli atti.
Deve dunque affermarsi che dalla non controversa ricostruzione dei fatti, come prima effettuata, si evince chiaramente che l’imputato non ha avuto conoscenza della chiamata in giudizio e che non sono state prospettate ragioni
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perché lo stesso risulti essersi volontariamente sottratto alla conoscenza del procedimento.
Ne discende l’annullamento del provvedimento impugnato con rinvio alla Corte di appello di Brescia, che provvederà ad effettuare un nuovo esame alla luce dei principi suindicati, con particolare riferimento alla sussistenza o meno di elementi comprovanti la volontaria sottrazione del ricorrente «alla conoscenza del procedimento o di atti del procedimento».
P.Q.M.
Annulla il provvedimento impugnato e rinvia per nuovo esame alla Corte di appello di Brescia.
Così deciso il 13 marzo 2024
Il AVV_NOTAIO estensore
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